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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia

Lo sviluppo della montagna è un’opportunità per tutto il Paese

Comolli: «Redditi da integrare in proporzione alle attività sociali fornite»

La ministra degli Affari Regionali Maria Stella Gelmini punta sulla montagna per quanto concerne lo stanziamento di fondi sia con leggi ordinarie, la famosa legge 97 del 1994, che con fondi specifici. Trenta milioni di euro pronti entro il 2021, circa 1 miliardo lo stanziamento successivo. Su questo tema, da due anni a questa parte, il piacentino Giampietro Comolli insieme e a capo di un gruppo di economisti, agronomi e geo-pedologi, sta elaborando un progetto-programma da inserire a buon titolo nel PNRR puntando sullo slogan “monti&colli italiani hanno un milione di posti di lavoro assicurati, reali, urgenti, già esistenti…cerchiamo chi vuole occuparsene e stimoliamo giovani famiglie”.

- Comolli, quali azioni concrete si aspetta?

Ok il Tavolo Montagna ministra Gelmini, ma tutti i territori vulnerabili nazionali hanno bisogno di un Pnrr strategico dedicato a famiglia residente, azienda agro-eco attiva, servizi pubblici e assistenza medica, reddito integrato per vivibilità e minimo benessere a fronte di un  servizio reso all’intera collettività a monte, a valle e nelle città. Occorre un tavolo prima fra tutti i ministeri coinvolti in sintonia con il Decreto Draghi sulla esecutività del Pnrr.

- Sembra una programmazione piuttosto complessa…

Certamente se il piano montagna è visto ancora attraverso il modello delle Comunità Montane, ovvero se tutto passa da tavoli decisionali politici e locali. Diverso se il PNRR-Montagna è nazionale, dotato di molti fondi veri,  spesi con controlli velocità e oculatezza e se gestiti direttamente dall’ente locale, ma la scelta di come spenderli deve venire dai residenti, lavoratori, agricoltori. Una inversione di tendenza. Se questa è la funzione del primo tavolo “pensatoio” ben venga. Ma il lavoro non finisce li, occorre di più. Non c’è bisogno di studi e tavoli faraonici. Un buono casa, lo sgravio ristrutturazione della vecchia casa colonica, un aiuto per creare un noccioleto, per alcuni anni sospensione di cartelle esattoriali o niente erario, agevolazioni start-up e imprese di scopo, richieste di nuove università... sono tutte iniziative lodevoli, buona politica anche, ma non è questo che serve alla montagna e… anche all’alta collina. Bisogna vedere, politicamente ed economicamente, la “montagna” come una impresa che è stata chiusa, ma che è una risorsa inestimabile oggi, alla luce anche del danno pandemico. La temporaneità di vita non serve alla montagna e agli alti colli.

- Cosa intende per alti colli?

Penso ad esempio, ai colli piacentini dai 350 ai 700 metri che sono una fucina e una fonte di prodotti Doc-Dop eccezionali che si rischia di perdere o annacquare o dover passare la mano ad altri. L’ allargamento dalla Montagna ai Colli è una constatazione della realtà dei fatti e dei luoghi: se non ci fossero seconde case, case vacanze, villeggiatura anche le “colline” sarebbero state abbandonate. Reggono le imprese agricole che sono diventate multifunzioni, ma sempre con coltivazioni, allevamenti di piccoli e animali diversi, agriturismi, mercatini di prodotti di origine agricola. Penso ad una azienda famigliare poliedrica che risieda fissa fuori dai centri urbani, anche piccoli comuni, e svolge una attività primaria agroalimentare, ma con i vari componenti dedicati anche a manutenzione, cura, gestione, spazi turistici, accessi, viabilità di interesse collettivo, anche molto specializzato come impianti energetici puliti, regimi idrogeologici verticali e orizzontali,  guida scuolabus, insegnamento, gestione farmacia e parafarmacia. Oggi qualunque laurea può servire ovunque grazie alle attività da remoto. Ma la presenza fisica in “monti&colli” è indispensabile. Il lavoro c’è, bisogna convincere e incentivare i lavoratori. Non è solo una questione di agricoltura eroica, ma di uomini e donne presenti, vitali, attivi. Da oltre 60 anni “monti&colli” italiani sono un paradosso offline:  migrazione, abbandono, chiusura imprese agricole e manifatturiere hanno creato vulnerabilità fragilità del territorio. Il PNRR deve coinvolgere tutta la spina dorsale nazionale che soffre, più ministeri, dalla transizione eco-ambiente digitale alla agri-ecocultura. E’ il 2/3 di tutto il territorio nazionale.

- Sintetizzi un messaggio per la Gelmini...

Bisogna partire dal settore primario, dalle aziende agricole e dalle famiglie perse… Multifunzione, integrazione operativa, poliutilità, servizi sono la base di una nuova società di montagna e collina in cui nasca una nuova “azienda agropolis” diversa dalla impresa di pianura specializzata.  I posti di lavoro già ci sono, occorre stimolare e dare garanzie certe e veloci a nuove figure di agricoltore-residente, più che prodotti e azioni di agricoltura circolare e resiliente. In Montagna conta di più la presenza dell’uomo-famiglia attiva-produttiva che le misure e i pilastri della PAC-UE che punta a ottimizzazione economica di grande impresa. La giovane famiglia-agricola in montagna può fare molto, ma solo se risiede tutto l’anno, ha una impresa propria di rischio e di adattamento al cambio climatico-produttivo,  ha servizi sociali e civili dall’asilo al pronto soccorso, ha una integrazione di reddito per le attività collettive svolte. Niente elemosina, niente presidio, niente sussistenza….ma un compenso diretto da impresa privata e una integrazione di reddito proporzionale alle attività sociali richieste e fornite.

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