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Giovanni Zavattoni rieletto segretario generale della Flc Cgil di Piacenza

Congresso provinciale di categoria: «No all’autonomia differenziata regionale, scuola strumento di inclusione»

Giovanni Zavattoni, 38 anni, confermato al vertice della Flc Cgil di Piacenza all’unanimità dal Direttivo uscito dai lavori del quinto congresso provinciale di categoria. Ai lavori hanno partecipato Manuela Calza, della Segreteria nazionale Flc, Monica Ottaviani segretaria Flc Emilia-Romagna e Ivo Bussacchini, segretario generale della Camera del Lavoro mentre la massima assise è stata presieduta da Paola Poggi, insegnante. I lavori si sono svolti nella sala conferenze di “Boschi celati” a Fossadello, alla presenza delle delegate e dei delegati del comparto della conoscenza. “I congressi non sono un rito, una vuota liturgia, ma un momento di discussione vera sul futuro del mondo della scuola e della conoscenza” ha detto Calza durante i lavori. E così è stato. Una discussione che ha preso le mosse da una articolata e applaudita relazione del segretario uscente Zavattoni, poi confermato al termine dei lavori.

Pace, ambiente, lavoro, questione sociale e una ferma contrarietà “a chi vuole l’umiliazione come fattore pedagogico, chi riduce la vita umana a merce e cittadini a produttori o consumatori” è stato detto nel corso del dibattito di una rappresentanza sociale in forte crescita, con “numeri straordinari” in provincia di Piacenza dove Flc conta la maggioranza assoluta dei delegati nei luoghi di lavoro.

“Abbiamo scelto uno slogan importante: "lezioni di pace”. Tutte le guerre si devono fermare e le industrie belliche si devono riconvertire. E quando penso quindi a "lezioni di pace" non posso far altro che pensare al nostro settore, al mondo della conoscenza, chiamato a difendere e diffondere la pace ha detto Zavattoni -. Viviamo un mondo del lavoro lacerato, da ricomporre. Anche il settore della conoscenza è vittima di un attacco che arriva da lontano, ma che ha visto negli anni della pandemia, una continua perdita di diritti. Il lavoro che invece è l'elemento essenziale e centrale della società, elemento fondante della nostra Costituzione. È proprio da qui che anche la nostra categoria ha abbracciato e ha fatto proprie le lotte della Cgil, le lotte contro gli appalti, i subappalti e le esternalizzazioni. Contro il sistema di quel mondo del lavoro che mette al centro la logica del ribasso dei salari e dei diritti spacciando tale modello come la panacea di tutti i mali, che vede nella competizione il modello imperante”. Zavattoni ha parlato di “un grande patrimonio che siamo intenzionati a valorizzare” rispetto alle RSU, su cui punterà una formazione specifica.

NO ALL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA

“C’è un’idea di autonomia differenziata lombardo-veneta ed emiliano romagnola. Come FLC ci siamo opposti da tempo – ha detto Zavattoni -, contrari a qualsiasi ipotesi di regionalizzazione della scuola e dell’istruzione, perché la piena e universale accessibilità al sistema d’istruzione e formazione per tutto l’arco della vita non può essere una variabile dipendente dalla regione in cui si vive o non può essere oggetto di differenziazione territoriale come avverrebbe con l’autonomia differenziata. L’unità del sistema di istruzione rappresenta il più potente strumento per combattere le disuguaglianze sociali, i divari territoriali oltre che a preservare l’unità del Paese. 

“La scuola non è da trattare alla stregua di un collegamento stradale o di un regolamento di acque, è il massimo organismo che garantisce l’unità nazionale. Lo stato non può delegare (alle regioni) tutto il potere di attuazione dei propri ordinamenti” ha ricordato citando le parole del segretario nazionale Flc Cgil, Francesco Sinopoli, a sua volte ispirate a quelle dei padri costituenti.

L’istruzione è un diritto costituzionale indisponibile, un diritto di cittadinanza che già si esercita a geometria a variabile con enormi differenze tra territori e territori: il punto è cancellare la variabilità di questa geometria, non aumentarla. I problemi della scuola non si risolvono se si dà libertà di reclutare in base alle risorse del territorio così da costruire un nuovo florido mercato, ma dalla stabilizzazione. L’autonomia, per non diventare un fatto burocratico, necessità di collegialità e partecipazione democratica. Purtroppo non servono piccole correzioni, ma una totale discontinuità con il passato, anche per scardinare un sistema di governance autoritario e dirigistico che nulla ha a che vedere con il concetto democratico e partecipativo di scuola come “comunità educante”. Un concetto che, con orgoglio del sindacato, figura nell’ultimo contratto del comparto Istruzione e ricerca. Cardine della “comunità educante” è la collegialità e gli organi rappresentativi che chi lavora e vive nella scuola si dà e che si è tentato in questi anni di svilire. Va smantellata l’idea, che pure stuzzica tanti politici e intellettuali, della scuola come servizio a domanda individuale. Una concezione che crea fratture insanabili tra scuola e famiglia, tra scuola e società. Abbiamo pertanto chiare le richieste che continuiamo a fare ai governi: destinare risorse all’edilizia scolastica non solo per la messa in sicurezza degli edifici, ma per costruire spazi nuovi di didattica e apprendimento, di apertura al quartiere; risorse per la  valorizzazione del personale docente e Ata; risorse per la generalizzazione della scuola dell’infanzia, l’estensione del tempo pieno, la stabilizzazione degli organici. Vanno anche rivisti i criteri per il dimensionamento degli istituti scolastici, va esteso l’obbligo scolastico da 3 a 18 anni, va ridiscusso il tempo scuola, oggi fortemente diseguale nel Paese. Tutto questo contrasta con la sperimentazione quadriennale dei licei. L’università e la ricerca sono anch'essi vittime di tagli. La spesa in Italia è inferiore all’1% del PIL contro una media OCSE del 1,5%. Invertendo questa china il settore della conoscenza può diventare un motore di questo Paese, in senso di inclusione e uguaglianza. Viceversa, ad essere a rischio è la società democratica come l’hanno pensata le madri e i padri costituenti”.

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