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Economia Farini

Lascia un lavoro sicuro per diventare imprenditore agricolo in montagna

Danilo Rossi ha abbandonato il posto in un’azienda metalmeccanica per lavorare nella sua Pometo di Groppallo di Farini. Qua coltiva grano tenero, patate, erba medica e vende legna

Ci vuole coraggio, forse anche un po’ di incoscienza, ma soprattutto tanto amore per il proprio territorio con la inebriante libertà di reinventarsi imprenditore agricolo. È stata la scelta di Danilo Rossi che ha deciso di lasciare un sicuro e remunerativo lavoro presso una importante azienda metalmeccanica della nostra provincia (dopo il diploma presso il professionale per l’Industria), per diventare imprenditore agricolo a casa propria, nella storica azienda di famiglia abbarbicata nell’Appennino, a Pometo di Groppallo di Farini.

È stata una definitiva scelta di vita, andando decisamente controcorrente, perché oggi l’alta collina e la montagna, almeno nel Piacentino,Trattori a Pometo di Groppallo-2 la si abbandona per andare a lavorare in città. Manca infatti un po’ tutto: servizi, divertimento, strutture, con una comunicazione sempre un po’ “ballerina” ed incerta. Il reddito, poi, è quello che è.  Bisogna reinventarsi un ruolo multifunzionale, combattendo ogni giorno con i disagi di strade tenute alla meno peggio, con le coltivazioni costantemente minacciate dalla fauna selvatica e con condizioni meteo a volte estreme che causano frane e smottamenti.

Ma ci sono sul piatto della bilancia altre valutazioni: si lavora a casa propria, si è imprenditori di se stessi, liberi quindi di esperire nuove e continue possibilità. Soprattutto si è giovani e quindi, se come in questo caso si è supportati dalla famiglia, c’è entusiasmo e voglia di mettersi in gioco.

A Pometo, in azienda, c’era, come quasi ovunque, una stalla da latte. Pochi capi, prodotto eccellente e, soprattutto, una cooperativa di trasformazione che consentiva di dare un valore aggiunto al proprio prodotto. E caseificio significa stalle ed attività indotte, ovvero lavoro per molti. Ma quando viene meno, come in questo caso, la forza e la coesione della trasformazione in loco, tutto crolla. I conferimentipatate-4 verso la pianura diventano troppo onerosi, vengono meno gli indispensabili contributi e si perde il ruolo sociale di un caseificio. Così ne soffre il territorio e la cura che la presenza dell’uomo può offrire per contrastare abbandono e degrado.

I pochi che rimangono si arrangiano ed a questo punto però, se qualche giovane ha il coraggio di restare, ci sono speranze per il futuro. Così Danilo, grazie ai piani di primo insediamento, ha cominciato a lavorare a fianco del padre Ernesto, “storico” dipendente della Cia di Piacenza, ora in pensione, e della madre Loredana Del Molino. L’azienda è di 50 ettari, parte in affitto, parte in proprietà, ed è certificata Bio. Vi si coltiva grano tenero, patate e soprattutto erba medica, conferita in parte nei territori limitrofi dove sono ancora attive stalle che producono latte trasformato in parmigiano-reggiano. Un altro non secondario introito è assicurato dalla vendita della legna che è diventata sempre più importante per il reddito familiare, anche se quest’anno, le abbondanti nevicate hanno impedito i tagli nei boschi ed ora si dovrà attendere il periodo in cui saranno di nuovo consentiti.

Il lavoro per un giovane è quindi duro, impegnativo. Ma ci si aiuta reciprocamente tra giovani (pochi) che hanno adottato la medesima decisione di Danilo che fin da piccolo è sempre stato appassionato di meccanica agraria e di mezzi agricoli, il cui parco è naturalmente stato potenziato negli anni. Grazie ai piani di primo insediamento è stato costruito un nuovo capannone che servirà per il ricovero dei foraggi e del fieno, come della legna che, per essere tagliata, abbisogna di un luogo asciutto dove poi accatastarla.

Ma oggi lavorare in montagna è sempre più difficile, Chi coltiva deve convivere con la fauna selvatica che distrugge in poco tempo illegna-5 lavoro di mesi. Non ci sono solo i cinghiali a vanificare i raccolti. Per contrastarli ci sono i selettori, anche se sovente non sono sufficienti. Ma in particolare a Pometo i danni più ingenti sono provocati dalla presenza di numerosissimi istrici che fanno sparire rapidamente intere file di piante di patate che sono particolarmente buone e con un mercato consolidato.

Per contrastarli, poiché sono animali protetti, è stato necessario recintare tutti gli appezzamenti, un lavoro che non gode in questo caso, si nessun contributo, come invece l’elettrificazione che è coperta dai vari Atc. Ci sono poi i daini che, in zone sotto ai mille metri (Pometo è in questo senso protetta), divorano le foglie dolci del rovere con danni permanenti al bosco.

Insomma chi opera nelle zone svantaggiate, fa parte di quella che già a più riprese, abbiamo definito, agricoltura “eroica”. Ma qui c’è la forza di una famiglia unita e coesa, con un giovane che si impegna e con un sogno nel cassetto, con le sorelle impegnate però in altre attività professionali: un agriturismo, perché il posto è incantevole, i prodotti del territorio sono di grande qualità e la signora Loredana ha fama di ottima cuoca. Bisogna solo attendere che “i confini” si riaprano, che la gente possa tornare, passata la pandemia, a godere delle bellezze e dell’ospitalità del proprio suggestivo territorio. Se così sarà, c’è da scommettere che forse una struttura ricettiva la si troverà ad accogliere la gente anche a Pometo di Farini.

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