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Giovedì, 28 Marzo 2024
Economia

«Manca un brand unico di territorio: il treno di Expo non si fermerà mai a Piacenza»

Amara previsione dell'economista piacentino Giampietro Comolli: Piacenza ha perso Calpurnia e quindi sembra perso ogni contatto con il fiume e la navigazione come strumento attrattivo turistico. Forse sono l’unico a pensare che la vendita possa essere una ripartenza

«Tutti parlano di Expo Milano. La parola magica per l’Italia è Expo2015. Tutti vogliono salire sul carro nella speranza di portare a casa qualcosa, di essere in prima fila, di captare il turista passante in Fiera e fuori Expo. Tutti lanciati su convegni, congressi, incontri, seminari, meeting a parlare di nutrizione e alimentazione, di terra e di suolo, di bio e biologico, di cibo natura e cibo spazzatura. Expo Milano è vetrina, è cultura, rappresentanza, diplomazia: cioè tutto quello che può contribuire a migliorare e far crescere il valore globale, anche Pil, del nostro Paese: bisognerebbe dare dimostrazione di efficienza e capacità. Eppure sul turismo continuiamo a fare autogol».
E’ questa l’opinione di Giampietro Comolli, l’economista piacentino esperto di Vino Distretti Produttivi alimenti e bevande, attualmente Creator and Advisor Event "UnPOxExPO" for ExpoMilano2015, OVSE.

Ma Piacenza – risponde ad una nostra domanda – come  insieme, o brand unico, di territorio  verso “expo” non esiste, e così il treno di “Expo” non si fermerà mai a Piacenza per un insieme di motivi. La presenza alle fiere all’estero è un ordinario e logico impegno delle imprese per creare contatti e occasioni di vendita, da incentivare quando la crisi dei consumi interni è strutturale. Nulla a che vedere con la valorizzazione del territorio, e ripeto del brand. Piacenza ha bisogno di un brand unico, non di prodotto, non di denominazione parziale: la Docg del vino serve se c’è già un brand forte, riconosciuto e con investimenti. Piacenza ha perso Calpurnia e quindi sembra perso ogni contatto con il fiume e la navigazione come strumento attrattivo turistico. Forse sono l’unico a pensare che la vendita possa essere una ripartenza, se una grande barca (troppo per l’attualità) fosse sostituita da alcuni barcè. Non è il turismo di navigazione che serve, ma il turismo di ambiente fluviale, di area umida, di abbinamento, di salire e scendere dall’argine, di portare le scuole a fiume, di fare formazione e istruzione ma non nelle aule chiuse. Sempre didattica e manualità insieme, altrimenti non ci fanno passi avanti. La mia iniziativa UnPoxExPO2015 è partita con i contatti all’estero nel 2010, ancora con i vecchi dirigenti di Expo. Non credo che sia possibile attivare un meccanismo di attrazione a 6-8 mesi dall’inaugurazione. Parlare ancora oggi di marketing territoriale indifferenziato, progetti marmellatosi, tutti dentro per non scontentare nessuno, non fanno bene al turismo.  

Ma il tuo dossier di eventi Expo considera Piacenza?
Certamente, ci mancherebbe. Piacenza ha il suo spazio, molto forte anche perché punta su cultura e civiltà dell’agroalimentare contaminato nei secoli per essere portato a tavola. Piacenza è un punto nevralgico fra dieta mediterranea e dieta continentale, forse un qualche cosa in più che andrebbe spiegata. Una antropologia di arte culinaria segnata da strade della memoria e di storia. Piacenza è ben presente in alcuni percorsi: uno parte da Stradella, stazione ferroviaria già attivata su ExpoRho, itinerario dei soli castelli della Bassa con sosta in città al Farnese. Una idea lombardo-emiliana che vedo piace anche in regione Lombardia; un secondo è con Lodi che lega la storia del latte e grano padano. Il terzo è un percorso di basiliche, conventi chiese, oratori, presbiteri lungo il Po che hanno insegnato a tutti a conservare il cibo. Piacenza non è solo francigena. Il pomodoro è solo una componente alimentare importante della dieta alimentare italiana-continentale. Ho poi in fase di proposta anche una estensione del pacchetto-percorso su Cremona con il legame fino alla conca di Isola Serafini fra castelli e città murata di Pizzighettone. 

Il viaggio in Italia è ancora in cima alla lista dei desideri dei viaggiatori mondiali?
Certamente, ma tra loro il sentimento della qualità della vacanza è sceso dal 28° al 57° posto. Secondo un altro rapporto, come marchio turistico siamo caduti dal 1° al 18° piano. Il Wordl Economic Forum fa presente che la gestione delle ricchezze culturali e paesaggistiche del BelPaese sono al 53° livello e per l’uso delle norme ambientali all’83° posto. Non si fa turismo globale, non si fa attrazione con uffici statici, costi fissi, deleghe a terzi. Bisogna metterci la faccia in prima persona: progetti e prodotti nominali leader, velocità, sicurezza, dinamicità, domande alla domanda, incontri quotidiani con la domanda. Queste sono le nuove regole. 

Sono Pienamente d’accordo con quanto recentemente affermato dal commissario Sala, l’ambasciatore Sgarbi, il governatore Maroni e il giornalista Stella: Expo non può azzerare tutti gli errori del passato visto che i vari enti nazionali – chi più chi meno – sono commissariati e inseriti nella spending review, ma le azioni attivate in questi ultimi 120 giorni sono fondamentali. UnPOxExPO ha scelto nel 2011 di essere #fuorisalone e di andare in primis incontro alle imprese e ai turisti stranieri puntando su incoming. Il turismo in Italia rappresenta il 10,5% del PIL con 2,6 milioni di addetti e potrebbe anche raddoppiare il giro d’affari grazie all’ampliamento di mete, luoghi, formule turistiche. “La miopia turistica ha fatto disastri, e si continua a farli senza essere in linea con la domanda del turista mondiale. Se bidonato il turista non ritorna. L’offerta turistica mondiale oggi è variegata e ampissima” denuncia Gian Antonio Stella dal Corrierone. Le imprese private vogliono farsi conoscere, vogliono mostrare i propri prodotti:  le imprese agroalimentari possono essere luoghi turistici, meglio se integrati da altre imprese recettive, culturali, ambientali. 

f1_0_unpoxexpo-verso-expo-2015-2La Regione Emilia Romagna ha fatto un bando intelligente: mette a disposizione di consorzi di imprese spazi nel padiglione Italia assegnato alle Regioni gratuiti per una o due settimane volendo presentare progetti. Mi piace sottolineare la parola “gratis” perchè in questo momento è un attrattivo motore di ricerca e di viatico! Diventa difficile per le singole imprese  sborsare 4/5000 euro ( più spese vive) per una esporre 90 giorni una etichetta di vino fra 1000 etichette presenti, diventa difficile prenotare “desk” temporanei.  Gli enti pubblici devono essere “attivatori” di occasioni e opportunità e lasciare che le imprese giochino le proprie carte con molta trasparenza. Plaudo alla nostra Regione, come pure alla Lombardia per le aperture concesse. Non è ancora chiaro dove sono andati a finire i 23,7 milioni di euro della delibera Cipe di dicembre per i 25 progetti “regionali”, uno in regione Emilia Romagna. Mentre è sicuro che l’antica costruzione rurale Cascina Triulza è già presente all’interno del Sito Espositivo a segnare il paesaggio nei dintorni di Milano che riportano la città alla sua origine contadina e agricola. 

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