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Economia

I tassisti piacentini in sciopero: «Articolo 10 del decreto da tagliare»

Anche a Piacenza lo sciopero della categoria contro la riforma del settore e del noleggio con conducente

«Vogliamo che venga cancellato l’articolo 10 del decreto». Stefano Marazzola, tassista piacentino del servizio di “Radio Taxi” cittadino, dà voce ai malumori della categoria, che si oppone alla deregolamentazione del settore e, nello specifico, all'articolo 10 del Ddl, dove si stabilisce “l'adeguamento dell'offerta di servizi alle forme di mobilità che si svolgono mediante applicazioni web, che utilizzano piattaforme tecnologiche per l'interconnessione dei passeggeri e dei conducenti”. I conducenti delle auto bianche manifestano poi contro “la promozione della concorrenza, anche in sede di conferimento delle licenze, al fine di stimolare standard qualitativi più elevati”.

Sono trentuno i tassisti con licenza sul nostro territorio. «Non vogliamo diventare dipendenti - spiega Marazzola - meglio liberi professionisti, per noi questo non sarebbe un passo in avanti. Per questo scioperiamo tutti, uniti». Marazzola si è stazionato nei pressi di piazza Cavalli, dove abitualmente carica i clienti. Altri colleghi protestano in stazione a piazzale Marconi. «Rischiamo l’attività - aggiunge Marazzola -, l’importanza della nostra licenza e il posto di lavoro. Inoltre queste compagnie, come Uber, non pagherebbero le tasse in Italia».

I tassisti lavorano con il tassametro che è, dal punto di vista di chi ha la licenza, una garanzia per il cliente, perché l'importo sale in base alla lunghezza della corsa, mentre Uber si fonda su un algoritmo che varia in base al picco di presenze di automobili in circolazione. I tassisti avvertono dei rischi conseguenti alla liberalizzazione perché, ad esempio, secondo loro il rischio è che qualcuno compri la licenza in un paese di un'altra regione e poi vada a lavorare con la sua auto nelle città italiane, dove la licenza costa più cara (a Roma 135mila euro). Si teme che sia concesso troppo spazio alle multinazionali che gestiscono le app più diffuse, come Uber.

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