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Economia

Cerasa: «Lottiamo contro le dittature del populismo»

Il direttore de “Il Foglio” al Festival si è scagliato contro «la dittatura del populismo mediatico, economico, giudiziario». «Non siamo un Paese libero, c’è un cortocircuito mediatico-giudiziario»

Si è conclusa nel segno de “Il Foglio” la prima giornata del Festival della Cultura della Libertà a Palazzo Galli. Il direttore del quotidiano Claudio Cerasa, nell’intervento finale, si è scagliato contro le diverse «dittature del populismo», che possono presentare più lati e sfaccettature. «C’è un populismo economico – ha esordito il direttore -, che accusa il liberismo della crisi economica. I populismi si nutrono di queste assurde accuse. Nessuno lo dice ma, a livello mondiale, i poveri sono sempre meno. Ce lo spiegano i numeri. Le disuguaglianze ci sono, ma riguardano alcuni Paesi, non tutto il mondo. Il politicamente corretto però ci costringe a seguire tutti lo stesso spartito e a dire che aumentano i poveri nel mondo». Secondo Cerasa, l’opinione pubblica si sta dividendo in due schieramenti: « Ci sono due grandi partiti, quello dell’apertura e quello della chiusura. Noi de “Il Foglio” facciamo parte del primo, e non dobbiamo demordere e cedere al populismo del secondo».

Ma, secondo il successore di Giuliano Ferrara, esistono anche altre forme di populismo. «Una seconda dittatura è quella del populismo penale. In Italia c’è un sistema mediatico che accetta che un magistrato abbia "poteri straordinari". La magistratura si muove troppo spesso sulla base di una ideologia. Solo da noi i magistrati sono legittimati a far parte di correnti politiche. Si fa carriera non grazie alla bravura, ma in base alle correnti politiche. Solo in Italia!». Cerasa ha rincarato la dose. «Quando un magistrato si dimostra ambientalista, come fa, per esempio, a giudicare una multinazionale? In una qualsiasi procura d’Italia può partire da un momento all'altro un attacco verso un politico importante. Non solo il Movimento 5 Stelle ha trasformato la magistratura in qualcosa di “superiore”. Anche Renzi ha dato un potere incredibile a uno come Raffaele Cantone. Quando un magistrato pratica con eccesso il moralismo e la logica dell’onestà, perde qualcosa in termini di efficienza. Quando si da così potere, ci sono così troppi vincoli e burocrazia nella giustizia, si arriva quasi a una forma di autoritarismo».

Difficile correggere la rotta. «Chi va a fare il ministro della giustizia sa sempre cosa deve fare, ma sono vent'anni che nessuno tocca più niente nel sistema giudiziario. E abbiamo tanti ministri e governatori di Regioni distrutti dalla mala-giustizia. Nessuno la vuole toccare, nessuno ci prova. C'è pauraa mettere mano». 

E neanche nell’opinione pubblica si possono toccare certi temi che vanno contro il politicamente corretto: ecco un'altra dittatura del populismo: quella mediatica. «Il pensiero è poco libero. C’è troppo mainstream anche in questo. Quando dici una cosa fuori dal coro arrivano i “troll”, arriva la “gogna mediatica”.  Siamo un Paese che ha accettato che una persona venga sputtanata per aver parlato al telefono con un indagato. C’è un cortocircuito mediatico-giudiziario che non ci rende un Paese libero. Siamo di fronte – ha concludo il direttore, per poi punzecchiare la svolta garantista dei 5 Stelle «basata sulle opinioni di Grillo» - a una dittatura della gogna. E questa nessuno la vuole aizzare contro se stesso. E tutti alimentano questo mostro ogni giorno, vomitando insulti sugli avversari politici. Sembra di vivere a Teheran vent'anni fa. Non siamo liberi».

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