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Martedì, 23 Aprile 2024
La ricerca

Il 70% delle aziende “restituisce” liberamente qualcosa al territorio

L’industria piacentina e il suo impatto nel territorio: la ricerca del laboratorio di economia della Cattolica presentata durante l'assemblea di Confindustria

L’assemblea di Confindustria Piacenza sviluppatasi sul tema “Fabbrichiamo il Futuro – Imprenditori e giovani per crescere insieme”, dopo la relazione del presidente Francesco Rolleri e prima dell’intervista al presidente nazionale di Confindustria Carlo Bonomi da parte del giornalista Andrea Bignami (SkyTg24), si è svolta una tavola rotonda cui hanno partecipato Paolo Rizzi, lo stesso Rolleri, Francesca Polti e Camilla Colucci.

La prima è imprenditrice, dopo la laurea all’Università “Bocconi” in Economia Aziendale e Management, da oltre quindici anni opera stabilmente nell’azienda di famiglia che produce e immette sul mercato il Vaporetto, il primo "eco-domestico". Colucci e invece cofondatrice di Circularity, società che si occupa di economia circolare. Conta una squadra di ingegneri, scienziati ambientali, chimici, esperti di CSR e project managers, che hanno dato vita alla prima piattaforma digitale di simbiosi industriale dedicata all’economia circolare in Italia, mettendo in contatto gli operatori che si occupano di diverse fasi del processo del riciclo.

Il professor Paolo Rizzi ha esposto i risultati di una inedita ricerca del Lel (laboratorio di economia locale dell’Università Cattolica di Piacenza) che presiede, con la quale ha quantificato scientificamente il ruolo dell’industria sul territorio in termini di ricchezza generata, valore aggiunto e nella sfera sociale, così come il rapporto degli imprenditori con Piacenza attraverso interviste condotte negli scorsi mesi all’interno delle aziende.

Dalla ricerca con 103 imprenditori si evince che l’industria piacentina produce il 26% del Pil provinciale, pari a 2,5 miliardi di euro su 9,6 miliardi complessivi. A Piacenza gli addetti nell’industria, sono quasi 28mila pari al 26% del totale addetti alle unità locali attive della provincia.

Le specializzazioni dell’industria piacentina sono concentrate soprattutto sulla meccatronica, la meccanica, quindi l’agroalimentare ed i prodotti per l’edilizia e dato di fatto assai significativo, la quasi totalità delle esportazioni deriva dai prodotti industriali.

Ma la novità più rilevante della ricerca è determinata dal ruolo sociale dell’industria piacentina caratterizzata dalle seguenti dimensioni: 9.123 milioni di euro di fatturato; 2.126 milioni di euro di valore aggiunto; 1.452 milioni di euro di spese per il personale; 5.287 milioni di euro di acquisti di materiali e materie prime e 1.730 milioni di euro di acquisto di servizi e con un conseguente ed importante indotto, ovvero 1221 milioni di euro per acquisto materiali e materie prime e 1221 milioni di euro per l’acquisto di servizi. L’indotto degli addetti nei servizi tocca le 17.050 unità. Pertanto, complessivamente, l’indotto locale delle imprese industriali piacentine supera il 50%.

Dalla ricerca si evince inoltre che il 70% delle imprese industriali intervistate effettua erogazioni liberali ogni anno con preminenza per cultura (50%) sociale e sportivo. La ricerca si è orientata poi su altri nuovi e significativi aspetti per gli imprenditori piacentini: i valori, le cose importanti; la fiducia verso gli altri e le istituzioni; il sentimento di appartenenza territoriale; la soddisfazione nella vita e nel lavoro ed il rapporto con il territorio.

Per loro nella vita conta soprattutto salute, famiglia, libertà, lavoro, rispetto delle regole. Ion fondo e ben staccata la politica. Sentono forte il senso di appartenenza al proprio territorio e nella stragrande maggioranza, sono molto o abbastanza felici e soddisfatti del proprio lavoro. Hanno fiducia nei propri colleghi, negli scienziati, nella polizia, nelle forze armate, negli insegnanti e, a scalare, nelle altre istituzioni. In fondo, stampa, social media e partiti politici.

Al territorio le imprese danno qualità del lavoro, occupazione, tasse, stipendi e salari, ma anche visibilità ed innovazione ed il territorio rende loro qualità della vita, tradizione e cultura industriale ed imprenditoriale. «Cari imprenditori – ha detto al riguardo Rolleri, commentando il legame tra giovani, lavoro, impegno e sacrifici - dobbiamo capire che questa generazione ha dei nuovi valori. Non possiamo pretendere che le nuove generazioni siano come quelle precedenti». Rolleri ha citato uno dei momenti più conflittuali tra le generazioni: il rapporto tra datore di lavoro e possibile dipendente, quando si conoscono ai colloqui. «Quando stiamo per assumere si sentono richieste sempre più diverse rispetto al passato. Per qualcuno possono essere “scandalose”. “Posso avere il venerdì pomeriggio libero?”, “posso fare questa attività?”. Bisogna sforzarsi, parlo a noi imprenditori, nell’approccio alle giovani generazioni, i valori sono cambiati».

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