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Redazione

L'Italia, un popolo di commissari tecnici e di... economisti

La calura d'agosto e il dibattito di politica economica: l'On. Francesco Boccia del Pd, con parole molto sprezzanti verso i macroeconomisti e gli studiosi accademici che le sostengono, si oppone alle posizioni keynesiane

“Un popolo di commissari tecnici”, così commentava negli Anni Settanta l’allora c.t. della Nazionale di Calcio Bernardini le sparate a ruota libera sulle ipotetiche formazioni della nazionale di calcio che percorrevano il nostro Paese, dalle colonne di alcuni quotidiani fino ai pubblici esercizi… E ai bar… “Un popolo di economisti”, verrebbe da dire ora sentendo le “perle” di politica economica che percorrono il nostro Paese… Dalle dichiarazioni di parlamentari assillati dal problema della loro visibilità pubblica e di fantasiosi leader politici, fino ai commenti (a volte più intelligenti) nei pubblici esercizi… E nei bar.  Nella “hit parade” delle sciocchezze di questi giorni merita certamente un posto preminente la proposta del ritorno alla lira (ignorando gli effetti devastanti sui mercati finanziari, sulla borsa e sui nostri titoli di debito pubblico che avrebbe l’annuncio del crollo dell’euro e della BCE) e delle proposta simmetrica e contraria dei cosiddetti “falchi” (anche se qualsiasi volatile mostra probabilmente più cognizione di causa) ultraliberisti tedeschi che, oltre ad ostacolare continuamente l’operare della BCE e di Draghi (nessuna banca centrale nel mondo si trova ad operare con tanti ostacoli e boicottaggi dalle autorità politiche dei propri Paesi), presentano improbabili richieste di controllo politico, che non hanno nessun riscontro negli statuti di nessuna banca centrale e che causerebbero la fine dell’Unione Monetaria Europea, da cui anche la Germania sarebbe pesantemente danneggiata.

Rimanendo al dibattito economico di questi giorni, cerchiamo, per quanto possibile, di attenerci ai fatti. E alla logica.  Esistono varie scuole di pensiero nell’economia contemporanea, raggruppabili, pur con molte semplificazioni, in due filoni principali, entrambi di impostazione “liberale”: il filone “keynesiano” (di impostazione liberal-progressista) e il filone della “nuova macroeconomia classica” (di impostazione conservatrice e neoliberista). Entrambi hanno espresso economisti di grandissimo spessore scientifico, che devono essere trattati con rispetto. Nessuno può dubitare della statura intellettuale di grandi economisti conservatori e neoliberisti come Lucas, Kydland e Prescott o, andando indietro di alcuni decenni, dello stesso Milton Friedman. Allo stesso modo, nessuno può dubitare della statura scientifica di grandi pensatori neo-keynesiani contemporanei come Joseph Stiglitz o Paul Krugman, anch’essi insigniti recentemente del premio Nobel.  

Il filone neoliberista sostiene che i mercati sono sostanzialmente efficienti, si auto-regolano e non necessitano di interventi frequenti di politica economica (definiti “politiche economiche attive”) perché avrebbero effetti distorsivi sul funzionamento del mercato. Il filone keynesiano, pur affermando che il mercato è assolutamente la forma di organizzazione economica più efficiente, ammette che il funzionamento del mercato sia soggetto ad imperfezioni e ad alcuni malfunzionamenti (dovuti in generale ad una diffusione dell’informazione diseguale, inefficiente e incompleta tra gli individui) che richiedono interventi correttivi di politica economica da parte delle autorità. Chi scrive deve doverosamente specificare che ritiene più convincenti gli economisti “neo-keynesiani” contemporanei di quelli neo-liberisti, anche perché, dopo gli accadimenti di questi ultimi 5 anni, sui mercati finanziari tutto si può dire tranne che siano “autoregolantesi”, “efficienti” e che non necessitino di interventi correttivi di politica economica. Senza gli interventi di politica monetaria della Federal Reserve americana (che ha abbassato i tassi ufficiali fino ad un livello inferiore all’inflazione) avremmo infatti assistito al collasso del sistema finanziario e bancario mondiale… Ma questo nulla toglie al rispetto che è dovuto alla statura intellettuale dei grandi studiosi neo-liberisti sopra menzionati. 

Tuttavia, restano veri alcuni dati di fatto oggettivi. La FED ha portato gli USA fuori dalla crisi con politiche monetarie fortemente espansive (quindi decisamente keynesiane) consistenti nell’acquisto frequente e reiterato di ingenti quantità di titoli di debito pubblico statunitensi, in una situazione in cui il rapporto Debito/PIL degli USA è stato storicamente tutt’altro che virtuoso. Con l’implementazione degli Eurobond (a cui i “falchi” tedeschi si oppongono) la BCE avrebbe una capacità di intervento di politica monetaria paragonabile a quella della FED per effetti ed efficacia sul mercato dei titoli pubblici. Con la realizzazione di un’autorità di politica fiscale europea (altra misura a cui gli ultra-liberisti più estremi si oppongono da sempre), la conduzione della politica monetaria della BCE potrebbe essere coordinata alla politica fiscale, come lo è per la FED. Anche grazie a questo la FED ha potuto intervenire più efficacemente. 

Come ha osservato Monti, purtroppo il carico fiscale complessivo non può ancora essere ridotto. Tuttavia, a parità di carico fiscale, se ne può migliorare la distribuzione, sia dal punto di vista degli effetti sulla domanda aggregata, sia dal punto di vista degli effetti sulle imprese e sul mercato del lavoro: una patrimoniale progressiva (con una soglia minima per i patrimoni superiori a 1,2 milioni di euro) potrebbe alleggerire il carico fiscale sulle imprese e favorire le assunzioni. In questo modo si tasserebbe di meno il capitale investito ed impiegato per creare occupazione e crescita  e si sposerebbe il carico fiscale su una fascia sociale finora meno colpita dai tagli e che trasforma in domanda una quota molto più piccola della propria ricchezza. Inoltre, sulla base dei dati statistici del FMI e dell’OCSE (quindi sulla base di dati, non di opinioni), è stato da più parti osservato che dal 2008 ad oggi, nessuno dei Paesi europei che hanno seguito i programmi di austerità imposti dai “falchi” ultraliberisti tedeschi è riuscito né a ridurre il rapporto Debito/PIL, né a far crescere l’economia.

L’algebra del rapporto Debito/PIL e i dati statistici possono non piacere, ma sono fatti oggettivi. Non opinioni. Come ho detto in vari miei interventi su questa stessa rubrica, molte di queste posizioni sono condivise in Europa anche da politici conservatori e, d’altra parte, esistono economisti keynesiani con idee politiche conservatrici (come Ben Bernanke, uno dei massimi economisti keynesiani contemporanei, presidente della FED, ex consigliere economico di Bush).

Tuttavia è strano che ad opporsi a queste posizioni sia stato proprio un autorevole esponente nazionale del PD, l’On. Francesco Boccia, usando peraltro parole molto sprezzanti verso i macroeconomisti e gli studiosi accademici che le sostengono. Parole che ignorano il pensiero di due premi Nobel contemporanei come Stiglitz e Krugman. Parole che ignorano il dibattito contemporaneo di politica economica e la ricerca di frontiera di macroeconomia. E’ bensì vero che l’economia aziendale (di cui è docente l’On. Boccia), disciplina importante e complessa, collegata alla contabilità e alla gestione d’azienda,  è ben distante e non ha molto a che fare con la macroeconomia e la politica economica... Tuttavia, come macroeconomista e come professore di politica economica, avrei l’umiltà di non usare parole sprezzanti verso l’opera di studiosi e docenti di economia aziendale.

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