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Economia

«Per ridare competitività agli allevamenti da latte è fondamentale la valorizzazione dei prodotti aziendali»

Un incontro all'azienda "La Stoppa" di Ancarano con Francesco Masoero e Tommaso Maggiore. Le esperienze dirette di alcuni imprenditori. Organizzazione della Ibis di Piacenza che produce film e teli trasparenti per coperture

Se si desidera usare il meno possibile di concentrato, occorre produrre in azienda foraggi della massima qualità, con una digeribilità molto elevata: essenziale dunque che vadano conservati bene. Per questo può essere utile la tecnologia che la rete per rotoballe “Red Star” prodotta dalla Ibis (ditta piacentina con sedi in Francia ed Inghilterra) garantisce dall’alto di oltre 50 anni di esperienza al servizio dell’imballaggio in agricoltura. La Ibis ha organizzato un incontro presso l’azienda vitivinicola “La Stoppa” sulla valorizzazione dei prodotti dell’azienda agricola, un tema oggi essenziale perché al centro delle dinamiche aziendali deve prevalere il discorso dell’economicità e della qualità, in considerazione dei costi sempre più elevati che gli allevatori devono affrontare per le vacche da latte, con ricavi sempre più esigui.

convegnolastoppa-2Dopo il saluto dell’ing.Merli in rappresentanza della Ibis, azienda che ha sempre perseguito efficienza e qualità, ha preso la parola il prof. Tommaso Maggiore ordinario di Agronomia presso l’Università di Milano che, citando uno studioso degli anni ’60, il prof. Draghetti, ha sostenuto che andrebbe reintrodotto in azienda tutto ciò (fosforo, azoto ecc) che è uscito con il prodotto finito. Un tempo- ha ricordato Maggiore- tutto era collegato, si usava molto letame e poco liquame. In azienda difficilmente si adoperava mangime, mentre oggi il 55 per cento giunge dall’esterno. La genetica e l’alimentazione hanno rivoluzionato la produzione. Ma i costi sono cresciuti a dismisura e non così i ricavi. Per questo è importante produrre molto bene gli elementi base dell’alimentazione ed in qualità, considerato che la tipologia modello anni Sessanta non esiste più.

“Bisogna- ha detto il prof. Francesco Masoero direttore dell’Istituto di Scienza degli alimenti e della Nutrizione della facoltà di Agraria di Piacenza- conservare il valore nutritivo; il 30-40 % delle trincee per conservare gli insilati sono costruite male e si perdono soldi. Oggi l’azienda è un vero e proprio sistema integrato; bisogna ottimizzare al massimo il reddito per cui è fondamentale conservare il valore nutritivo  dei foraggi aziendali con una perfetta conservazione valutando il rapporto tra sostanza secca e produzione del latte, puntando all’indipendenza dai mercati.

Le razioni- ha precisato Masoero- possono cambiare  in base alle strutture aziendali; la razione ottimale è quella che va bene a casa propria, quella del proprio sistema aziendale come insegnano gli esempi U.S.A. Per questo devo produrre foraggi di alta qualità per usare il minimo di concentrato, conservati bene e con una digeribilità molto elevata che determina alta qualità del latte, minimo rischio di turbe intestinali, minori problemi sanitari. Il modello Martensen prevede nella razione 11,2 Kg di foraggio. Dunque- ha ribadito Masoero- scegliete la coltura che meglio si adatta all’azienda e producetela bene. Anche la conservazione è essenziale: il nemico è l’ossigeno e quindi si deve puntare sulla massima anaerobicità”.

Giuliano Oldani di Unima e Eugenio Francesconi dell’omonima azienda di Cascina Vignazza hanno trattato delle loro esperienze pratiche, mentre l’ing. Marco Lucchini presidente di Agri Piacenza latte ha illustrato la storia e le caratteristiche del Consorzio che presiede. Le conclusioni sono state affidate a Leonardo Blancato amministratore unico della Ibis.

Gli insilati di mais costituiscono più dell’60% del foraggio e rappresentano un’importante fonte di energia nella razione per i bovini da latte e da carne nella Pianura Padana. Il silomais è conservato generalmente in sili orizzontali caratterizzati da superfici molto estese che devono essere difese dall’infiltrazione dell’aria. Infatti il problema più grave e più frequente che si riscontra è la degradazione ad opera di microrganismi aerobi che si innesca nel momento in cui si verifica la penetrazione di aria all’interno del silo. L’aria può penetrare nella massa quando il silo è ancora chiuso per la presenza di fori accidentali, per la permeabilità all’ossigeno del telo e per la non perfetta chiusura delle zone laterali, ma soprattutto durante la fase di consumo dal fronte di desilamento.

In queste condizioni alcuni gruppi di microrganismi, principalmente lieviti, batteri acetici e in fasi più avanzate i funghi filamentosi, iniziano a moltiplicarsi molto velocemente a carico delle sostanze più energetiche e nutritive del foraggio. Ciò determina ingenti perdite di prodotto insilato e del suo valore nutritivo che si ripercuotono sulle performance produttive degli animali. Nel caso in cui il deterioramento non venga contrastato in maniera efficace la degradazione dell’insilato può determinare la formazione di aree fortemente marcescenti, soprattutto nelle zone periferiche (capello). Se somministrate agli animali possono risultare tossiche per la presenza di cataboliti dello sviluppo microbico, fra cui amine biogene, micotossine ed endotossine.

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