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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Economia

Satelliti e droni che salvano l’ambiente e fanno aumentare la produzione

Agricoltura di precisione, alla Fondazione il professore Frazzi (Cattolica) ha spiegato come far rendere i terreni con interventi mirati al momento giusto

Il terreno è un po’ come il corpo umano. Per farlo rendere al meglio si deve sapere in che condizioni è, di quanto cibo ha bisogno, quando ne deve assumere di più o di meno, in che periodo e per quanto tempo. E lo stesso vale per le medicine, se è ammalato: se ho un raffreddore è inutile che faccia una Tac, basta un’aspirina; se mi rompo una gamba, non devo ingessare tutto il corpo. E qui, viene in aiuto la tecnologia che dosa i rimedi dove e quando servono, con le quantità opportune.

Un nuovo modello di agricoltura che riduca l’impatto ambientale e consenta una produzione sempre alta e anche di qualità - questa è la sfida dei prossimi anni, quando nel 2020 la popolazione mondiale toccherà i 9 miliardi e ci sarà bisogno di sfamarla tutta - viene dato dalla Precision agriculture, illustrata ieri, in Fondazione, dal professore Ermes Frazzi, docente alla Cattolica e da Massimo Vincini, responsabile operativo del Crast della stessa università (Centro ricerca geospaziale e telerilevamento) operativo da 15 anni. Per ottimizzare al meglio il lavoro ecco che viene in aiuto la tecnologia, quella che grazie ai satelliti mappa i terreni, scopre quali sono i loro punti deboli e con mezzi agricoli di nuova generazione (con tanto di Gps e in grado di leggere mappe elettroniche) permette di dosare l’acqua necessaria per irrigare, i fitofarmaci migliori, i concimi più adatti, fino agli interventi sulle viti, scoprendo quali aree producono un’uva migliore e quali no. Insomma, la tecnologia al servizio dell’agricoltura non è una novità, ma lo sguardo dall’alto grazie all’informatica e ai satelliti, ma anche a piccoli droni come gli elicotteri radiocomandati, sì. “L’agricoltura - ha affermato Frazzi - deve aumentare la produttività senza intaccare le risorse strategiche del pianeta. La foresta amazzonica perde ogni anno due milioni di ettari, perché viene coltivata la soia e il mais con cui si allevano gli animali. Popolazione che prima magiavano cereali o riso, ora mangiano carne. Con l’agricoltura di precisione avremo  una rivoluzione culturale più che tecnologica”.

“A Piacenza - ha spiegato Vincini - c’è un problema di decrescita delle sostanze organiche nei terreni. Cioè circa il 2 per cento della fertilità non è garantita”. Analitico l’intervento di Frazzi. “Bisogna combattere ignoranza e miseria, in Africa ad esempio. L’agricoltura di precisione può venire in soccorso. Non solo degli africani, ma anche di noi europei, perché c’è ancora scetticismo. Abbiamo trasformato il territorio per le nostre esigenze e non per quelle dell’ecosistema agrario”. I nostri territori sono cambiati. Le vecchie foto degli Anni 50 mostravano una Pianura padana con tanti alberi, siepi, vegetazione: oggi ci sono distese sterminate di terreno che hanno cambiato l’ecosistema. “Dobbiamo - ha continuato Frazzi - tornare a sistemi ecocompatibili basati sulla biodiversità e sulla despecializzazione produttiva. E’ l’agricoltura che deve adattarsi al terreno e non il contrario”. Con il rateo variabile si risparmieranno tante risorse oggi messe a dura prova. L’acqua, ad esempio: leggendo, con il telerilevamento, la geodiversità di un terreno, si conosceranno i punti dove la terra trattiene più acqua e dove invece c’è maggior dispersione. Tra breve, l’Agenzia spaziale europea renderà gratuite le mappe dei satelliti e gli agricoltori potranno vedere lo stato del loro terreno. Usando un piccolo elicottero radiocomandato, ad esempio, si può aver l’immagine di un vigneto che mostra le zone con maggior vigore vegetativo: dove c’è si può produrre un vino migliore. Ed è ciò che è capitato a un viticoltore, ha raccontato Giancarlo Spezia della Tecnovit, l’azienda di Pianello che produce macchine agricole a rateo variabile e impresa leader nel mondo. Il viticoltore si è affidato alla tecnologia ed è riuscito a isolare un’area dove si produceva un’uva che avrebbe generato un vino di qualità superiore. Quel vino, se non fosse stato identificato in anticipo, sarebbe finito mescolato alla produzione standard venendo magari classificato di secondo livello. Così, invece, il produttore è riuscito a guadagnare molto di più grazie al vino di ottima qualità.

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