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Agricoltura

Costi elevati per l’energia, a rischio la filiera dell’aglio piacentino

Francesco Rastelli, presidente Copap: «C’è il serio rischio che il prodotto rimanga nei campi, come è avvenuto nelle peggiori crisi»

Gli agricoltori, si sa, sono persone abituate a rimboccarsi le maniche e superare, grazie alla loro radicata professionalità, qualsiasi difficoltà. Ma fino ad un certo punto: quando i costi produttivi superano nettamente i guadagni e le prospettive di mercato diventano davvero improponibili, nessun imprenditore che si reputi tale è disposto a sperperare il proprio capitale costruito in anni di duri sacrifici di intere generazioni. Così decenni di cultura produttiva e professionale, sforzi per investimenti tecnologici, di fronte a situazioni non più gestibili, rischiano di naufragare, mettendo a repentaglio intere filiere che hanno dato ed attribuiscono lustro al territorio nelle quali operano.

È il caso dell’aglio bianco piacentino, ma anche dello scalogno e della cipolla, di cui è in atto in questi giorni (ne riferiremo i risultati della campagna) la raccolta, come evidenzia il presidente di Copap, la notissima cooperativa di Monticelli d’Ongina, Francesco Rastelli, o meglio «Stiamo raccomandando ai nostri soci di lasciare il più possibile il prodotto nei campi in modo che, favorito dal clima particolarmente caldo, possa essiccare al sole al meglio, evitando in questo modo, la formazione di muffe ed attacchi fungini». Ma questo pressante consiglio appare un vero e proprio escamotage, perché sottintende ben altro e gravoso problema, ovvero gli ormai insostenibili costi energetici necessari per la conservazione del prodotto raccolto nei magazzini refrigerati, da cui poi viene lavorato per preparare le confezioni che troviamo sugli scaffali dei supermercati o nei negozi di prodotti alimentari.

«Si tratta - precisa Rastelli - di aumenti per l’energia che superano il 300%, rendendo in questo modo non più economica una coltura che ha reso Copap (e di converso il territorio della Bassa piacentina) la capitale europea dell’aglio bianco». «In pratica - rincara la dose Rastelli - i costi energetici (così per la coltivazione che già di per sé è onerosa in quanto molte operazioni vengono ancora effettuate a mano), rischiano di far lievitare talmente le spese da rendere il prodotto “fuori mercato”, di fronte a ricavi e prospettive di mercato già caratterizzati da un netto calo della domanda e conseguente eccesso di offerta. C’è a questo punto il serio rischio che il prodotto (l’aglio ma anche il costoso scalogno e la cipolla) rimanga, come è avvenuto nelle peggiori crisi, nei campi. Un rischio del resto accentuato dai commercianti che a questo punto nevralgico dell’anno, stanno proponendo acquisti a prezzi pressoché dimezzati, il tutto senza motivazioni supportate da realistiche previsioni di mercato, alimentate anche da notizie sia sui costi che sull’atteggiamento dei mercati sovente incontrollate e probabilmente solo speculative ma che poi, come sovente accade, penalizzano solo la parte agricola, anello purtroppo più debole dell’intera filiera».

«Noi - rammenta il presidente Copap - abbiamo cercato di realizzare sempre più economie di scala ed efficientamenti nelle lavorazioni e nelle operazioni colturali ed energetici, non da ultimo un impianto fotovoltaico di ultima generazione che entrerà presto in funzione, ma l’emergenza è ora e subito. Per questo Copap lancia un pressante appello a tutte le istituzioni ed ai rappresentanti politici del nostro territorio in sede locale, regionale e nazionale, affinché attivino subito misure mirate ad attenuare i costi energetici, non in maniera blanda, da “pannicelli caldi”, ma veramente efficace. Senza queste misure - conclude - c’è il forte rischio che si frantumi tutta questa storica filiera e che sui mercati compaiano prodotti similari provenienti dall’estero di qualità nettamente inferiore a discapito dei consumatori mettendo a rischio la sopravvivenza stessa di tante storiche imprese».

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