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Economia

Latte, la neve non ha fermato la protesta del settore

A Bologna annullata la maximungitura ma non il presidio. Fabio Minardi (Coldiretti): «Gli allevatori devono vendere tre litri di latte per riuscire a bere un caffe al bar»

E’ stata sospesa la maximungitura “Allevatore per un giorno” organizzata a Bologna da Coldiretti per la difesa del latte e dei formaggi italiani. L’abbondante nevicata caduta su tutta la regione non ha reso possibile infatti spostare le vacche per la mungitura pubblica nonostante in piazza fosse stata allestita una stalla perfettamente organizzata e riscaldata. In piazza XX Settembre a bologna è comunque rimasto un presidio, al quale hanno preso parte alcuni piacentini della Coldiretti giunti nel capoluogo per coadiuvare l’allestimento. A dimostrare il loro appoggio a questa iniziativa, avevano dato la disponibilità a partecipare le amministrazioni comunali di Agazzano, Coli, Bobbio, Podenzano, Rottofreno, Castell’Arquato, Lugagnano, Morfasso, Vernasca e Rottofreno oltre ad alcuni consiglieri regionali e provinciali. La sospensione dell’evento non ha però bloccato Coldiretti dal denunciare i gravi problemi del settore lattiero caseario. Secondo un’elaborazione Coldiretti Piacenza sui numeri della Banca Dati Nazionale, dal 2010 ad oggi, gli allevamenti di bovini da latte a Piacenza, sono passati da oltre 410 a circa 380, dal dato regionale inoltre emerge che dall’inizio della crisi, è stata chiusa una stalla su cinque con la perdita silenziosa di circa 4.000 posti di lavoro.

“Quella che gli allevatori stanno vivendo, afferma Franco Fittavolini, coordinatore della commissione latte di Coldiretti Piacenza, è una situazione molto difficile; in Emilia Romagna le 3.700 stalle sopravvissute hanno prodotto nel 2014 18,7 milioni di quintali di latte, di cui a Piacenza circa 2,5 milioni, mentre le importazioni hanno raggiunto circa 12 milioni di quintali con un aumento in valore del 23 per cento.”

“Va da se che con questi dati, prosegue Fittavolini, gli allevatori ma anche i consumatori italiani subiscono un furto di valore che vede il latte sottopagato e un inganno al consumatore che si trova ad acquistare latte e formaggi provenienti da chissà quale parte del mondo, spacciati come italiani ma che di italiano hanno giusto il nome storpiato.” “La situazione rischia di precipitare per il 2015, aggiunge Andrea Testa, allevatore di Fiorenzuola e dirigente Coldiretti, da un lato infatti il prezzo riconosciuto agli allevatori non copre neanche i costi di produzione dall’altro ci dovremo confrontare con la fine del regime delle quote che terminerà il 31 marzo 2015. Molti allevatori infatti, per rimanere in regola in questi ultimi mesi,  sono stati costretti ad affittare quote che da aprile in avanti non serviranno più.”

Allevamenti chiusi vuol dire meno occupazione, meno formaggio italiano, meno ricchezza economica. “Con questo scenario, aggiunge Fabio Minardi, presidente dell’Apl, è nostro dovere denunciare il fatto che il prezzo del latte fresco si moltiplica per quattro dalla stalla allo scaffale, con un ricarico del 328 per cento.” Sulla base delle elaborazioni Coldiretti su dati Ismea, infatti, il latte viene pagato agli allevatori in media 0,35 centesimi al litro con un calo di oltre il 20 per cento rispetto allo scorso anno mente al consumo il costo medio per il latte di alta qualità è di 1,5 euro al litro, di qualche centesimo superiore allo scorso anno. “In altre parole, prosegue Minardi, gli allevatori devono vendere tre litri di latte per bersi un caffe al bar. Questo prezzo non copre neanche i costi per l’alimentazione degli animali, per questo i consumatori devono dire basta ai similgrana che fanno concorrenza a produzioni tipiche come il Grana Padano, dire basta ai tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro stranieri venduti in Italia, basta alle mozzarelle fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero, senza che nessuno lo sappia perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta.”

A preoccupare gli allevatori sono anche le difficoltà dei grandi formaggi Dop, i cui prezzi alla produzione sono letteralmente crollati negli ultimi due anni, con i prezzi del Grana Padano stagionato 9 mesi, passato dagli 8,13 euro del 2011 ai 6,84 di fine 2014, Tutto questo mentre sul mercato Europeo ed anche in Italia arrivano i similgrana di bassa qualità, spesso venduti con nomi di fantasia che ingannano i consumatori sulla reale origine che è prevalentemente dalla Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Estonia e Lettonia. “Si tratta di una concorrenza sleale, chiosa Fittavolini, nei confronti dei prodotti autentici che devono essere ottenuti nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione.”

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Tra gli obiettivi della mobilitazione per salvare le stalle italiane ci sono:

•Indicare obbligatoriamente l’origine nelle etichette del latte (anche Uht), dei formaggi e di tutti gli altri prodotti a base di latte

•Garantire che venga chiamato “formaggio” solo ciò che deriva dal latte e non da prodotti diversi

•Assicurare l’effettiva applicazione della legge che vieta pratiche di commercio sleale

•Rendere pubblici i dati relativi alle importazioni di latte e di prodotti con derivati del latte, tracciando le sostanze utilizzate

•Un pronto intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato contro le forme di concorrenza sleale e gli abusi di posizione dominante nel mercato del latte

•Attuare le misure di sostegno agli allevamenti italiani previste dal Piano Nazionale di Sviluppo Rurale

•Realizzare un piano organico di promozione (in Italia e all’estero) del latte e delle produzioni italiane, (in Italia e all’estero) del latte e delle produzioni italiane, a partire da Expo 2015

•Promuovere iniziative nazionali per il consumo del latte e dei formaggi di qualità, soprattutto  nelle scuole e nelle mense pubbliche

•Semplificare le procedure burocratiche

•Garantire che le risorse previste dal “Piano latte” del Mipaaf vadano agli allevatori

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