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Confagricoltura e Cia scrivono ai comuni sul Ceta: «Accordi di libero scambio promossi dai dati sull'export»

«A nome degli imprenditori agricoli che rappresentiamo, ci tenevamo ad evidenziare il nostro parere favorevole sull’accordo» ha spiegato il direttore di Confagricoltura Piacenza, Marco Casagrande

Con poco più di 40 miliardi di euro, l’Italia è il nono esportatore mondiale di prodotti agroalimentari, ma i nostri prodotti hanno potenzialità inespresse enormi, devono andare a intercettare i bisogni di economie emergenti e soddisfare nicchie il cui mercato di riferimento è il mondo. Se l’export è quaranta miliardi l’anno e l’italian sounding 100, significa che ci sono prodotti che occupano mercati dove le nostre eccellenze non arrivano.  Ne è convinta Confagricoltura Piacenza che insieme alla Cia si è fatta nei giorni scorsi promotrice di una campagna informativa sul Ceta, l’accordo di libero scambio tra Ue e Canada, scrivendo a tutti i sindaci dei Comuni del territorio. «A nome degli imprenditori agricoli che rappresentiamo, ci tenevamo ad evidenziare il nostro parere favorevole sull’accordo – spiega il direttore di Confagricoltura Piacenza, Marco Casagrande - in particolare, ad un anno dall’applicazione, abbiamo proposto elementi che riteniamo possano rivelarsi utili nel caso in cui gli Enti vengano chiamati a pronunciarsi o a deliberare in merito. A settembre la Commissione europea ha pubblicato alcuni dati relativi alle esportazioni dell’UE verso il Canada nel periodo ottobre 2017 - giugno 2018 dai quali emerge che, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, l’export è aumentato in totale del 7% e per il comparto agroalimentare mediamente del 7,4%. Le esportazioni di formaggi italiani in Canada nel primo semestre del 2018 sono cresciute rispetto allo stesso semestre del 2017 del 13% in valore e del 19% in quantità. Nei primi sette mesi del 2018 nel settore vitivinicolo (che rappresenta oltre il 40% del valore dell’export agroalimentare italiano verso il Canada) si è assistito ad un mutamento nella tipologia della domanda canadese a favore dei prodotti di maggior pregio; le esportazioni di spumanti italiani sono aumentate del 14,7% in quantità e del 13,2% in valore ed il prodotto in bottiglie inferiori ai 2 litri ha registrato + 2,4% in volume e + 0,8% in valore. Nell’insieme l’aumento complessivo dell’export vitivinicolo in valore in questo periodo risulta dell’1,2%». 

«Le nostre prestigiose produzioni sono piccole a livello globale, per questo sono fondamentali le strategie commerciali e la sottoscrizione di accordi, come il Ceta, che ci consentono di entrare in altri Paesi e contrastare l’italian sounding con la nostra presenza a prezzi concorrenziali – sottolinea Casagrande - la vera sfida, infatti, è vincere nei confronti delle imitazioni e non proibire agli altri di colmare un vuoto che noi stiamo lasciando. In tal senso è poco lungimirante continuare a contingentare le produzioni come si è fatto con i piani produttivi del Grana Padano. Contrastare le imitazioni sul mercato proponendo i nostri prodotti, senza avere l’appesantimento di dazi e quindi con livelli di prezzi interessanti, ci pone in posizione di vantaggio dato che i nostri prodotti sono qualitativamente migliori». I detrattori sostengono che l’accordo non tuteli a sufficienza le nostre Dop, ma si stanno aggiungendo aspetti positivi anche per quanto riguarda la tutela delle denominazioni di origine europee, poiché il governo canadese ha previsto che si possa fare richiesta per le indicazioni non inserite nella lista del CETA tramite il sito già esistente per il riconoscimento delle denominazioni di vini e che il governo del Canada ha aperto anche al comparto agroalimentare. Va, comunque, ricordato che fra le 41 denominazioni di origine italiane che fanno parte dell’elenco inserito nell’accordo UE – Canada vi sono quelle dieci che rappresentano il 90% del valore dell’export di tutte le denominazioni agroalimentari italiane nel mondo. «Del resto – commenta Casagrande - qualcuno pensa davvero sia possibile che un Paese smetta di produrre beni che fanno parte ormai del suo settore agroindustriale, che rappresentano una parte di Pil e che sono consolidati sul mercato? Se il CETA non dovesse essere più in vigore, per contro, verrebbero ripristinati i dazi sulle nostre esportazioni verso il Canada e non vi sarebbero ostacoli nella vendita di imitazioni delle Dop prodotte in Canada senza alcuna distinzione da quelle originali». Confagricoltura Piacenza ha più volte espresso parere favorevole sugli accordi bilaterali. Agrinsieme, di cui Confagricoltura è parte, auspica il varo anche del Jefta, l’accordo Ue-Giappone. «Grazie al Japan-EU Free Trade Agreement-Jefta, le esportazioni agroalimentari comunitarie verso il Paese del Sol levante potrebbero aumentare sensibilmente per i cibi trasformati. Sarà possibile l’eliminazione dei dazi sull’85% dei prodotti agroalimentari comunitari destinati al mercato nipponico, tra i quali figurano vino, formaggi, carni suine, pasta, dolci e prodotti a base di pomodoro – sottolinea Casagrande - per dimensione economica, si tratta del più grande accordo commerciale della UE». 

«Anche Piacenza – rileva il direttore di Confagricoltura - può ulteriormente spingere l’acceleratore sull’export, servono però più aggregazione, moderni strumenti economici, infrastrutture. Sarebbe un errore pensare l’attività quotidiana in associazione come slegata da queste dinamiche – conclude Casagrande - viviamo in un mondo complesso e veloce, dobbiamo supportare le aziende nello loro sforzo di svilupparsi e guadagnare mercati, siamo al loro fianco per riequilibrare anche i rapporti nelle filiere, che troppo spesso penalizzano una produzione primaria ancora poco organizzata. In questi dieci mesi, da quando dirigo Confagricoltura Piacenza, abbiamo condotto alcune importanti battaglie, anche con coraggio; servirà del tempo per vederne i risultati, ma il lavoro continua e la determinazione non ci manca».

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