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«Impossibile coltivare i campi senza fertilizzanti e agrofarmaci»

Confagricoltura Piacenza: «Il “no” per tutto danneggia l’ambiente e uccide le imprese che producono cibo»

La Commissione europea vuole proporre un obiettivo di riduzione nell’uso e nel rischio dei fitofarmaci del 50% entro il 2030, vincolante a livello UE, con gli Stati membri che fissano i propri obiettivi di riduzione nazionali. È questo il principale elemento politico delle nuove norme sui prodotti fitosanitari nell’UE, stando a una bozza del testo che circola a Bruxelles. Le nuove norme sull’uso sostenibile dei fitofarmaci, oggi nella direttiva del 2009, saranno contenute in un regolamento. Lo strumento scelto dall’Esecutivo UE avrà effetti vincolanti sulle politiche dei singoli Stati membri. Tale obiettivo generale, oltre a non tener conto degli sforzi già compiuti dai vari Paesi finora, si innesta a sua volta su una situazione generale molto complessa sotto diversi aspetti, primo tra tutti il processo di revisione dell’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (direttiva 91/414/CEE e successivo regolamento 1107/2009) che, nel corso degli ultimi venti anni, ha ridotto del 70% le sostanze attive disponibili per la difesa fitosanitaria. La revisione della normativa, oltre ad aver comportato l’uscita dal mercato di numerose sostanze attive, sta determinando forti limitazioni anche per i prodotti a base di sostanze autorizzate, attraverso l’introduzione del principio della valutazione comparativa e delle sostanze attive approvate come candidate alla sostituzione. «La situazione è molto critica – commenta Giovanna Parmigiani, componente di Giunta nazionale di Confagricoltura con delega alle tematiche ambientali – tanto che come Agrinsieme (il coordinamento le cui organizzazioni rappresentano una larga parte della filiera agricola italiana) abbiamo deciso di scrivere una lettera al Ministero della Salute e per conoscenza a quelli delle Politiche Agricole, della Transizione Ecologica e dello sviluppo ecologico. Per diverse colture non si è proceduto a registrare molecole di più recente concezione, con conseguente impoverimento dei mezzi di difesa. Parallelamente i cambiamenti climatici hanno l’effetto di prolungare l'attività stagionale di parassiti e malattie, causandone un aumento, in particolare nelle regioni più fredde dove temperature più calde possono consentire più cicli riproduttivi di insetti nocivi; a ciò si aggiunge la proliferazione di insetti alieni, come nel caso della cimice asiatica, che sta mettendo a rischio la stessa sopravvivenza di diverse colture, soprattutto della pericoltura, a causa sia della mancanza di prodotti fitosanitari che dello scarso successo della lotta biologica». La situazione è ancora più difficile per diverse produzioni tipiche italiane, classificate come colture minori, perché la disponibilità di prodotti confligge con lo scarso interesse economico delle ditte produttrici di agrofarmaci, in relazione agli elevati costi degli studi richiesti per l'autorizzazione all'uso e per il suo mantenimento. Anche per quanto riguarda le autorizzazioni per gli usi di emergenza, la revisione delle procedure sta creando incertezze e ritardi che non fanno che creare apprensione nella gestione delle emergenze sanitarie di quest’anno.

«La conseguenza del quadro descritto è che per alcune avversità ed alcune colture risulta sempre più complesso impostare una corretta difesa fitosanitaria e gestire il possibile sviluppo di resistenze agli agrofarmaci da parte dei patogeni – prosegue Parmigiani -  per questo come Agrinsieme abbiamo chiesto la costituzione di un tavolo di confronto e concertazione che coinvolga i produttori e tutte le Amministrazioni coinvolte per poter valutare, con spirito costruttivo, le complesse problematiche evidenziate ed in tal modo poter fornire risposte alle diverse esigenze degli agricoltori legate alla difesa delle colture  coniugando le esigenze di sostenibilità con quelle di produttività e qualità dei prodotti agricoli».

«Una delle alternative più concrete all’uso di agrofarmaci e fertilizzanti – ricorda il presidente di Confagricoltura Piacenza, Filippo Gasparini - è quella legata all’utilizzo delle nuove tecniche di miglioramento genetico, chiamate in Italia TEA, che possono mettere a disposizione degli agricoltori varietà resistenti ai parassiti e ai cambiamenti climatici. Su questo tema però l’Unione europea è in grave ritardo nel mettere a punto una nuova regolamentazione che separi le norme relative alle TEA da quelle riferite agli ogm, che sono un’altra cosa. Occorre quindi rivedere la direttiva del 2001 in modo da mettere a disposizione degli agricoltori europei uno strumento in più».

«A quanto detto si aggiunga che livello europeo non c’è uniformità sulle autorizzazioni a per cui spesso capita che nostri prodotti siano in diretta concorrenza con prodotti di altri Paesi europei che magari hanno potuto usare molecole a noi vietate. Senza un uso razionale degli agrofarmaci e senza selezione varietale – concludono i due dirigenti di Confagricoltura – diventa impossibile preservare l’ambiente e garantire la produttività. La riduzione forzata e non supportata da criteri scientifici del ricorso alla chimica in campo trova un triste parallelo con la mancata gestione della fauna selvatica oggi fuori controllo e portatrice di epizoozie, come la Peste Suina Africana, che minacciano la fauna stessa, sia quella selvatica che negli allevamenti. L’ottuso ostruzionismo nei confronti di ogni processo produttivo e di ogni intervento teso a governare l’ambiente si traduce in un danno all’ambiente stesso e in una condanna a morte per le aziende che producono cibo».

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