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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia

Infortuni sul lavoro: la fatalità non c'entra, serve la cultura della sicurezza

Lo scorso anno, nella nostra Regione sono stati registrati 112 decessi per cause di lavoro, siamo secondi dietro la Lombardia. Un dato in controtendenza rispetto alla media nazionale. L'Anmil: la sicurezza non è solo un costo, in Italia manca la cultura e anche un po' di legalità

Ancora morti bianche in Emilia Romagna e il dato non accenna a diminuire, ritrovandosi in controtendenza rispetto alla media nazionale dei decessi per cause di lavoro. E in molte province, fra le quali la nostra, si muore più che l'anno passato. Le cifre le ha snocciolate l'Inail – Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e si riferiscono al rapporto annuale stilato in via ufficiale dall'Ente.
  A livello nazionale, nel 2008, sono morti 1140 lavoratori  

L'Emilia Romagna è la seconda regione italiana a più alto tasso di incidenti sul luogo di lavoro, con 124mila casi. La precede solo la Lombardia, con 150mila. Stabili i decessi: 112 nel 2008 e 113 nel 2007, ma in alcune province, fra le quali Piacenza, si muore di più. Nel piacentino, infatti, le morti bianche sono passate da 5 a 11, secondo le stime Inail riferite al 2008.

I comparti che hanno registrato il maggior numero di infortuni sono quello scolastico e della pubblica amministrazione; in calo gli incidenti nel settore agricolo (-16% nel 2008) e edile (-13%). In diminuzione anche gli incidenti in itinere, cioè casa-lavoro-casa, ma sono aumentati i decessi nel settore primario (da 11 a 15 dati 2008) e manifatturiero (da 21 a 28).



Accanto ai dati statistici ufficiali dell'Inail, l'Anmil raccoglie un suo libro nero nel quale segna – basandosi sulla cronaca – tutti gli incidenti mortali occorsi sui luoghi di lavoro. Nel 2009, sono stati registrati 366 casi, aggiornati al 12 ottobre 2009. Non hanno valore ufficiale, però permettono di toccare con mano la situazione italiana.

Quanto è questione di sicurezza e quanto di fatalità? Lo abbiamo chiesto al presidente Anmil Piacenza, Bruno Galvani

Ormai sono anni che non si fa più riferimento al fato. Lavorare a rischio zero non è possibile. Però è vero anche che se non si investe in sicurezza e non si fa formazione ai propri lavoratori, si può incorrere in incidenti. E succede spesso, purtroppo. La fatalità gioca un ruolo marginale negli infortuni. C'è sempre, invece, una responsabilità che va individuata: a volte è del datore di lavoro, molte altre del lavoratore stesso.

Lo scorso giugno, ispezioni della Ausl nelle province emiliane, hanno evidenziato irregolarità nei cantieri edili. Il 20% di quelli visionati non era a norma per quanto riguarda la sicurezza. Come commenta questo dato?
  Chi lavora ha indubbiamente dei diritti, ma anche dei doveri in fatto di sicurezza  

Quando i controlli vengono fatti, le irregolarità si riscontrano. In Emilia Romagna e nel resto di Italia si riescono a controllare appena il 2% delle aziende e la nostra realtà è formata soprattutto da piccole e medie imprese. Le conclusioni le può trarre chiunque...

E' possibile una cultura della sicurezza che sia condivisa da aziende e lavoratori? Quanto incide il fattore economico?

Credo che alcuni imprenditori illuminati abbiano già dimostrato che profitto e sicurezza possono coesistere nei luoghi di lavoro. Se l'azienda è consapevole della propria responsabilità sociale, investe in sicurezza e ne trae anche un beneficio. Purtroppo questa cultura non è diffusa: si ritiene spesso che la sicurezza sia solo ed esclusivamente un costo. Non dobbiamo neanche dimenticare la situazione specifica del nostro Paese: 3milioni di lavoratori in nero e una ingente evasione fiscale. Dove c'è illegalità è molto più facile che si insinui l'insicurezza sul lavoro.

Secondo l'Anmil, qual è la situazione nel piacentino?


Siamo impegnati da oltre 60 anni nella sicurezza sui luoghi di lavoro. Non è solo il controllo che può salvare vite umane, anche se deve essere fatto e in modo serio. Devo dire che a Piacenza c'è attenzione ai temi della sicurezza. Basti citare l'impegno della Provincia per il lavoro regolare e sicuro o il tavolo in Prefettura per parlare del tema. Bisogna però eliminare le situazioni di illegalità che mettono in cattiva luce il buon operato.

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