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Sosta Forzata riceve il Premio Cento: esulta Le Novate

Il Premio Cento alla stampa locale va al giornale Sosta Forzata, il periodico curato dal carcere di Piacenza. Il sindaco Reggi: estendo i miei complimenti alla direttrice del carcere, del giornale e a tutta la redazione

carcere-1Un bel riconoscimento al carcere piacentino. Dopo essere stato nell'occhio del ciclone per le condizioni della struttura, adesso è stato premiato per il suo giornale. Va infatti al periodico Sosta Forzata il Premio Cento alla stampa locale.

Il Premio viene consegnato alle testate locali a diffusione gratuita che rispettano un rapporto contenuti-pubblicità in tutto assimilabile alla stampa da edicola, hanno contenuto generalista e non rivestono (quasi mai) fine di lucro.

E alla direttrice del carcere, Caterina Zurlo, oltre alla comunicazione della Giuria sono arrivate anche le congratulazioni del sindaco Reggi: “per questo riconoscimento così prestigioso e significativo, che premia la qualità della testata e il valore sociale di questa straordinaria esperienza giornalistica.
  Abbiamo voglia di comunicare agli altri, soprattutto ai giovani che così ci appaiono più vicini  

Anche a nome della comunità piacentina, la prego di estendere i complimenti più sinceri a Carla Chiappini, direttore responsabile del giornale, e a tutta la redazione, per aver contribuito, in questi anni, a far conoscere una realtà viva e attiva, che pulsa all’interno della casa circondariale”.

“Un giornale del carcere perché nessun uomo deve essere dimenticato” scrive la redazione di Sosta Forzata, 15 validi elementi che riempiono le pagine del giornale; “Vogliamo che lo leggano in particolare i giovani. Essi potranno costruirsi una loro idea del disagio sociale, perché il carcere non può essere definito soltanto un’area di sosta, ma rappresenta e ha sempre rappresentato un disagio”.

Fa eco la direttrice Zurlo: Sosta Forzata “non risponde propriamente ad un dovere di "cronaca", che tra l’altro in carcere arriva dal di fuori quasi appannata, ma ad una voglia di parlare, di dire qualcosa, perché si è convinti che qualcosa da dire ci sia, per comunicare con gli altri, che sono lontani ma attraverso questo tipo di comunicazione appaiono molto più vicini”.
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