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Economia

Arriva l'accordo sul pomodoro: le industrie pagheranno 85,20 euro a tonnellata

E' stato firmato a Parma il contratto per il pomodoro da industria nel distretto del Nord

E’ stato firmato a Parma il contratto per il pomodoro da industria nel distretto del Nord. Le industrie pagheranno 85,20 euro a tonnellata agli agricoltori produttori dell’oro rosso. L’intesa è stata firmata in serata da Confapi Industria Emilia Romagna e Aiipa (Confindustria). La produzione è stata fissata in 2 milioni e 550mila tonnellate: se verrà superata scatteranno le penalizzazioni per i produttori.

La trattativa ha visto di fronte le industrie di trasformazione rappresentate da Aiipa e Confapindustria Emilia Romagna e le maggiori associazioni di agricoltori del Nord, dove si produce il 50% del pomodoro italiano. L'accordo riguarda le principali regioni produttrici: Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto e Toscana.

«Esprimiamo soddisfazione per la chiusura della trattativa - ha affermato Cristian Camisa, presidente Confapi Industria Emilia Romagna - in un comparto fondamentale per territorio. Abbiamo consapevolezza che sia la parte agricola sia quella industriale hanno fatto grossi sacrifici per arrivare ad una sintesi utile allo sviluppo di entrambi i comparti».

I produttori avevano avanzato una richiesta di 89 euro la tonnellata, mentre le imprese della trasformazione ne avevano offerti 80. Erano insorte le associazioni di categoria, Confagricoltura e Coldiretti, sostenendo che con quel prezzo non si sarebbero sostenuti i costi di produzione e che le offerte degli industriale erano inferiori a quelle del 2015 (92 euro la tonnellata). Secondo l’industria, invece, il prezzo italiano è quello più alto del mondo: negli Usa, leader mondiale, le industrie pagano il pomodoro 62 dollari la tonnellata, e in Spagna 73.

La trattativa ha visto di fronte le industrie di trasformazione rappresentate da Aiipa e Confapi Industria Emilia Romagna e le maggiori associazioni di produttori del Nord, dove si produce il 50% del pomodoro italiano. A Cibus, la Organizzazione Interprofessionale Pomodoro da Industria del Nord Italia ha presentato i dati più recenti sulla produzione italiana. Nel 2015 la produzione è stata di 5,3 milioni di tonnellate (+9,9% rispetto al 2014). Poco più di 2 milioni di tonnellate soddisfano il mercato interno (39%), mentre il resto è destinato all’export.

L’Italia è il terzo produttore al mondo dopo la California e la Cina, ma è il primo per valore di conserve, polpa, pelati, passate e concentrato: il 61% del pomodoro destinato all’export genera infatti, secondo dati 2014, un business di 6,4 miliardi di dollari. L’Italia, con il 34%, precede Cina, Usa, Paesi Bassi e Portogallo. Il primo mercato è l’Europa, seguito da Stati Uniti, Giappone e Australia. Negli ultimi anni, le produzioni del Belpaese hanno raggiunto nuovi mercati, tra cui i Paesi BRICe l’area del Golfo Persico.

IL COMMENTO DI CONFAGRICOLTURA

Ancora una volta le revisione, in peggio, delle tabelle qualitative sarà occasione per introdurre aleatorietà nei pagamenti”. – commenta Enrico Chiesa, presidente di Confagricoltura Piacenza che prosegue: “il prezzo di riferimento di per sé non è molto soddisfacente, se si considera che i pagamenti effettivi risulteranno ulteriormente decurtati, è un contratto non dignitoso per la parte agricola. Le Op – prosegue Chiesa – non avrebbero dovuto accettare le penali sui quantitativi conferiti oltre la soglia dei 25 milioni e mezzo di quintali potenzialmente prodotti dal bacino del Nord Italia. Non ha senso accettare una penalità sul prodotto quando l’industria sembra essere disposta a lavorarne di più. Si tratta di una penale che ricadrà su tutto il quantitativo consegnato: è un’ammissione di incapacità, da parte delle Op, di saper organizzare una corretta programmazione nei periodi e nei quantitativi. Così, l’eventuale perdita di ricavi da parte dell’industria viene ancora una volta fatta ricadere sulla produzione, in un anno, non dimentichiamo – conclude Chiesa – in cui sono state dedicate alla coltura minori superfici e le condizioni meteo della scorsa settimana hanno già determinato un danno ai primi trapianti in alcune zone nel piacentino e del mantovano. Quest’accordo era inaccettabile”.

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