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Economia

«Bonifica, nessun contributo senza beneficio sugli immobili che comporti un incremento di valore diretto e specifico»

La Corte d'Appello di Bologna conferma il principio che il Consorzio di bonifica non può imporre contributi se non c'è un beneficio sugli immobili che comporti un incremento di valore diretto e specifico

La Corte d’Appello di Bologna conferma il principio che il Consorzio di bonifica non può imporre contributi se non c’è un beneficio sugli immobili che comporti un incremento di valore diretto e specifico.

Il Comune di Piacenza aveva già vinto in primo grado e il Consorzio è andato in appello. Ieri la Corte d’Appello ha depositato la sentenza con la quale  ha ulteriormente chiarito che per chiedere il pagamento del contributo occorre un incremento di valore dell’immobile in rapporto causale con le opere di bonifica: “il beneficio – è scritto nella sentenza – deve essere diretto e specifico, conseguito o conseguibile a causa della bonifica e cioè tradursi in una qualità del fondo”. In riferimento ai 2800 mappali presi in considerazione nella causa, la Corte ha individuato alcuni beni immobili che beneficiano dell’incremento che in primo grado erano stati esclusi.

La Corte dichiara che non è dovuto il contributo di bonifica per gli anni 1997, 1998 e 1999 relativamente agli immobili di proprietà comunale ricompresi nelle zone di San Lazzaro, della Farnesiana, del cimitero urbano e della Stazione, poiché non sono presenti opere consortili che possano svolgere funzioni di regimazione idraulica a favore degli immobili, dato che lo scolo delle acque meteoriche delle zone di urbanizzazione avviene esclusivamente attraverso la fognatura comunale. Nessun contributo è dovuto da parte dei proprietari degli immobili di una parte del Belvedere, San Bonico, Vallera, La Verza, Pittolo, Quarto, Mucinasso e Ivaccari, per la presenza di canali irrigui artificiali, gestiti direttamente dagli utenti riuniti in condomini; nella zona verso Gossolengo, per la presenza di una fitta rete di canali artificiali gestiti da privati; area di scolo naturale di Borghetto confinante con il Nure, e a Case di Rocco a Sant'Antonio, per l’assenza di opere di bonifica, in quanto la difesa delle acque avviene direttamente nel Trebbia e nel Nure.

Vengono inoltre esclusi dall'obbligo di contribuenza anche gli immobili che vi furono sottoposti dal Consorzio, anche al tempo della causa e che non erano più di proprietà del Comune: i cimiteri, le chiese e le opere strumentali alla bonifica quali strade, marciapiedi e parcheggi e aree verdi al servizio della viabilità.

Attraverso la sentenza di ieri la Corte condanna il Consorzio alla restituzione al Comune di Piacenza delle norme indebitamente percepite. La Corte d'Appello ha ridotto l'entità degli immobili e le zone cittadine che non beneficiano dell'azione delle opere della Bonifica, e che, di conseguenza, non sono soggette contributo, rispetto a quanto stabilito dal Tribunale di Piacenza.

In diritto, in ordine alla debenza del contributo consortile viene confermata la necessità del beneficio diretto e specifico a favore degli immobili. I giudici bolognesi in secondo grado hanno sancito che gli immobili che ricevono solo un beneficio mediato e generale dalle opere della Bonifica, devono pagare il contributo, a causa della sinergia tra le opere della bonifica e la rete fognaria comunale. 

Foti (Fd’I): «Contributo di bonifica non dovuto, il Consorzio se ne faccia una ragione»

«La sentenza del tribunale della Corte d’Appello di Bologna, che conferma in larghissima parte la precedente decisione del tribunale di Piacenza, dice chiaramente che il contributo preteso, in parti significative della città di Piacenza, dal Consorzio di Bonifica non è dovuto», lo sostiene Tommaso Foti, consigliere comunale e regionale di Fratelli d’Italia che aggiunge: «Se è vero che gli effetti della sentenza impongono al Consorzio di restituire solamente al Comune di Piacenza i contributi di bonifica non dovuti, ma da esso corrisposti, relativi al triennio 1997-1999, altrettanto vero è che l’acclarata assenza dei requisiti per l’applicazione del detto contributo dovrebbe imporre al Consorzio di restituire quanto indebitamente preteso anche a tutti i proprietari degli immobili che insistono sulle zone omogenee, individuate dal consulente tecnico d’ufficio». «Ciò dovrebbe accadere – conclude Foti – in un Paese normale, dove ciascuno avesse rispetto dei proprietari di immobili. Con ogni probabilità, invece, il Consorzio appellerà la sentenza, tanto le spese legali le pagheranno i Piacentini, spalleggiato in questo dall’atteggiamento pilatesco della Regione che si ostina a voler difendere l’indifendibile, pur di accattivarsi i favori delle categorie economiche che nel Consorzio sono rappresentate anziché tutelare i diritti dei proprietari di immobili».

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