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Economia

Cassa di Risparmio, «Non si aiuta Piacenza facendo le zecche degli altri»

Il libro di Eduardo Paradiso in circa 500 pagine racconta i 132 anni di gestione indipendente e i 155 di attività della Cassa di Risparmio Piacenza e alimenta un dibattito che si era un po' spento

Riprendiamo la cronaca delle presentazione del libro di Eduardo Paradiso che in circa 500 pagine racconta i 132 anni di gestione indipendente e i 155 di attività della Cassa di Risparmio Piacenza, riferendo su altri contenuti del libro e sulla seconda parte della presentazione all’Hotel Roma.

L’economia globale rende del tutto naturale flussi di capitale in entrata e in uscita dai sistemi locali per rafforzare realtà produttive in difficoltà sia per offrire opportunità di allargamento ai mercati. Occorre però che il processo sia nei due sensi. Il rischio è legato alla volatilità che li può reindirizzare a mercati divenuti più convenienti sulla base di decisioni prese da centri direzionali spesso lontani dal territorio. Rizzi ha peraltro riconosciuto la validità della piccola dimensione in settori (il credito e altre) dove le diseconomie di scala diventano rilevanti con  perdita di flessibilità, costi del management, scarsa conoscenza dei bisogni del territorio.

La spinta che ha mosso tutto il nostro lavoro – si legge nella prefazione del libro – è stata l'intenzione di valorizzare e ricordare il ruolo sociale e culturale che per più di un secolo la Cassa di Risparmio ha rappresentato per l'intera provincia di Piacenza. Una banca che è stata l'espressione dell'impegno, dello stile di vita e di lavoro del territorio e della gens piacentina. Una banca che si è trasformata nel tempo in Istituzione grazie alla fiducia dei correntisti, delle imprese, delle famiglie ed alla professionalità e dedizione dei suoi dipendenti. Ma queste riflessioni non devono arrotolarsi in tonalità nostalgiche, bensì accogliere un invito che estendo a quanti ci leggeranno: di volgere lo sguardo verso nuovi scenari economici ed ai piacentini del futuro.

L’invito di Eduardo Paradiso è stato prontamente accolto dall’avvocato Corrado Sforza Fogliani che, intervenuto alla presentazione del libro, ha affermato che «parla da cugino», ringraziando dell’accoglienza e dell’attenzione ricevuta, e ricordando che nell’Ottocento, la prima riunione per costituire la Cassa di Risparmio di Piacenza, si svolse nell’Ottocento a casa sua, essendoci tra i proponenti la fondazione della banca, due membri della sua famiglia, un Anguissola Scotti e uno Sforza Fogliani.

Il presidente del Comitato esecutivo della Banca di Piacenza ha quindi raccontato l’episodio che diede il là alla sua attività di banchiere: «Ero un ragazzo appena laureato e per aiutare un amico che voleva aprire un’attività commerciale firmai una cambiale di avallo per un milione di lire, che allora era una bella cifra. L’attività andò male e la Banca di Piacenza mi chiamò per onorare quella firma. Naturalmente non avevo la cifra. Allora andai da mio padre e gli spiegai la situazione. Si raccomandò di stare più attento a quello che firmavo e mi diede il milione. Mi presentai al ragionier Gruzza in Banca e gli consegnai il denaro. Mi regalò 5 azioni e da lì iniziò la mia avventura con la Banca di Piacenza». Credo che la vicenda della Cassa di risparmio - ha proseguito l’avvocato Sforza - debba insegnarci molto per l’oggi. Tra la Cassa e la Banca di Piacenza c’è sempre stata grande collaborazione, una collaborazione che ha rafforzato la nostra Banca.

Il presidente Sforza Fogliani si è poi detto d’accordo con il professor Paolo Rizzi sul discorso dello sviluppo endogeno ed esogeno «a patto, però, che i soldi rimangano qua. Solo una capacità di autonomia e investimenti in mezzi principalmente piacentini possono aiutare la crescita del nostro territorio. Per 20 anni ho detto delle conseguenze negative della perdita dei centri direzionali-decisionali. Oggi da una vicenda come quella della fusione della Cassa dobbiamo trarre un insegnamento: che non si può pensare di aiutare Piacenza facendo le zecche degli altri. Le attività devono essere piacentine e non si devono accettare ruoli da comprimari».

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