rotate-mobile
Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia Monticelli d'Ongina / Via Roma

«Produttori di aglio difendete la vostra eccellenza dalle imitazioni»

Agricoltura, intervista a Francesco Rastelli, presidente del Consorzio di Valorizzazione e promozione dell'Aglio Bianco Piacentino, che fa il punto sull'annata appena conclusa ed esamina le problematiche del settore

Dopo il successo della Fiera dell’aglio di Monticelli, Francesco Rastelli, presidente del Consorzio di Valorizzazione e promozione dell’Aglio Bianco Piacentino, fa il punto sull’annata appena conclusa ed esamina le problematiche del settore, dove emerge che non sono tutte rose e fiori. Successo di pubblico, grande spolvero di autorità per l’inaugurazione, il nome di Monticelli d’Ongina ancora una volta al centro dell’attenzione come capitale “morale” dell’aglio di qualità. Ma dietro tutto questo c’è, come sempre, il lavoro indefesso e prezioso di molti agricoltori che hanno continuato a credere in questa coltivazione, anche dopo che, alcuni anni fa, ha rischiato di scomparire sotto i contraccolpi dell’importazione “selvaggia” di quello cinese. 

Oggi coltivarlo è tornato remunerativo. L’annata è stata ampiamente positiva, la qualità ottima, la produzione limitata; il mercato è stazionario, ma visto che in Europa (Spagna e Francia) ed in altre località italiane, il prodotto non è andato così bene, in considerazione della fama di cui l’aglio bianco piacentino (varietà Ottolini e Serena) gode nel mondo, è probabile che il mercato possa confermare le positive performance degli ultimi anni. Tutto bene dunque? In realtà no, perché per l’aglio piacentino sussistono diversi problemi e l’assurdo sta nel fatto che questi sono più di ordine burocratico che di carattere agronomico, come ben chiarisce Francesco Rastelli, giovane agricoltore che presiede il Consorzio di Valorizzazione e promozione dell’Aglio Bianco Piacentino che comprende una ventina di giovani produttori; è inoltre vicepresidente della Copap di Monticelli d’Ongina, aderente a Confcooperative Piacenza, impresa collettiva che, da 36 anni, grazie alla costanza, dedizione e professionalità dei propri soci, è il punto di riferimento “storico” dell’aglio bianco piacentino per le varietà “Ottolini” e “Serena. E’ altresì il responsabile nazionale per il settore aglio di Confcooperative, un’autorità in materia dunque nonostante la giovane età.

«Anzitutto - precisa - il riconoscimento IGP (indicazione geografica protetta) è ancora, dopo anni, ancora in alto mare; tutto tace da Bruxelles e, ancora peggio, anche da Roma; da mesi ci siamo attivati al Ministero per avere precise risposte sull’iter. Ancora una volta - chiarisce Rastelli - la burocrazia sembra vanificare gli sforzi per garantire il riconoscimento di un prodotto di qualità certificata uno sforzo compiuto sulla scia e sull’impulso che ci ha sempre dato Copap. L’annata è andata bene ma, il resto - commenta - ci lascia ancora l’amaro in bocca. Non si è conclusa nemmeno la querelle con l’altro consorzio, l’A.Bi.Pi (costituito da circa due anni) che ha accusato di regime di monopolio la Copap; si tratta - ribadisce Rastelli - di addebiti pretestuosi e del tutto privi di fondamento, che tendono a disconoscere il ruolo ed il lavoro svolto da Copap per la selezione dell’aglio bianco piacentino con cospicui investimenti a carico della nostra base sociale, un lavoro che va a vantaggio di tutta la filiera».

«Bisogna riconoscere – prosegue Rastelli -  il lavoro svolto dai produttori della Cooperativa Produttori Aglio Piacentino (Co.P.A.P), nata nel 1976, perché hanno continuato a credere, anche nei momenti difficili,  in questa eccellenza del nostro territorio, proprio negli anni in cui produrre significava lavorare in perdita per gli elevati costi ed i prezzi bassi di mercato, soprattutto a causa di importazioni non controllate di aglio da altri paesi, soprattutto la Cina. Senza la loro tenacia – ricorda Rastelli -  oggi nessuno avrebbe ancora il “Bianco Piacentino” e, di conseguenza, anche la possibilità di ottenere un marchio cosi importante e prestigioso che tutela l’origine e la qualità di un prodotto del nostro territorio».

«Per questo penso che i produttori dovrebbero fare tutti quadrato per difendere la loro eccellenza, valorizzarla e difenderla, sia dalla concorrenza spesso sleale, come dalle imitazioni. L’aglio da seme – ricorda dunque Rastelli - è stato messo a disposizione di tutti gli agricoltori che intendono coltivarlo nell’area prevista dall’IGP ed alle medesime condizioni applicate ai soci della cooperative Copap che ha cercato di agevolare tutti i produttori (non certo i confezionatori ed i commercianti), anche non soci, grazie ad un regolamento di distribuzione del seme certificato che dà uguali diritti ai produttori in termini quantitativi, ad un prezzo più che equo e sempre nell’ottica del dialogo, perché il Consorzio è aperto a tutti coloro che vogliono difendere la qualità e la storicità della produzione di aglio bianco piacentino, con quelle varietà che sono riconosciute come le migliori al mondo, tipiche del nostro territorio».

«Per di più - rincara la dose Rastelli - l’aglio bianco piacentino, oggi è identificato nelle due varietà, Ottolini (l’ex direttore del Consorzio fitosantario che lo ha selezionato) e  Serena; la prima è stata iscritta nel registro Ensi (ente sementi elette) nel 1982 e la Serena nel ’94, varietà virus esenti, con elevatissima contenuto di allucina, che si conservano per un anno, una qualità tanto elevata e con una sanità naturale che hanno consentito al nostro aglio di essere esportato negli Usa via nave, per anni. Ultimamente - chiarisce- è stata annunciata con “clangor di buccine” sulla stampa quella che dovrebbe essere una nuova varietà piacentina, denominata “Pallavicino”. Si tratta in realtà - spiega Rastelli - di una varietà non ancora definita tale, perché iscritta nel registro B dell’Ensi e deve avere ancora ad un anno di sperimentazione, prima di essere definita tale. Si tratta di una varietà di aglio generico e non del territorio piacentino, come di fatto se ne può trovare in tutta Europa. Questo è bene chiarirlo perché l’ecotipo (ovvero l’originale) è, con ogni probabilità, scomparso.  Le due varietà, Ottolini e Serena, hanno invece già anni di selezione e qualità e non temono confronti. Il mercato questo lo riconosce. Siamo una piccola realtà; 60 ettari “storici” che hanno riportato il nome dell’aglio piacentino nel mondo. Di questo siamo fieri e lo sosterremo sempre con il nostro lavoro».

In Evidenza

Potrebbe interessarti

«Produttori di aglio difendete la vostra eccellenza dalle imitazioni»

IlPiacenza è in caricamento