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Economia

Il complesso rapporto tra benessere disuguaglianza, una lezione in Cattolica

Ne ha parlato agli studenti del corso di laurea in Economia aziendale dell’Università Cattolica di Piacenza nel corso di Politica economica di Paolo Rizzi,  Pasquale De Muro dell’Università degli Studi Roma Tre

Quel è il rapporto tra benessere e disuguaglianza? Quali le teorie degli economisti? Ne ha parlato agli studenti del corso di laurea in Economia aziendale dell’Università Cattolica di Piacenza nel corso di Politica economica di Paolo Rizzi,  Pasquale De Muro dell’Università degli Studi Roma Tre. L’attuale attenzione alla disuguaglianza appare come un ritorno a un tema caro agli economisti classici ed è interessante notare che questo ritorno coincide largamente con un altro, quello del benessere. Anche quest’ultimo tema ha una lunga tradizione, e ha avuto di nuovo molta attenzione negli ultimi dieci anni, soprattutto nel dibattito e nella ricerca su indicatori che potessero aggiustare, affiancare o sostituire il Pil come misure di benessere. La disuguaglianza ha avuto maggior attenzione e risonanza nel mondo anglosassone, soprattutto negli USA ai massimi livelli istituzionali, mentre in Europa e in Italia non c’è stato un dibattito politico e scientifico altrettanto ampio e vivace. «Ci sono differenze - ha rilevato De Muro nel modo di concepire questo rapporto tra Usa e Ue. In Usa si vorrebbe allentare la pressione fiscale sulle persone che producono maggior ricchezza perché a loro volta determinano maggior lavoro. Prevale una sorta di teoria darwinista, ovvero chi rimane indietro nella società è per scarsità di impegno; una teoria meritocratica totalizzante radicata nella società americana».

In opposizione agli Usa la Ue ha elaborato (Agenda di Lisbona) invece il fine di una competività che si coniughi con la coesione sociale, con una crescita basata sulla conoscenza come fattore di ricchezza: in un mondo in cui i prodotti e i processi si differenziano in funzione dell’innovazione, le opportunità e la coesione sociale vanno potenziate valorizzando l’istruzione, la ricerca e l’economia digitale. Si punta a  coinvolgere i cittadini in una società partecipativa, così tutti i settori ne trarranno beneficio.  De Muro ha ricordato che negli Usa chi è più ricco ha più possibilità di andare avanti ed ha detto, ricordando Keynes, non è il livello dei risparmi che determina gli investimenti, ma sono le decisioni bancarie e finanziarie che determinano le risorse messe in campo. Esiste anche un’altra differenza sostanziale tra il ritorno dell’attenzione sulla disuguaglianza e quella sul benessere. Difatti, mentre il dibattito sulla disuguaglianza, a parte alcuni aspetti metodologici, resta largamente fondato sulle variabili reddito e ricchezza monetari, così come era agli albori dell’economia politica, la letteratura recente sul benessere è caratterizzato da una importante innovazione teorica, ossia il passaggio da una visione unidimensionale e monetaria, che prima era fondata sul Pil e sul reddito personale, a una visione multidimensionale del benessere, che non si limita alla dimensione del reddito o della ricchezza, ma include diverse dimensioni non monetarie, anche soggettive.

Adesso si ipotizza di ridurre il carico fiscale con aliquote uguali per tutti; per ridurre le disuguaglianze si pensa di ridurre le imposte di lavoro, ma è vero che l’effetto sulla crescita è maggiore se si riducono le tasse ai meno abbienti. Ha trattato poi delle teorie di John Rawls  che si basa sull'idea che tutti i beni sociali principali devono essere distribuiti in modo eguale, una distribuzione uguale può esserci solo se avvantaggia i più svantaggiati. Le disuguaglianze di reddito sono giuste perché legate alla bravura di ogni singolo individuo. Rawls non critica queste disuguaglianze, ma quelle immeritate. Nascere ricchi o poveri non è un merito, nascere intelligenti o handicappati non è un merito, si tratta solo di essere più fortunati o meno. Rawls critica la teoria delle pari opportunità, perché non tiene conto delle disuguaglianze legate ai talenti naturali di ogni uomo, disuguaglianze immeritate perché arbitrarie. Egli ritiene che una giustizia distributiva equa debba tener conto delle disuguaglianze immeritate e creare un sistema dove i meno avvantaggiati possano ottenere il massimo possibile. Per creare una giustizia distributiva equa, Rawls utilizza, di fatto reinterpretandolo, lo strumento del contratto sociale, già utilizzato dal giusnaturalismo seicentesco. Espose le sue teorie nel libro “Una teoria della Giustizia”. De Muro ha poi esaminato argomenti tecnici concernenti la necessità di analizzare la disuguaglianza perché per combatterla bisogna conoscerne i livelli che la caratterizzano. Ed ha ricordato la curva di Lorenz, ovvero la rappresentazione grafica della funzione di distribuzione cumulativa della ricchezza ed il coefficiente di Gini ovvero la misura della diseguaglianza di una distribuzione. È spesso usato come indice di concentrazione per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza.

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