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Sabato, 30 Settembre 2023
Economia

«Più welfare e recupero del Santa Chiara. Al mio fianco una squadra di esperti»

Il neo presidente della Fondazione, chiamato a gestire 370 milioni di euro: «Per i piacentini è una realtà un po’ polverosa, un club privato. La renderemo più “sexy”. Nel Cda chiamerò esperti di finanza, welfare, cultura, imprenditori e darò attenzione anche allo sport. Più monitoraggio sulle erogazioni»

«Mi è piaciuta l’idea di mettermi al servizio della comunità in questo ruolo. Fare il presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano è un modo per dare un contributo, senza essere in trincea tutti i giorni come fare il sindaco». Roberto Reggi è il nuovo presidente dell’ente di via Sant’Eufemia. Con lui, oltre al programma che aveva già presentato nelle scorse settimane, abbiamo provato a tracciare il presente e il futuro (con uno sguardo anche al passato) della “cassaforte dei piacentini”.

                   

  • Un politico alla Fondazione. Qualcuno ha storto il naso…

Ho fatto politica, ma non mi sento un politico di professione. Nel senso che sono un ingegnere, ho il mio lavoro, ma penso che chi ha fatto politica abbia accumulato più esperienza e relazioni rispetto ad altri, certi meccanismi li conosce meglio. Chi fa onestamente e con passione l’attività politica e amministrativa svolge un servizio preziosissimo alla comunità. Ad un certo punto l’unico rilievo critico nei confronti della mia candidatura era proprio questo: perché ho fatto il politico. Beh, sono orgoglioso d’averlo fatto. Anzi, spero di dimostrare con i fatti che la “politica” farà meglio, è uno stimolo in più.

  • Il nuovo Consiglio d’amministrazione da chi sarà formato?

Potrò nominare da 6 a 8 collaboratori nel Cda. Voglio competenze: nel Consiglio generale ci sono già ottimi medici, avvocafondazioneti, ingegneri, giornalisti. Mancano figure specialistiche nella gestione del portafogli finanziario, imprenditori ed esperti di cultura. Andrò a pescare da questi tre mondi e dal welfare. Mi spingo a dire che anche lo sport avrà un’attenzione particolare. La Fondazione se ne è sempre occupata poco, invece è importante il “diritto alla mobilità”.

  • Il percorso verso la sua elezione è stato infinito e non molto “pubblico”. Ha senso un’elezione così? Ritoccherà lo Statuto?

Davvero, un iter lunghissimo. Lo statuto è poco chiaro. D’incanto bisogna spuntare fuori e avere i voti in tasca per essere eletto presidente. Non ci sono passaggi, non c’è una campagna elettorale vera e propria. Infatti in passato le realtà più importanti della città si mettevano attorno ad un tavolo e discutevano il da farsi. Sicuramente proporrò di rivedere lo statuto, per rendere i passaggi più alla luce del sole.

  • Reggi, ma lei è un presidente di rottura rispetto al passato?

Ho sentito sempre parlare di continuità in questa lunga fase di dibattito. Invece io propongo discontinuità. Voglio persone nuove infatti nel Cda, il Covid ha cambiato le cose e servono soluzioni e risposte nuove. E il welfare conterà più della cultura, così come la ricerca e lo sviluppo saranno importanti, come il sostegno alle start up meritevoli.

  • Ma 4-5 milioni di euro all’anno impegnati sul territorio sono tanti o pochi?

Sono pochi, se pensiamo che il comune capoluogo ha un bilancio che supera i 100 milioni. Ma possono diventare tanti se i progetti finanziati diventano un moltiplicatore per altre attività. Se una singola voce di spesa aiuta più realtà e più settori…è meglio.

  • Le erogazioni a pioggia finiscono sempre nel mirino di qualche critico. A quello sì, a me “no”…

Sicuramente una quota, ogni anno, sarà sempre destinata a supportare quelle associazioni di volontariato che costituiscono un po’ il tessuto sociale della comunità. Le dobbiamo sostenere, ma i fondi complessivi per le piccole erogazioni non devono essere esagerati, ci deve essere una soglia. La nostra, di soglia, è già sotto la media, ma si può fare meglio nel monitoraggio dei fondi elargiti, accompagnando l’attività delle associazioni. 

  • In che modo?

Ad esempio la Fondazione fino ad oggi risponde soltanto a coloro che vengono premiati e mai ai progetti bocciati. Invece voglio poter dire a una realtà: “guarda, non possiamo accogliere la tua proposta, ma se correggi il tiro in questo modo, la prossima volta otterrai il nostro sostegno”. È un’attività in più da svolgere.

  • La stragrande parte dei piacentini non conosce la Fondazione…

È un tema che dovremo affrontare. Il piacentino medio la considera un po’ polverosa, da addetti ai lavori. La maggioranza ha questa sensazione. Certo, chi ha ricevuto un beneficio, rimane contento. Ma l’immagine da “club privato” rimane. Diversi, in questi giorni, congratulandosi per l’incarico, mi hanno chiesto di cosa si occupa. C’è chi pensa che faccia solo beneficienza, chi ha l’idea che investa solo nella cultura. Eppure fa un lavoro troppo importante, conosciuto da pochi. Insomma, vogliamo “rendere più sexy” la Fondazione.

  • …che ha vissuto un periodo difficile quando qualche anno fa perse patrimonio e investimenti.

Era un periodo storico in cui era facile perdere patrimonio. In tutto il mondo si sono verificati problemi finanziari con i derivati. La nostra Fondazione ha aperto dei derivati che hanno reso bene per un po’, poi non abbiamo capito che “era ora di scappare”. Non lo abbiamo fatto in tempo. Abbiamo ancora in corso un contenzioso con Jp Morgan, ci sono 17 milioni di euro dei 370 della Fondazione - non una voce di poco conto - bloccati e messi da parte perché tutti pensano che questa vicenda finirà male. La regola d’oro del presidente è difendere questo patrimonio, che ci è stato lasciato in eredità. L’obiettivo perciò è di gestire questi 370 milioni di euro ma al tempo stesso ritrovarsi ogni anno con un 4% di guadagni. Perché se facciamo il 2% non riusciamo ad agire come vorremmo. E ora non è semplice, un po’ di rischio negli investimenti è necessario. Ma al tempo stesso se si esagera, si rischia di perdere un patrimonio collettivo. Serve un buon compromesso. Perciò dico che a quei tempi si corse un rischio. Non penso che furono “operazioni banditesche”. Tanto che il Consiglio generale bocciò l’azione di responsabilità verso i protagonisti dell’epoca: non ritennero che ci fosse dolo. Io mi attengo a quella considerazione.

  • Una priorità del suo mandato?

Il recupero dell’ex convento di Santa Chiara, di nostra proprietà, che cade a pezzi. Sono andato a vedere nelle scorse ore di persona. Abbiamo 17mila metri quadrati tra Stradone Farnese e Vicolo Edilizia che sono diventati una “savana”. Ci vogliono almeno 15 milioni di euro per creare qui spazi per il sociale, per il volontariato, per gli studenti: insomma, un mix di funzioni. Sarà necessario l’intervento di altri soggetti pubblici, come Cassa Deposito e Prestiti.

  • Recupero di edifici e aree dismesse e in degrado da tempo: il lavoro non manca in città.

Divenni direttore del Demanio nel 2014, ormai 7 anni fa. Abbiamo avuto tre grandi esempi di recupero: la chiesa di Sant’Agostino, quella di San Lorenzo e ora il Laboratorio Pontieri che diventa un campus scolastico. Inoltre prosegue la partita dell’ex ospedale militare, dove ci vorranno una ventina di milioni di euro, ma “ora o mai più”, è il momento giusto per farcela. Sicuramente dico che appartamenti non servono più in città. Commerciale basta in periferia, ma non vedo così male un suo sviluppo in centro storico. Ma sicuramente dobbiamo guardare di più a un recupero focalizzato sulle funzioni sanitarie e universitarie. Ma l’impegno per restituire spazi persi alla città deve proseguire.

  • Sul fronte culturale l’idea è sempre quella di organizzare un grande evento all’anno di richiamo?

Alcune cose sono irrinunciabili, vengono suggerite dalle ricorrenze. Il prossimo anno, ad esempio, sono i 900 anni della cattedrale di Piacenza e di Castellarquato, eventi che assorbiranno tante risorse. Ma dovremo essere equilibrati. Non ci sono solo i grandi eventi. Comunque il richiamo turistico ci deve essere. Purtroppo non abbiamo mai sfondato come città. Eppure non avremmo nulla da invidiare ad altre realtà che sono diventare più turistiche di noi. Evidentemente c’è qualcosa da migliorare con la promozione del territorio, lo dico da sindaco che non c’è riuscito. Il Festival del Diritto qualcosa aveva portato, ma non a sufficienza. Il Guercino ha smosso gli appassionati dell’arte. Mi piacerebbe tantissimo lavorare un po’ sul cinema, avendo Marco Bellocchio. Il sogno rimane quello della moda, anche se non ci siamo mai riusciti… (a promuovere il legame con il piacentino Giorgio Armani, nda). Così come c’è sempre il tema della piacentinità di Giuseppe Verdi. Un’altra cosa che ho sempre sostenuto: tenersi ben stretto il maestro Riccardo Muti.

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