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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Iren, i Comitati Acqua Bene Comune rispondono alla Cgil regionale

I Comitati acqua bene comune dell'Emilia Romagna sulla recente presa di posizione su Iren della Cgil Emilia Romagna

«A pochi giorni dallo sciopero generale e delle manifestazioni del 12 dicembre di CGIL e UIL, alle quali hanno partecipato i Comitati Acqua Bene Comune Emilia Romagna in modo pubblico e visibile, ci riteniamo in dovere di esprimere il nostro dissenso sulle conclusioni alle quali la CGIL regionale giunge dopo una analisi e alcune considerazioni condivisibili su IREN ed il suo ruolo nella gestione dei servizi Pubblici Locali». A dichiararlo in una nota il comitati Acqua Bene Comune dell'Emilia Romagna. 

E continuano: «La Cgil nazionale e diverse strutture territoriali fra le quali anche la CGIL regionale e numerose Camere del Lavoro, dopo il Referendum del 2011 (che aveva contribuito a promuovere) prese posizione a favore della gestione pubblica dell’acqua, con aziende di diritto pubblico e fuori da logiche di profitto. La Camera del lavoro di Reggio, in occasione del recente congresso, ha confermato questo orientamento esprimendosi favorevolmente alla decisione dei sindaci di scorporare il Servizio Idrico da Iren e procedere al suo affidamento in provincia di Reggio ad un’Azienda Speciale di diritto pubblico. Leggere quindi sulla stampa che “La Cgil regionale è contraria al processo di ripubblicizzazione dell’acqua avviato a Reggio”, ci disorienta a dir poco».

«Nel comunicato della Cgil regionale leggiamo anche cose condivisibili: l’indignazione per la vicenda del “dimissionamento” dell’Amministratore Delegato e la critica a diversi aspetti cruciali del “modello Iren”, ma poi si invitano i sindaci, piuttosto che a procedere con la ripubblicizzazione dell’acqua, a “riflettere fino in fondo sull’esperienza Iren”, invitandoli a restare in Iren stessa chiedendo una maggiore autonomia attraverso il rilancio di Iren Emilia (equivalente all’ex-Enia: Reggio Emilia, Parma e Piacenza), oggi una scatola vuota».

 «A parte l'imprecisione di considerare equivalenti la decisione dei sindaci reggiani (Azienda 100% Pubblica) presa dopo una impegnativa e ricca istruttoria pubblica e quella dei sindaci piacentini portata avanti contro la maggioranza referendaria e le associazioni (Azienda mista a maggioranza privata) - la verosimiglianza di questa proposta della CGIL ER è molto opinabile. Ci pare del tutto contraddittorio invocare la ri-territorializzazione dei servizi, ma allo stesso tempo dirsi “convinti che continuare i processi aggregativi tra le multiutility, privilegiando la costituzione di grandi aziende multi servizi, sia la strada giusta”. In tutta la regione è forte la contestazione al modello delle multiutility quotate in borsa ad esempio a Reggio Emilia è nato un “Tavolo NO Maxiutility, SI ripubblicizzazioni”, trasversale e apartitico, cui aderisce anche il Comitato Acqua Bene Comune, proprio per contrastare quel processo di concentrazione ulteriore attraverso fusioni, verso cui il Governo ci sta spingendo, che rappresenterà la definitiva perdita secca di autonomia e di sovranità da parte dei sindaci. Altro che “strada giusta”!».

E ancora: «Beninteso, non tutte le gestioni pubbliche sono esemplari, soprattutto quando viziate da clientelismo o eccessivamente frammentate, ma è inaccettabile (perchè semplicemente falso) il principio aprioristico per cui più è grande il gestore, maggiore è l’efficienza del servizio. Esistono gestori interamente pubblici, indipendenti dalle grandi multiutiltiy, a Nord come a Sud, che gestiscono l’acqua e i rifiuti (da soli o insieme) in modo ineccepibile, nell’interesse dei cittadini e dell’ambiente e fuori da logiche di profitto. E' da tempo che i Comitati acqua bene comune chiedono una riflessione sul modello incarnato da HERA ed IREN nella nostra regione».

«A nostro avviso il progetto di arrivare progressivamente a concentrare la gestione dei  Servizi Pubblici Locali (SPL) nelle mani di pochissimi  soggetti gestori: le grandi multiutility quotate in borsa (Hera, Iren, Acea e A2A), che si spartiranno tutto il territorio nazionale per poi magari essere assorbite a loro volta dalle grandi multinazionali, è inaccettabile. Proprio perché i vizi capitali di questi soggetti sono ormai sotto gli occhi di tutti (anche della Cgil regionale):  indebitamento patologico – spesso praticato per garantire alti dividendi agli azionisti pubblici e privati - , aumento delle tariffe, mancanza di trasparenza – in ossequio alle logiche della Borsa come ci ricorda la Funzione Pubblica CGIL che apre una causa per comportamento antisindacale contro IREN - , criteri inaccettabili di remunerazione del top management, incompatibilità ambientale, riduzioni del personale, appalti al massimo ribasso, finanziarizzazione spinta».

«Come si fa a dire che si migliora il profilo industriale della gestione dei servizi solo attraverso la crescita dimensionale dell'impresa; e quale è la dimensione ottimale? Studi indipendenti dicono che il massimo di efficacia nella gestione del servizio idrico lo si ha per bacini attorno al mezzo milione di utenti con gestione monoutility e che anche le economie di scala non funzionano più superata una certa soglia dimensionale. Per non dire del rapporto col territorio che richiede modelli di governance incardinati sui comuni con una logica di prossimità che tenga assieme capacità di governo e architetture tecnico-professionali. C'è un motivo legato alla forma societaria – SPA quotate in borsa – per cui gli obiettivi di profitto e di rendita finanziaria diventano un ostacolo insormontabile al miglioramento del servizio, alla tutela dell'ambiente, alla realizzazione degli investimenti necessari a quel territorio, al contenimento delle bollette ed alla democrazia (nel lavoro, nelle relazioni sindacali e nel governo del territorio)».

«Ma soprattutto, cedere i Servizi Pubblici Locali a questi soggetti significa per i Comuni rinunciare  definitivamente alla loro sovranità, al controllo del loro territorio e al rapporto diretto con i loro cittadini (che non recupereranno certo attraverso una sub-holding regionale o con aziende come HERA in continua crescita dimensionale e che hanno cancellato le Società operative territoriali e divisionalizzato il servizio). Non è questo che vogliamo per il territorio dell'Emilia Romagna».

«Insistiamo quindi perché venga portato a termine prima possibile il processo di ripubblicizzazione dell’acqua e perché si apra un percorso analogo anche per la gestione dei rifiuti a Reggio Emilia, ed in tutta l'Emilia Romagna. La partecipazione dei cittadini e dei lavoratori del servizio dovrà avere un ruolo fondamentale, non solo per cercare le migliori soluzioni organizzative, tariffarie e ambientali, ma per garantire la trasparenza della gestione e sottrarla a logiche clientelari, a partire dai criteri di nomina e di remunerazione del CdA e degli organi di controllo».

 E concludono: «Chiediamo quindi alla CGIL Emilia Romagna, un supplemento di discussione, anche attraverso uno specifico incontro con i Comitati Acqua Bene comune Emilia Romagna, al fine di chiarire le rispettive posizioni, e speriamo anche per trovare punti sostanziali di convergenza su obiettivi comuni a partire dal contrasto alle misure del Governo nella Legge di Stabilità e nello Sblocca Italia».

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