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Donne in azienda, le testimonianze di una cultura ancora da cambiare

Il confronto delle donne imprenditrici di ConfapiD. Sono 6200 a Piacenza le donne che fanno impresa

Per Ombretta Sarassi, direttrice generale di Opem spa, azienda mondiale nella produzione di impianti per il confezionamento alimentare, «la valorizzazione del ruolo della donna nelle imprese è un percorso lungo, niente viene regalato». Per Laura Ottaviani invece, amministratrice delegata di Ottaviani spa attiva nel settore dei bijou, l’ingresso in azienda - per lei donna e figlia del titolare, «non è stata facile»: «Nonostante ci fosse già un’apertura alcuni stereotipi resistevano», spiega. Sono loro le protagoniste del convegno su “Il valore aggiunto delle donne nell’impresa” organizzato dalle donne imprenditrici di ConfapiD Piacenza al Laboratorio Aperto Piacenza nella ex chiesa del Carmine.

«Sono 6200 a Piacenza le imprenditrici a fronte di un milione e 345mila in Italia - spiega la presidente di ConfapiD Piacenza Sara Brugnoni all’inizio del convegno: per loro, ma soprattutto per la valorizzazione dell’imprenditoria femminile, il prossimo anno verrà riproposto il fondo regionale sperimentato nel 2021 che ha permesso di cofinanziare 107 progetti di imprese al femminile». Ad annunciarlo è Barbara Lori, assessore alle pari opportunità della regione Emilia Romagna intervenuta all’inizio dell’incontro insieme all’assessore Nicoletta Corvi che ha evidenziato «la necessità di una riflessione e un impegno che vadano oltre la giornata del 25 novembre».

«Non penso esista un modo di fare impresa al maschile o al femminile perché un’impresa deve stare sul mercato e le leggi di mercato non fanno distinzioni di genere - spiega il presidente di Confapi Industria Piacenza Giacomo Ponginibbi - ma ci sono ancora tanti stereotipi da scansare e per competere è necessario che le condizioni siano le stesse per tutti».

«Spesso la donna nell’azienda ha un ruolo significativo che però non sempre viene riconosciuto - fa notare la presidente nazionale di ConfapiD Giovanna Boschis Politano - lei è quella che fa andare avanti l’azienda e riesce a conciliare la vita di famiglia e d’azienda».

Ma le vere protagoniste sono le imprenditrici: «Per anni sono stata la moglie di mio marito, la signora Binacchi. Quando finalmente hanno iniziato a chiamarmi con il mio nome, Ombretta Sarassi, ho capito che finalmente ero riconosciuta come tale», spiega la direttrice generale di Opem.

Ottaviani invece fa notare che «la sua azienda può contare sul 70 per cento di donne fra i dipendenti. Non è una discriminazione al contrario - spiega - semplicemente cerchiamo di dare a tutti le stesse opportunità e di essere flessibili nelle esigenze».

A chiudere, dopo l’intervento dell’avvocato Francesca Cilli, è stata Patrizia Magnante, presidente della Società italiana di sociologia. Poi, Patrizia Magnante, presidente della Società italiana di sociologia. «Se nel Pnrr sono stati stanziati dei fondi per valorizzare le imprese femminili e non quelle maschili, significa che il problema c’è: la nostra cultura è ancora molto indietro, deve fare i conti con secoli di discriminazioni. Ci si pone diversamente in famiglia e anche quando si entra nel mondo del lavoro a seconda che uno sia uomo o donna».

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