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Bvd: prevenzione e vaccinazione, per evitare danni economici

Incontro su questa patologia bovina in provincia di Cremona organizzata da Boehringer Ingelheim. Presenti diversi allevatori piacentini ed il presidente dell’Ordine dei veterinari Medardo Cammi

Incontro su questa patologia bovina in provincia di Cremona organizzata da Boehringer Ingelheim. Presenti diversi allevatori piacentini ed il presidente dell’Ordine dei veterinari Medardo Cammi. La diarrea virale bovina/malattia delle mucose (BVD/MD) è una malattia infettiva e contagiosa dei bovini sostenuta dal virus della diarrea virale bovina (BVDV) appartenente al genere Pestivirus famiglia Flaviviridae.
Per trattare di questa patologia diffusa in tutto il mondo (tranne in paesi come Norvegia, Svezia, Finlandia in quanto gli allevamenti sono distanti tra loro), si è tenuto nei giorni scorsi un incontro presso un ristorante di Corte dè Monaci a Cremona organizzato da Boehringer Ingelheim, a cui hanno partecipato allevatori, (numerosi anche dalla provincia di Piacenza), veterinari (presente il presidente dell’Ordine di Piacenza Medardo Cammi) ed esperti del settore. Relatore della serata su questa patpologia il dott. Marco Ablondi che ha spiegato come il vaccino prodotto dalla casa farmaceutica per cui lavora, oltre ad essere efficace, è economico perché non ha bisogno di richiami e viene effettuato una sola volta l’anno. La malattia- ha chiarito- ha oggi raggiunto una diffusione mondiale essendo presente in tutti i Paesi dove è praticato l’allevamento dei bovini. In Italia sono state documentate alte prevalenze d’infezione sia in allevamenti di vacche da latte, sia nell’allevamento di bovini da carne spesso associate a focolai di malattia respiratoria ed enterica.

Le maggiori perdite dovute alle infezioni da BVD sono dovute ai disturbi della fertilità ed all’infezione intrauterina con conseguente nascita di soggetti persistentemente infetti. Dalla fine degli anni ’80 sono stati osservati gravi casi di diarrea virale bovina in soggetti adulti immunocompetenti che manifestavano forme emorragiche.
La malattia trova il suo principale serbatoio nei vitelli persistentemente infetti che albergano il virus non citopatogeno a seguito dell'infezione intrauterina avvenuta dal 80° e il 120° giorno di gravidanza e che quindi ha dato origine a soggetti immunotolleranti viremici persistenti (PI). Questi soggetti possono avere talvolta uno sviluppo corporeo ridotto ed una costituzione debole ma la maggior parte delle volte sono indistinguibili dai vitelli sani. Indagini sieroepidemiologiche sulla BVD/MD eseguite in allevamenti di bovini apparentemente sani hanno dato esito positivo sebbene con prevalenze inferiori rispetto ad allevamenti con problemi clinici; ciò a dimostrazione del fatto che spesso la condizione d’infezione persistente non trova riscontro in manifestazioni di carattere clinico. L’eliminazione del virus avviene attraverso tutti i secreti ed escreti ed è continua e ad elevati livelli determinando una fonte inesauribile di virus; lo scolo nasale e la saliva costituiscono la maggiore fonte di virus.
L’infezione acuta spesso decorre in maniera asintomatica, mentre altre volte compaiono solo flebili sintomi: febbre, linfopenia, inappetenza, diarrea e caduta della produzione lattea, possono poi comparire delle erosioni a livello del cavo orale ed uno stato di depressione. A seguito d’infezione fetale secondo lo stadio di gravidanza e dello stato immunitario della madre si può avere aborto, natimortalità, morte embrionale, riassorbimento del feto, mummificazione, malformazioni congenite soprattutto a livello del sistema nervoso centrale e dell’occhio o nascita di vitelli deboli, piccoli o persistentemente infetti. I notevoli progressi in biotecnologie hanno permesso di allestire vaccini di nuova generazione, assai efficaci.

Delle problematiche economiche collegate al latte ha trattato il dottore agronomo Michele Campiotti che ha ricordato come nel 2014 il 67% degli allevamenti da latte in Italia risultava in attivo mentre nel 2015, con il calo del prezzo e la riduzione degli aiuti Pac, lo scenario è completamente cambiato, tanto che si stima che il 64% delle aziende abbia chiuso il bilancio in passivo. Evidentemente la situazione è peggiorata, ma questi numeri non dicono molto su come ognuna delle imprese sia arrivata a questo risultato e nemmeno le medie riferite al settore permettono di comprendere dove agire per aumentare la redditività della singola azienda.

Per capirlo e per mettere in atto azioni che invertano la tendenza, all’allevatore serve un attento controllo della gestione del proprio allevamento per migliorarne l’efficienza. Quindi, il cuore del problema è la gestione aziendale. Dal monitoraggio dei bilanci realizzato da Sata (Servizio assistenza tecnica agli allevamenti) Lombardia su un centinaio di aziende di pianura emerge che ci sono aziende che pur percependo un prezzo del latte inferiore alla media riescono comunque a generare reddito, altre invece che pur con un prezzo superiore alla media chiudono il bilancio in rosso. Ciò dimostra che non c’è correlazione tra reddito e prezzo del latte, ma con “come si lavora” in azienda, quindi per ottenere risultati non c’è altra strada che agire sulla gestione. Allo scopo servono dati tecnico-economici corretti e obiettivi, uniti a metodo e monitoraggio continuo, perché un fenomeno è gestibile solo se lo si misura e se ci si confronta con gli altri per avere un’idea corretta di dove si stia andando. Il bilancio della propria azienda, però, da solo non basta, serve il confronto con altre aziende che abbiano raccolto i dati con il nostro stesso metodo. Per questo diventa decisiva l’informatica, che permette l’elaborazione e l’analisi di una mole enorme di dati tecnici, perché quando il problema è complesso servono strumenti precisi, soprattutto per prendere decisioni che devono agire su margini molto piccoli. Il dato economico è l’unico che permette di trovare la giusta direzione. Per intraprendere la strada del miglioramento - ha concluso Campiotti-le aziende italiane dovrebbero trovare il coraggio di cambiare le proprie abitudini e cominciare a impiegare strumenti oggettivi di valutazione».

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