«Prima la carne sintetica, ora le tarme. Per Bruxelles la zootecnia italiana è un nemico»
L’intervento di Giampaolo Maloberti (“La Carne che Piace”): «La transizione verde si fa sostituendo gli insetti alla carne, quale fonte proteica alternativa? Non condividiamo»
«Abbiamo ampiamente oltrepassato il limite. Prima la carne sintetica, adesso gli insetti. Le tarme, da qualche giorno, sono per Bruxelles una fonte di proteina a basso impatto ambientale, che può contribuire a sostenere la transizione “verde” della produzione alimentare dell’Unione europea.
I nostri dubbi sono ormai certezze. Per Bruxelles la zootecnia italiana è un nemico, anzi il nemico da combattere con qualsiasi mezzo. Prima la carne sintetica, poi il Nutriscore, un sistema fuorviante che penalizza prodotti che sono alla base della dieta mediterranea a vantaggio di bibite gassate e cibi di dubbia provenienza. Per non parlare dei continui e scriteriati attacchi agli allevamenti considerati fonte di inquinamento ambientale e principale causa del cambiamento climatico. Adesso gli insetti quale fonte proteica alternativa alla carne. In questo si concretizza la strategia Farm to fork per la Transizione “verde”. I tecnoburocrati europei non perdono un colpo quando si tratta di autorizzare la commercializzazione di cibi che non appartengono alla nostre tradizioni, alla nostra cultura enogastronomica. Dove sta l’evidenza scientifica che permette di individuare gli insetti come una fonte proteica alternativa, penalizzando invece la zootecnia, trattata come causa di tutti i mali?
Piacenza è l’unica provincia che può vantare tre Dop, tre eccellenze come coppa, pancetta e salame, tre simboli dell’agroalimentare che fanno grande il Made in Italy nel mondo. Per primi nel 2018, all’ inizio dell’iter per l’ introduzione di farine derivanti dalla lavorazione di insetti, scarafaggi, pipistrelli avevamo fatto presente della loro pericolosità a livello di sicurezza alimentare. Prodotti al di fuori di ogni possibile controllo di filiera produttiva e di trasformazione. Il Covid dovrebbe aver insegnato qualcosa. A maggior ragione i dubbi sanitari e statistici devono far riflettere sull utilizzo di materie prime per la preparazione degli alimenti. Non si può derogare da un elevatissimo standard di sicurezza alimentare. Serve ancora maggiore attenzione a livello di etichettatura onde evitare la possibile mancanza di chiarezza su metodi produttivi, origine e tracciabilità.
A Piacenza l’allevamento è da sempre alla base di filiere agroalimentari di assoluta eccellenza a livello di gusto e di sicurezza alimentare. Non possiamo accettare che il lavoro di generazioni venga continuamente messo in discussione dalle scelte di burocrati lontani anni luce dalla realtà. E’ doveroso opporsi con forza ai disegni meschini che vogliono mettere in ginocchio le tradizioni, i costumi e le ricchezze del Made in Italy che oltre a compromettere la sicurezza dei consumatori potrebbero innescare anche ripercussioni di tipo ambientale. Il disincentivo degli allevamenti porterebbe anche ad un ulteriore abbandono delle colline e delle montagne. Gli allevamenti vacca-vitello prevedono la permanenza dei vitelli accanto alla madre per il periodo della lattazione. La loro frequentazione dei pascoli oltre a permettere la sopravvivenza delle piccole comunità che vivono ad alta quota è un deterrente all’avanzamento della superfice boschiva e di conseguenza al dissesto idrogeologico.
I produttori e i consumatori devono essere messi al centro del progetto europeo tutelando il loro lavoro, la loro salute e la loro sicurezza. Agevolare lo sviluppo economico in un sistema che tutela chi con la propria attività genera indotto e di conseguenza lavoro nel rispetto della vera tutela ambientale ed alimentare. Tre quarti del nostro Paese è coltivabile. Chi più dell’agricoltore e dell’allevatore può avere una visione “green" del futuro, salvaguardando ambiente e sicurezza alimentare? Nessuno, se non noi».
Giampaolo Maloberti, presidente del Consorzio “La Carne che Piace”