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Acqua nel vigneto: solo quando serve veramente, il convegno di Crpv

CRPV (Centro ricerche produzioni vegetali) e Provincia hanno organizzato un convegno al Palazzo dell'Agricoltura per cercare di fare chiarezza sul complicato rapporto tra acqua e vite

L’acqua è il petrolio del futuro: la sua scarsità è una della grandi problematiche del XXI° secolo, un bene che non basta più per tutti. Anche in una zona che ne è ricca, come la nostra pianura, in estate, come in questa appena trascorsa, la sua disponibilità viene meno, creando non pochi problemi per colture di pregio, come per il pomodoro, ma anche per mais e cereali. Tecniche irrigue sempre più perfezionate, hanno consentito di contenere i danni, ma cosa succede se il problema si verifica nel vigneto dove l’irrigazione, in passato, era utilizzata solo per aumentare il quantitativo dell’uva? I cambiamenti climatici ed il conseguente anticipo di maturazione, hanno posto il quesito anche per la viticoltura, in particolare per quella di collina dove in pratica non esiste accesso a corsi d’acqua e falde superficiali.

Così CRPV (centro ricerche produzioni vegetali) e Provincia di Piacenza hanno organizzato un convegno al Palazzo dell’Agricoltura per cercare di fare chiarezza sul complicato rapporto tra acqua e vite, specie negli impianti di collina, di cui l’area piacentina è particolarmente ricca, quasi il 90 per cento della viticoltura.

Dopo il saluto dell’assessore Filippo Pozzi, con il coordinamento di Giovanni Nigro del CRPV, ha preso la parola Luigi Mariani dell’Università degli Studi di Milano; ha spiegato che le temperature medie in Europa, sono aumentate di 1°C in 60 anni, concentrato in un gradino nel 1987. Questo ha anticipato tutte le fasi fenologiche della vite, con anticipo raccolta di 10-20 giorni rispetto agli anni precedenti il 1987.

Altre conseguenze: aumento della evapotraspirazione di circa 50 mm, l’anno e quindi dell’aridità, incrementi degli zuccheri, del colore e degli aromi. Inoltre: meno disponibilità irrigue estive (minor accumuli di neve in montagna). Consigli: osservare attentamente le fasi fenologiche e le misure in campo, quindi assumere le conseguenti decisioni nel vigneto.

“Per capire il senso del bilancio idrico- ha spiegato il prof. Stefano Poni della Facoltà di Agraria, conta il terreno, il clima, la forma di allevamento, l’orientamento dei filari ed il carico d’uva. La quantità d’acqua disponibile nei suoli si calcola in base alla tessitura; la gestione cambia in caso di inerbimento; con certe erbe più aumentare del 30%. Dopo l’invaiatura si può irrigare, una tecnica che può ritardare la maturazione”. Poni ha poi ricordato che uno stress idrico severo determina poca uva e cattiva.

Roberto Miravalle presidente del Consorzio vini Doc colli piacentini ha rammentato che l’impiego di acqua a scopi irrigui è osteggiato in molti disciplinari dove sono consentite solo per quelle di “soccorso”. Dopo avere esaminato le diverse tipologie, ha precisato che la storia delle fluttuazioni climatiche degli ultimi 15 anni e le relative conseguenze sulla produzione viticola, con aumento anomalo della gradazione e minor bevibilità con minori rese per ettaro, pone in seria considerazione l’impiego di irrigazione ragionata anche nella produzione vitivinicola piacentina.

Il convegno è stato chiuso dalle relazioni di Alberto Puggioni di Netafim Italia sulle strategie e tecniche operative per l’irrigazione e della prof. Milena Lambri della Facoltà di Agraria della Cattolica  sugli adattamenti della tecnica enologica alle caratteristiche compositive dell’uva.

 

 

 

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