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Crisi demografica, «Senza figli e occupazione per donne e giovani il sistema previdenziale salta»

Il tema al centro del convegno organizzato dalla Cisl territoriale, in programma mercoledì 28 settembre. Presenti anche i sindaci di Piacenza e Parma

«Siamo forse davvero all’inizio della fine. Infatti, in termini previdenziali, il 2050 è già “domani”, appena dietro l’angolo. Se oggi i conti dell’Inps sono quasi in ordine, con l’invecchiamento della popolazione non sarà così: se la natalità e l’occupazione restano ai livelli attuali la tenuta del sistema previdenziale è incompatibile. Perciò occorre che subito siano messe in atto politiche per la natalità, per l’occupazione delle donne e dei giovani, politiche per una gestione mirata dei flussi migratori e politiche per la crescita, altrimenti sarà troppo tardi. Perché, se non si ferma la “tempesta demografica perfetta” in cui siamo ora, entro il 2050 il rapporto tra popolazione non attiva e attiva sarà irrimediabilmente sbilanciato: ci vorranno 100 persone attive economicamente per sostenerne quasi altrettante, come minimo più di 80, che non possono esserlo, tra minori e anziani. Quando l’equilibrio sta nel 50%». Questa una delle proiezioni al centro del convegno “La sfida del lavoro tra natalità e nuovi bisogni nelle province di Parma e Piacenza”, organizzato dalla Cisl territoriale nella giornata di mercoledì 28 settembre, con i contributi tecnici dei professori Gianluigi Bovini e Franco Chiarini e con le analisi sindacali del segretario generale Michele Vaghini e della segretaria nazionale Cisl, Daniela Fumarola.

«Nell’ultima campagna elettorale - commenta Michele Vaghini - è mancato l’approfondimento sulle politiche di previsione per evitare il crollo demografico e della forza lavoro. Anche nel dibattito in seno alla società civile si parla ancora troppo poco della necessità dell’inserimento delle donne nel mercato del lavoro e si continua a parlare di migranti con la solita retorica; in realtà c’è poco tempo per sostenere la crescita del Paese e noi pensiamo che si debba iniziare dai giovani: quelli che devono poter nascere domani e quelli che devono trovare un lavoro in accordo con le proprie aspirazioni oggi».

«L’aspettativa di vita in aumento, il calo demografico (da 1,6 a quasi 1,2 figli per donna) e lo spostamento in avanti dell’età in cui una donna ha il primo figlio (da 25 anni del 1982 ai 31,3 del 2019) – prosegue la nota del sindacato - sono fenomeni comuni a tutti i paesi europei da 40 anni; la differenza è nelle misure che sono state adottate per affrontarne le conseguenze. In Italia sempre poche e sempre tardi. Se nelle politiche a favore delle famiglie qualcosa si è mosso, la vera ricetta per la sostenibilità da oggi del sistema dovrà essere il lavoro, dignitoso e pagato adeguatamente, con l’aumento della forza lavoro. Anche gli enti locali sono interpellati. Cosa può essere fatto per la natalità, cosa per facilitare l’occupazione in ambito locale?»

«Da un lato – spiega Vaghini - ci sono i servizi che devono essere potenziati intorno alla famiglia, dall'altro c’è il grande tema della formazione e dell’educazione, dei giovani e degli adulti. Come Cisl, siamo convinti che si possa fare di più per conciliare tempi di vita e di lavoro e per fare incontrare domanda e offerta d’impiego: il nostro ente di formazione IAL, per esempio, offre ogni anno, nuove proposte in questo senso. Anche le amministrazioni locali possono fare di più per rendere attraente la formazione tecnica di cui il nostro sistema produttivo ha bisogno per consentire l’inserimento di giovane occupazione. Una popolazione che invecchia ha anche bisogno di servizi sanitari potenziati. È stimolante per il dibattito che Michele Guerra come sindaco di Parma e Katia Tarasconi, sindaca di Piacenza, partecipino al nostro convegno». 

Ultimo spunto di discussione il funzionamento “a regime” della riforma Fornero, «Chiunque arrivi a Palazzo Chigi dopo le elezioni dovrà affrontare questo tema spinoso, conclude Vaghini. Come Cisl proponiamo da tempo un sistema che preveda meccanismi di flessibilità in uscita, perché i lavori non sono tutti uguali e non si può rimanere nell’incertezza di anno in anno; vogliamo una riforma che sostenga la maternità con un anno di contribuzione in più per ogni figlio».

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