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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Economia

Difficile conciliare diritto del lavoro e mercato globale, l'onorevole Viscomi in Cattolica

Problematiche molto complesse alle quali gli studiosi stanno cercando di fornire una adeguata risposta normativa, per affrontare le quali il Corso di diritto del lavoro dell’Università Cattolica di Piacenza ha invitato l’onorevole Antonio Viscomi cordinario di diritto del lavoro e membro della Commissione lavoro della Camera dei Deputati

In che modo nell’economia globale si possono promuovere azioni per “esportare” i diritti per estenderli nel mondo? E come arginare fenomeni di progressiva erosione dello “storico” diritto del lavoro? E come affrontare i nuovi lavori come il digitale? Problematiche molto complesse alle quali gli studiosi stanno cercando di fornire una adeguata risposta normativa, per affrontare le quali il Corso di diritto del lavoro dell’Università Cattolica di Piacenza ha invitato l’onorevole Antonio Viscomi cordinario di diritto del lavoro e membro della Commissione lavoro della Camera dei Deputati.

Dopo il saluto di Antonio Giuseppe Maria Chizzoniti, il professore Pier Antonio Varesi ha ricordato che la competizione globale mette in competizione lavoratori di diverse aree creando problemi per la legislazione dei vari paesi e per le basi su cui è stato costruito il diritto del lavoro stesso. «E’ vero - ha riconosciuto Viscomi - il diritto deve uniformarsi alle nuove realtà, ma si va verso una concezione del lavoro esclusivamente “mercantile” (ovvero ciò che rende) ma ci sono pur tuttavia principi irrinunciabili». «E’ necessario - ha spiegato - coniugare il contesto per costruire il testo; il giurista del lavoro si adatta alla società. Oggi il lavoro è molto più cognitivo, più flessibile per dirette dinamiche di mercato; è necessario mettere insieme la dimensione patrimoniale con la persona e la sua tutela». Ci si trova di fronte imprese flessibili, distretti imprenditoriali che sono i luoghi dove si concentrano le specializzazioni, non competono singole imprese, ma territori, C’è poi la delocalizzazione dei mercati. Ma per stare sui mercati, e mi riferisco all’Italia, non è sufficiente abbattere i costi, quanto competere sulla qualità, una nostra italica prerogativa e quindi bisogna investire sull’innovazione, sulla ricerca e sullo sviluppo.

In questo contesto come reagisce il diritto del lavoro? Deve operare sulle mansioni, sui contratti a termine e sui licenziamenti. Nel primo caso se si svolgono mansioni inferiori al proprio inquadramento c’è una norma che tutela, ma se l’impresa è in trasformazione o in crisi, ci si deve adattare, anche mutando in peggio le mansioni per non perdere il lavoro. Il contesto ha modificato in questo caso il testo. Contratti a termine. Chi governa la flessibilità? «Non esiste regola perfetta. Importante è valorizzare la centralità della fonte collettiva con il consenso delle parti sociali. Per i licenziamenti bisogna distinguere tra piccole e grandi (con più di 15 dipendenti) aziende. Il vero problema- ha puntualizzato- è il tempo assurdo della giustizia civile che è linfa per ndrangheta e mafia. E’ necessario passare dalla giustizia togale all’arbitrato civile, molto più rapido. Superando i meccanismi che per aggirare l’art. 18 utilizzano contratti a termine, vaucher, lavoro occasionale etc».

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