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Reintrodotti gli indennizzi per le attività commerciali in crisi. Chiappa: «Risultato importante ma prestiamo attenzione»

«Questa misura  - interviene Raffaele Chiappa, presidente di Unione Commercianti Piacenza - non solo colma un vuoto che durava ormai da oltre due anni ma consentirà a tanti operatori del settore costretti a chiudere anticipatamente la loro attività di poter contare su uno strumento concreto»

Con l’approvazione della Legge di Bilancio 2019 è prevista la reintroduzione strutturale degli indennizzi per le attività commerciali in crisi. «Questa misura  - interviene Raffaele Chiappa, presidente di Unione Commercianti Piacenza - non solo colma un vuoto che durava ormai da oltre due anni ma consentirà a tanti operatori del settore costretti a chiudere anticipatamente la loro attività di poter contare su uno strumento concreto, in grado di accompagnarli alla pensione secondo i medesimi criteri e requisiti previsti dal decreto legislativo 28 marzo 1996, numero 207 (almeno 5 anni di iscrizione alla Gestione Commercianti Inps al momento della cessazione dell'attività commerciale, 62 anni di età per gli uomini e 57 anni per le donne). Un importante risultato che ripristina, di fatto, l'unica forma di sostegno economico per migliaia di lavoratori autonomi - titolari o coadiutori di attività commerciale al minuto in sede fissa, anche abbinata ad attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande; titolari o coadiutori di attività commerciale su aree pubbliche; esercenti attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande; agenti e rappresentanti di commercio - che ne hanno peraltro sempre sostenuto il costo, attraverso la specifica contribuzione a carico di tutta la categoria, senza quindi gravare in alcun modo sulla finanza pubblica».

Questo risultato nasconde però due particolari rischi a cui bisogna prestare attenzione: la reintroduzione delle clausole di salvaguardia dell’Iva ed il possibile aumento della pressione fiscale. «Gli interventi sulle attività commerciali in crisi sono sì estremamente positivi ma sono misure di chiusura temporanee e non strumentali per la ripresa del commercio. Infatti nei prossimi tre anni si potrebbe avere un aumento della pressione fiscale a partire dalle imposte locali come Imu, Tasi, Irap e addizionali. Altresì la reintroduzione delle clausole di salvaguardia dell’Iva è una minaccia incombente che continuerà a pesare sulla scelta degli investimenti futuri. Nel caso in cui dovessero attivarsi infatti potrebbero portare ad un vero e proprio salasso per i consumi», conclude Chiappa.

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