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Mais alla diossina, Maloberti: «l’ennesima tegola che cade su un settore già a rischio»

Il commento del presidente del Consorzio piacentino “La Carne che Piace” dopo la notizia della scoperta di un carico di 26mila tonnellate mais dall’Ucraina sbarcato al porto di Ravenna

 «La vicenda del mais alla diossina destinato all'alimentazione degli animali è l’ennesima tegola che cade su un settore, quello della zootecnia, da sempre a rischio a causa di speculatori e di chi si comporta in modo scorretto. Le cause vanno ricercate soprattutto nella mancata tracciabilità e indicazione di origine delle materie prime che la UE dovrebbe imporre, ma che ancora così non è». E’ il commento di Paolo Maloberti, presidente del Consorzio piacentino “La Carne che Piace” dopo la notizia della scoperta di un carico di 26mila tonnellate mais dall’Ucraina sbarcato al porto di Ravenna. Un lotto è sfuggito ai controlli ed è finito ad alimentare bovini, pollame e maiali. Un crimine - i valori rilevati della diossina, tutti ben oltre i limiti di legge, rendono il mais cancerogeno - scoperto grazie ai laboratori dell’Ausl di Piacenza che Maloberti ringrazia «per l’attenzione e la professionalità nelle analisi».

Il Consorzio, ricorda il presidente, «fa dell’alimentazione, insieme al rispetto del benessere animale, uno dei suoi punti di forza. I bovini, nutriti in tutto il ciclo con almeno l'80% di alimenti prodotti in azienda, nei tre mesi antecedenti la macellazione vengono nutriti anche con semi di lino. Tale alimento favorisce la produzione di acidi grassi essenziali (Omega 3) che hanno effetti benefici sull’organismo umano soprattutto a livello di prevenzione di patologie cardiovascolari. Il Consorzio ha incaricato due veterinari di seguire attentamente la vita degli animali, con particolare attenzione la loro alimentazione. Ogni aspetto della nutrizione animale viene valutato al fine di garantire il consumatore sia per quanto riguarda il gusto e sia per la salubrità del prodotto».

Il Consorzio, nato a Piacenza il 15 maggio, è composto di 22 allevatori di bovini, suini ed equini e ha un proprio disciplinare che deve essere rispettato anche dalle macellerie e dai ristoranti che espongono il marchio.

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