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Economia

«La programmazione delle produzioni di latte deve prevedere un ruolo attivo degli allevatori»

L’intervento del presidente di Confagricoltura Piacenza Filippo Gasparini e di Alfredo Lucchini, presidente della sezione Lattiero-Casearia dell’Associazione

“Nel comparto del latte si è verificato esattamente quello che prefiguravamo” – spiegano Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza e Alfredo Lucchini, presidente della sezione Lattiero-Casearia dell’Associazione. “La programmazione delle produzioni di latte deve prevedere un ruolo attivo degli allevatori, ma come abbiamo denunciato più volte, così non è per la filiera del Grana Padano, il cui Consorzio di tutela ha approvato il piano produttivo che prevede la riduzione, ancora una volta, della produzione di forme senza considerare l’andamento della produzione di latte”.

“Ciò che si sta verificando – rimarcano Gasparini e Lucchini - è uno scostamento totale dal precedente regime delle quote latte, che di fatto era uno strumento di programmazione che in una certa qual misura riguardava la stalla. Inoltre, l’approccio disconosce anche le indicazioni della governance europea i cui assetti sono chiari e, forzosamente o meno, hanno sempre considerato la priorità decisionale della produzione, indicando come strumenti di programmazione le Op e il Pacchetto Latte”. Tant’è che anche per la validazione degli stessi piani produttivi delle Dop è necessaria l’approvazione da parte di almeno il 66% degli allevatori, come stabilito dal medesimo Pacchetto Latte. In merito, si ricorda come la questione sia stata aggirata attribuendo alla cooperazione il diritto di voto in vece dei singoli produttori di latte.

Il prestigioso formaggio – rileva la nota di Confagricoltura Piacenza - è ben valutato dai mercati, ma i buoni riscontri vengono ottenuti con una politica di riduzione delle produzioni che ben poco ha a che vedere con il marketing e la conquista di nuovi spazi commerciali, dove i similari stanno via via guadagnando posizioni, a riprova che la domanda di prodotto esiste e che, per l’incapacità di soddisfarla, il prodotto premium perde ogni giorno occasioni. Intanto il latte eccedente, prodotto con i costi e i requisiti necessari per essere conferito a Grana, si ritrova a competere sul mercato con l’indifferenziato latte d’importazione. Il risultato non può che essere il decremento del prezzo del latte alla stalla. Il consiglio del Consorzio di tutela è sempre il medesimo: ridurre le produzioni.  Peccato che i Piani di sviluppo rurale abbiano previsto premialità per gli imprenditori agricoli che effettuano progetti di sviluppo finalizzati proprio a conferire latte, più latte, per la trasformazione in Grana Padano.

“Le regole sembrano costruite ad arte proprio per avere un eccesso di offerta, generando così mancanza di concorrenza – sottolinea Gasparini - e non è sufficiente lamentare una discrasia tra l’andamento del prezzo del formaggio e quello del latte, questo non è il fulcro della questione, ma l’effetto, altrimenti il piano produttivo sarebbe stato scritto stabilendo un indice specifico tra prezzo del formaggio e quotazione del latte. Sta di fatto, che la diretta corrispondenza tra prezzo del latte e del formaggio è saltata e dobbiamo ragionare sui motivi”. “La norma istitutiva delle Dop a livello europeo – gli fa eco Lucchini -  ne stabilisce la creazione proprio per migliorare il reddito degli agricoltori e tutelare i territori, mentre in questo caso abbiamo una Dop che gli allevatori subiscono e che oltretutto, essendo l’asset principale del comparto, influenza la politica dell’intero settore e ciò anche perché i piani produttivi, che dovevano essere uno strumento d’intervento emergenziale, sono diventati una misura strutturale e hanno destabilizzato il mercato”.

“La politica messa in essere dal Consorzio – puntualizzano i due allevatori - contraddice persino il piano produttivo medesimo nel momento in cui non rispetta l’articolo 1.11”. In esso si stabilisce, infatti, che “verranno monitorati costantemente tre parametri/valori: quello del latte fresco alimentare, quello del formaggio Asiago e quello del formaggio Provolone Valpadana, anche utilizzando rilevazioni e proiezioni effettuate ed elaborate da primari istituti e società neutrali quali Istat e Clal. Naturalmente tali parametri saranno analizzati nel contesto del comparto lattiero caseario europeo e del valore del latte spot. Qualora i tre parametri monitorati dovessero evidenziare difficoltà di mercato perduranti nel tempo a causa dell’eccessiva disponibilità sul mercato di latte del circuito Grana Padano si attiveranno assegnazioni aggiuntive di formaggio Grana Padano che disincentivino la vendita sul libero mercato di latte da parte dei caseifici produttori di Grana Padano, incentivando quindi ulteriori produzioni di Grana Padano rispetto agli obiettivi del Piano Produttivo in corso con il conseguente risultato di ridurre la quantità di latte immessa sul mercato dal comparto del Grana Padano”.

“Alla luce di tutto ciò - concludono Gasparini e Lucchini - riteniamo davvero che la politica del Consorzio abbia tutelato la produzione di latte sul territorio?  Dov’è la regolamentazione che in una fase di crisi viene richiesta alla politica?  E dove sono gli allevatori che non si sono dotati di mezzi economici e politici per tutelare i loro interessi?”

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