rotate-mobile
Economia

«L’opinione pubblica non si forma più sui superati giornali cartacei condizionati dalle burocrazie, ma sui social network e giornali on line»

Gli abstract dal "Periti day 2016", L'avv. Corrado Sforza Fogliani: per effetto della globalizzazione, dominano in tutto il mondo le elites burocratiche e, con esse, il pensiero unico internazionale

Come abbiamo accennato nel precedente articolo di cronaca, il simposio “Periti day” organizzato da Carlo Mistraletti a Palazzo Galli – Banca di Piacenza, ha unito il ricordo del medico piacentino Pier Francesco Periti, scomparso il 26 dicembre 1998, alla trattazione di  temi multidisciplinari che caratterizzano la complessità della nostra società. Grazie alla cortese collaborazione dei relatori  pubblichiamo qui gli abstract delle relazioni trattate nel corso del simposio di studi, iniziando dall’intervento dell’avv. Corrado Sforza Fogliani sul tema della proprietà come diritto naturale insopprimibile, presidio della libertà di determinazione dei singoli.

L’avvocato ha innanzitutto ricordato che la nozione di proprietà privata si è formata in Grecia e a Roma e si è poi sviluppata nel tardo Medioevo con l’espansione dei commerci e il sorgere delle città. Nel XVII e XVIII secolo, il termine ha acquisito un significato ancor più onnicomprensivo nel pensiero occidentale, fino a includere tutto ciò che è possibile rivendicare come proprio, a cominciare dalla vita e dalla libertà. L’intero patrimonio concettuale moderno in materia di diritti umani ha origine in questa definizione estensiva del concetto di proprietà.

L’avvocato Sforza Fogliani ha richiamato la nota affermazione di Friedrich A. von Hayek, secondo cui “chi detiene tutti i mezzi stabilisce tutti i fini”, mettendo così in particolare rilievo il nesso fra proprietà privata e libertà individuale. “Il giorno in cui – ha detto il relatore – abbandoneremo la difesa della proprietà, avremo rinunziato a vivere da uomini liberi”. Al proposito, Sforza è riandato ad un “cinguettio” ispirato ad un aforisma di Leo Longanesi (“Non è la libertà che manca oggi, mancano gli uomini liberi”) per sottolineare che vieppiù l’odierna società sembra condizionata da uno stato d’animo caratterizzato da “servitù volontaria” (per dirla con Etienne de La Boétie): il settore pubblico ha tanto dilatato la propria influenza da ipotecare il futuro di molte famiglie, della gran parte dei giovani, e questo anche distruggendo con il suo iperfiscalismo l’imprenditoria privata, ridotta in gran parte anch’essa a ricercare i sussidi pubblici piuttosto che la libertà d’intraprendere; spesse volte spinta addirittura dalle sue rappresentanze, asservite alla politica ed agli enti suoi derivati perché ricattate dalla stessa politica e, spesse volte, perché i burocrati di quelle rappresentanze cercano anzitutto di difendere se stessi piuttosto che i loro rappresentati e perché essi stessi cercano  di ottenere prebende (o indennità varie) dalla rete parapubblica, sì che anche le cariche in associazioni di categoria sono considerate lo sgabello per ottenere qualche beneficio diretto.

 “Ma lo stato cinquecentesco – ha proseguito Sforza – non ce la fa più, non regge più, a causa dei tanti  compiti di cui si è gravato come fine al clientelismo ed al potere della politica: sì che non c’è più, non risponde più, per i compiti da sempre ad esso assegnati (sicurezza, giustizia e così via), fino ad essere interpretato – non del tutto difformemente dal vero – come un soggetto giuridico che si fa vivo solo per chiedere imposte e tasse”. La storia del fiscalismo mondiale – ha detto ancora l’Avvocato – mostra che i moti innovatori sono sempre scoppiati a causa dell’iperfiscalità e della mala burocrazia (che si autoalimenta nel migliore dei casi per autogiustificarsi, così complicando la vita ai cittadini, e in molti casi perché da sempre espansione del pubblico significa automaticamente espansione della corruzione, per i fatti stessi che caratterizzano i meccanismi pubblici), anche se poi questi moti vengono agiograficamente spesi come moti di eguaglianza e così via.

Sforza ha quindi evidenziato che è finita la democrazia illuminista, che viviamo oggi un periodo che può essere definito di postdemocrazia: per effetto della globalizzazione, dominano in tutto il mondo le elites burocratiche e, con esse, il pensiero unico internazionale, gli esecutivi prevalgono ovunque (e comandano) sui parlamenti, perfino nella più grande democrazia mondiale – quella statunitense – democrazia fa rima con dinastia (quella dei Clinton, quella dei Bush, quella dei Kennedy). Le elites se ne sono accorte e cercano di soffocare gli innovatori ricorrendo all’ultima possibilità che rimane loro, quella di dileggiare l’avversario, di soffocarlo così. Queste elites hanno a che fare, però, con un’opinione pubblica che non si forma più sui superati giornali cartacei condizionati da quelle stesse burocrazie, ma sui social network e giornali on line, essendo Internet un grande strumento di libertà individuale, di circolazione delle idee.

Si devono a questi nuovi mezzi certi fenomeni “rivoluzionari”, e finora inediti, come quello di Trump, per il quale non è necessario chiedersi cosa farà: farà tutto il contrario di quello che gli hanno fatto dire gli uomini del pensiero unico internazionale e gli strumenti pubblici di informazione. Ancora una volta – ha concluso l’avvocato – occorre ricorrere ad una rinnovata proprietà per costruire il futuro: che sarà caratterizzato da uno stato ridotto (come già avvenuto in altre epoche, caratterizzate dal pluralismo degli ordinamenti giuridici) e dalla coesistenza di comunità volontarie rette da contratti di diritto privato (negli Usa, già più di 70 milioni di persone – l’intera Italia – vivono con tale sistema liberale di condursi).

In Evidenza

Potrebbe interessarti

«L’opinione pubblica non si forma più sui superati giornali cartacei condizionati dalle burocrazie, ma sui social network e giornali on line»

IlPiacenza è in caricamento