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Latte, quotazioni Grana da ancora di salvataggio a zavorra

Il presidente Gasparini: «Quanto vale la certificazione Crenba?»

Confagricoltura Piacenza riprende quanto pubblicato in una recente circolare del Consorzio per la tutela del formaggio Grana Padano. Il documento rende noti i dati Iri (leader mondiale nelle informazioni di mercato per il largo consumo, il retail e lo shopper): l’intero 2019 ha registrato un leggero calo (0.2%) dei volumi di consumo dei “duri vaccini” dato da un calo del Grana Padano del -2.1%, del Parmigiano Reggiano del -1.4% a fronte di una crescita dei similari del +5.7%. Circa il valore totale, invece, il Grana Padano cresce del +6.2%, il Parmigiano Reggiano del +4.2% e i similari del +8.8%. Le variazioni di prezzo sono in modo significativo correlate al calo dei volumi venduti (più è marcata la crescita di prezzo più calano i volumi) il Grana infatti è cresciuto in valore dell’8.3% al Kg, il Parmigiano del 5.6% mentre i similari solo del 2.9%. I consumatori, insomma, hanno speso di più, comprando però un po’ meno i formaggi che più sono aumentati nel prezzo al consumo. Anche guardando i dati 2018 emerge che i consumatori hanno comprato meno chi aveva il prezzo più alto. «Per noi non è certo una novità – commenta Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza – condividiamo la considerazione del Consorzio allorquando dice che anche non rilevanti variazioni del prezzo unitario di vendita incidono significativamente sui volumi di venduto, anche se certamente non possiamo definire quello delle due prestigiose Dop un mercato “libero” come invece fa il Consorzio. Ciò che continuiamo a non comprendere – prosegue Gasparini – sono, infatti, le conclusioni che il Consorzio trae, completamente slegate dalle premesse: auspicando che la produzione di Grana Padano nel 2020 sia in calo deciso rispetto al 2019». I dati evidenziano, che a fronte di un prezzo elevato si riducono i volumi di venduto, ma a parere del presidente di Confagricoltura Piacenza non è scontato che riducendo i volumi il prezzo aumenti. «Ci si spighi perché si tiene chiuso l’accesso alle industrie che vogliono trasformare maggiori quantitativi con un sistema di quote che non fa registrare successi evidenti – rimarca Gasparini –. Ci si dica poi in quale beneficio si è concretizzato l’aggravio introdotto in stalla con la certificazione Crenba, oltretutto distorcendo ad uso privatistico un asset pubblico. In questo momento l’indicizzazione del prezzo del latte alle quotazioni del Grana, da elemento stabilizzante e di garanzia, si sta trasformando in una zavorra. Perché conviene vendere il latte come latte alimentare? Dov’è tutta la valorizzazione promessa imbrigliando i volumi e costringendo gli allevatori a certificazioni volontarie rese obbligatorie?» Gasparini riprende il tema delle certificazioni rese cogenti ai produttori da chi, posizionato negli anelli successivi della filiera, mira ad ottenerne un vantaggio commerciale. «Lo vediamo sia con le certificazioni del pomodoro, così come con quelle delle produzioni zootecniche – ha sottolineato Gasparini – per noi sono costi che non vengono remunerati, perché un conto sono gli interessi d’acquisto, un conto gli stili di consumo: la gente considera prima di tutto il prezzo e ad ogni modo l’imprenditore agricolo è troppo a monte nella filiera per rapportarsi con il consumatore finale. Il prezzo del latte sta calando significativamente trascinato in basso dalle quotazioni del Grana Padano che perde quota nonostante le certificazioni del Crenba, nonostante un piano produttivo che avrebbe dovuto avere la finalità di mantenere tonici i mercati. Abbiamo già l’Europa e lo Stato che determinano le scelte aziendali, ci opponiamo a un sistema dove chiunque si può permettere di vincolarci. Le nostre scelte devono appartenere alla nostra libertà imprenditoriale. Il problema è che assorbiti da difficoltà contingenti non abbiamo più la forza di opporci, stando uniti, a una politica che non ci considera un valore». E tornando all’analisi dei mercati conclude: «Si continuano a screditare i similari, mentre sono il comparto che sta preformando meglio perché vanno a coprire un segmento di mercato, come il canale Horeca, che non può essere soddisfatto da prodotti ad alto valore (e costi produttivi) come le due Dop. È aberrante non permettere ai nostri produttori di fare dei similari consentendo ad analoghi prodotti stranieri di coprire il segmento che viaggia parallelamente agli sbocchi di Grana e Parmigiano. Si perpetrano teorie generate da analisi scorrette che hanno l’unico effetto di affossare il primario, per tanto così, meglio pensare a un mondo completamente liberalizzato, dove per lo meno vince chi il mercato lo sa leggere per davvero».

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