rotate-mobile
Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cultura

Un richiamo controcorrente alla Grande Guerra: “Il fuggiasco” di Umberto Fava

Sull’Annuario Sat Carè Alto 2018

Da più di 140 anni la Sat, la Società Alpinisti Tridentini è sinonimo di alpinismo. Venne fondata a Madonna di Campiglio il 2 settembre 1872 con il nome di Società Alpina del Trentino. I soci fondatori intendevano promuovere la conoscenza delle montagne trentine, lo sviluppo turistico delle vallate e l'italianità del Trentino. Nel 1972 in val Rendena (Trento) è nata la sezione SAT Carè Alto che ogni anno pubblica un bell’Annuario. Il numero del ventennale di pubblicazione, fresco di stampa, dedica parecchie delle 240 pagine alla Grande Guerra, dallo Stelvio al Cevedale, dall’Adamello alla Presanella, dall’alta Valle di Ledro al Pasubio fino alla Marmolada e la Presanella, corredandole con un interessante reportage di immagini d’epoca. L’Annuario degli Alpinisti Tridentini è pubblicato dall’Editrice Rendena di Tione, sulla strada per Madonna di Campiglio, dove s’incontra Pinzolo e Vigo e dove ci si può fermare a Spiazzo a visitare il Museo della Guerra Bianca Adamellina e vedere il quadernetto ingiallito del diario di Felix Hecht, il tenentino austriaco protagonista di un altro racconto di Fava, pubblicato anch’esso sull’Annuario SAT nel 2014. L’Editrice Rendena di Piergiorgio Motter (per anni presidente della SAT) ha in catalogo importanti opere storiografiche sull’epopea italo-austriaca lungo il fronte ad alta quota Adamello-Carè Alto, fra cui anche il diario di Felix Hecht.    
La frase “un bellissimo racconto dal titolo Il fuggiasco”  detta in apertura di volume dal presidente SAT Michele Chiodega introduce il testo del collega Umberto Fava che narra la Grande Guerra ma non come ulteriore “omaggio” alle celebrazioni di questi giorni spesso accompagnate da scivolate nella retorica. Questo  “Fuggiasco” non celebra e neppure provoca (come potrebbe anche sembrare). Suggerisce invece una generale riflessione sulla guerra che è odio alla vita. E il lamento che si solleva dalle pagine del racconto diventa un canto in lode alla vita. 

Non potendo pubblicare l’intero lungo racconto, ne proponiamo, spostandola all’inizio, la parte finale, e alcuni brani rivelatori.

Cosa pensereste se un giorno dall'Altare della Patria sparisse dalla sua urna di marmo il Milite Ignoto? Direste che è stato rapito dai soliti ignoti? Ma attenti! Nessuno fa caso a quello Sconosciuto, quel fuggiasco sulla tradotta della notte? E se domani sopra l'urna al monumentone trovaste scritto: Qui è l'Amore Ignoto strappato al cuore sanguinante di tanta Ignota Gente, l'Ignoto Amore divelto e sacrificato all'odio.  Cosa pensereste? Che è cambiato l'inquilino dell'urna?  lo sono quello che tiene viva la domanda. E cosa pensereste ancora? Che allo sguardo umano c'è sempre qualcosa che resta senza volto e senza nome? Sì, io sarò quello che terrà viva la domanda. 

Alla stazione di Roma. Col treno, così com'era arrivato, col treno così ora tornava. Di nuovo lassù sulla sua montagna… Partiva nel sottosera dalla stazione, ma il suo iniziale punto di fuga era stata la piazza col monumentone e la scalinatona, le colonne, le statue, i marmi e tutto il resto, tutto che si alza fino alle nuvole, tutto sospeso sul mondo in una solenne estasi, grande come un anfiteatro, bianco come un frigorifero, freddo come un morto…. Ma io sapevo già che il viaggio di quello Sconosciuto che mi stava davanti era uno di quei viaggi che si sa quando cominciano, ma non si sa quando finiranno e che per lui la sua strada era già cominciata da un pezzo, da un secolo... 

Quand'era arrivato nella capitale, tanti anni prima, reduce da quei suoi monti scuri, era stato accompagnato per tutto il lungo viaggio da scorte armate, corone d'alloro, saluti; coperto di fiori, di inni e di pianti di mamme, sorelle, spose e morose, donne e donne che al suo passaggio Iitaniavano inginocchiate come in chiesa, lacrimose come Madonne; accolto come un eroe da folle, picchetti d'onore, applausi e musiche... Anche un sole d'oro zecchino era lì a salutarlo. Non si era a Roma per niente... 

I suoi accompagnatori di oggi erano invece quei disgraziati lì, che erano niente e nessuno, nessuno e niente come lui, che neanche sapevano a chi facevano da scorta: pendolari con la borsa del mangiare e operai con le tute unte confusi fra la massa degli altri viaggiatori, immigrati, rifugiati, profughi, sfollati, sfrattati, baraccati, disoccupati, sbandati, spaesati, sfaticati, sbragati, ingrugniti, avventurieri, pezzenti, evasi, ricercati, amen e così sia. 

Cosa avrebbe provato il mio ignoto passeggero a rivedere le sue eccelse montagne, quale emozione, quale soprassalto al cuore? Sarebbe stato un dolce memento del suo non essere più vivo, dell'essere fuori dalla mischia e dalla strage? O la disperata stanchezza d'esser morto? Aveva adesso cent'anni in più da quand'era sceso a Roma, e nel frattempo era maturato, s'era macerato e consumato come un giovane frutto caduto sull'erba senza un rumore pur nel fragore di mille rumori… Ad un certo momento lo Sconosciuto dal vestito del colore sconosciuto come lui, il colore che non esiste, finito di tossicchiare, attaccò a canticchiare a fior di labbra: "La tradotta che parte da …". Ma subito si fermò, si zittì di colpo, forse non ricordava più, dopo tanto tempo, da dove partisse quella tradotta. Parve leggermi nella mente: "Però questo lo ricordo, partivano da tutte le parti, da ogni stazione, anche da davanti a casa. Ma non ne tornava nessuna”.

Ad ogni minuto che passava, ad ogni ora e chilometro in più, lo Sconosciuto s'avvicinava alla meta e gli tornava l'antica paura, lo strazio di allora. Malgrado ciò, non vedeva l'ora di essere di nuovo lassù, su per quei greppi, nella selvaggia libertà dei monti, era per questo che era scappato come un ladro o un evaso da Roma. Lassù dove alitano le anime dei morti e regna una pace silvana e il vento è onnipotente come Dio. Là dove ora anche solo accendere un fiammifero farebbe un gran rumore, ma dove un tempo faceva silenzio - un mortale silenzio - solo fra una cannonata e l'altra. E i boschi che ora sono il regno degli uccelli, dove decollano e atterrano come Dio comanda, allora chinavano la testa sotto tempeste che Dio non comandava, ma che comandavano i generali, infernali bufere, non quelle che manda il Signore, ma quelle che mandano gli uomini.

Allora quell’anima pellegrina del mio Sconosciuto chiese al suo Virgilio d’essere liberata dopo un secolo dal suo impegno d’essere un simbolo e di tornare ad essere quello che era, un morto, e che la conducessi ad uno di quei vecchi cimiteri di guerra con tutte le loro croci dimenticate perfino da Dio. “Perché?” gli chiesi. “Portami là, indicami il mio posto”. Così a mani giunte non diceva Ave Maria, ma pregava il suo Virgilio. “Voglio stare coi miei compagni, voglio continuare a morire con loro...”. “Vieni – gli disse allora Virgilio – T’accompagno dove dormono tutti gli altri”.     

o”r”” a””nnnn”L”LàLà sulle coste, le creste e gli altopiani la fine del mondo non la decideva Dio, ma il generale. La scatenava un ordine, magari una sola parola - fuoco - che usciva di bocca dal generale, ma pareva venisse su dal fondo della terra o da un punto del cielo o da sopra le nuvole. Fuoco, e fuoco era, capace di trasformare in mezz'ora un quieto bosco, una tenera campagna non in un camposanto, ma in un campodannato di divise e corpi fumanti, di elmetti e baionette roventi. In un inferno di folli barbarie, di insensati assalti all’arma bianca, che diventava rossa se si uccideva, restava bianca se si era uccisi.  

Dove passa la guerra, è soprattutto l'amore col suo immortale sorriso a soffrirne, patirne, morirne. A Roma, al posto lasciato libero dal fuggiasco, dovevano metterci Lui, l'Amore, seppellirlo lì, tutto l'Amore del mondo, offeso, umiliato, calpestato, fatto a pezzi, distrutto. Come una di quelle pacifiche e belle foreste scarmigliate dalla furia. L'Amore come la negazione della guerra, e la guerra come la perfezione dell'odio e della disperatezza. Dato che con l'Amore non si vincono le guerre, si perdono. Ma ora finalmente lontano da tutto, il fuggiasco riposava in una pace assoluta in cui neanche il cadere di un fiocco di neve poteva turbare, dividendo il tempo con amici per la pelle e per la morte. Per sempre, con la pazienza infinita dei morti dentro la loro occultata esistenza.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Un richiamo controcorrente alla Grande Guerra: “Il fuggiasco” di Umberto Fava

IlPiacenza è in caricamento