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Pomodoro da industria: difficile la strada verso l'accordo  

Lambertini, presidente della Sezione di prodotto Pomodoro da Industria di Confagricoltura Emilia-Romagna: «Il problema è il prezzo di riferimento proposto di 75 euro a tonnellata. Non può costituire la base per una trattativa perché è offensivo per i produttori agricoli e per la loro professionalità»

Il tavolo per la contrattazione del pomodoro da Industria del Nord, tra Industrie di trasformazione e organizzazioni di produttori, stenta a trovare un accordo. Confagricoltura Piacenza esprime profonda perplessità su come si stanno conducendo le trattative e sorpresa sulle proposte oggi in campo da parte industriale.  «Il problema sostanziale è il prezzo di riferimento proposto –– sottolinea il presidente della Sezione di prodotto Pomodoro da Industria di Confagricoltura Emilia-Romagna, il piacentino, Giovanni Lambertini – di 75 euro a tonnellata. Non può costituire la base per una trattativa perché è offensivo per i produttori agricoli e per la loro professionalità. L'offerta, così, va rigettata in toto e non si può neppure iniziare a parlare di parametri qualitativi che per giunta sarebbero ulteriormente penalizzanti».

«La proposta sulla quale si sta ragionando parte da un prezzo di riferimento che non è accoglibile perché ben al di sotto dei costi produttivi diretti – rimarca Enrico Chiesa, presidente di Confagricoltura Piacenza - inoltre, il complesso sistema delle tabelle penalizza difetti qualitativi minori ampliando ulteriormente il margine di aleatorietà».

Il prezzo di riferimento dell’accordo per la precedente campagna era 92 euro a tonnellata. «Se consideriamo che l'indice medio di pagamento – sottolinea Chiesa - negli ultimi anni, è stato del 90%, una quotazione insoddisfacente ci porrebbe da subito in affanno».

L'associazione degli imprenditori agricoli rilancia l'appello dei giorni scorsi ad una maggiore responsabilità di tutte le parti della filiera. «Dobbiamo perseguire l’obiettivo comune – sottolinea Lambertini – di favorire il dialogo all’interno dell'intera filiera al fine di governare domanda e offerta, e in questo le OP devono fare molto di più, limitando un’offerta che se lasciata a sé stessa comprometterà la redditività dell'intero comparto, a partire da quella agricola». 

«Questo – conclude Chiesa – è anche il momento in cui si deve ponderare e programmare in sinergia con il sistema. Per questo, rivolgo un invito alle Op per una significativa riduzione delle superfici programmate e per la sospensione, almeno per una settimana, della produzione di piantine in serra. Lo ritengo opportuno, essendo il ruolo delle Op quello di gestire l'offerta. Del resto, con queste prospettive, gli agricoltori non saranno certo tentati di eccedere nell'opzionare superfici a pomodoro, considerando gli elevati e inderogabili costi di produzione a cui sono anticipatamente esposti».

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