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Economia

«Senza un contratto soddisfacente a rischio la filiera di eccellenza del pomodoro piacentino»

L'analisi del presidente di Asipo Pierluigi Arata

«Occorre che venga stipulato al più presto il nuovo contratto per il pomodoro da industria che tenga conto delle esigenze di tutta la filiera ed in particolare dall’esponenziale aumento dei costi produttivi. Al momento non abbiamo alcuna certezza, se non l’enorme incremento dei costi produttivi. Per questo vanno ben ponderati quantitativi e tempi di semina; senza una rapida ed organica risoluzione che consenta di tutelare la qualità, condividendo equamente i rischi di impresa, c’è il rischio che salti la programmazione, con i soci che si orienteranno verso altre colture, considerando anche le buone performance di mais e soia per la coltivazione dei quali il rischio d’investimento è molto più basso». Non usa mezzi termini per definire l’attuale situazione Pier Luigi Arata, presidente di una delle maggiori organizzazioni di prodotto del pomodoro da industria, ovvero Asipo.

«Di fatto la parte industriale che ad onor del vero ha subìto anch’essa consistenti aumenti dei costi, sta proponendo condizioni economiche simili a quelle dello scorso anno, troppo slegate dall’attuale congiuntura, con un mercato che appare tonico. I nostri paesi competitor - chiarisce Arata - hanno ridotto le superfici, chiudendo però accordi sul prezzo con aumenti del 20-25% rispetto al 2021. Così è avvenuto per Spagna, Portogallo e ed in California. Ma noi dobbiamo fare i conti all’interno delle nostre aziende: coltivare pomodoro costa in media circa 7.500 euro all’ettaro, ma si registrano anche punte di 8mila (+25% sul 2021). Questo continuo stallo da parte delle industrie non fa altro che danneggiare noi produttori, dato che il momento delle semine si avvicina, e seminare senza garanzie sul prezzo di ritiro è un azzardo enorme. Per questo è molto probabile, in mancanza di un rapido e realistico accordo, una riduzione delle superfici». La parte industriale ha proposto un incremento di 2 euro alla tonnellata rispetto al 2021, quindi 94 euro a tonnellata, mentre la parte agricola non intende accettare proposte sotto i 100 €/t. Sia Coldiretti che Confagricoltura hanno chiesto di anticipare il Tavolo tra Op (organizzazioni dei produttori) e Industria convocato per l’11 marzo.

«Dobbiamo - insiste Arata - trovare la quadra al più presto altrimenti mettiamo a rischio il lavoro di tutti. Così si affossano le imprese agricole, con evidenti danni per l’intera filiera produttiva. Dobbiamo tutelare l’ottima fama che abbiamo conquistato all’estero, ma anche la grande distribuzione deve essere coinvolta sia nel dare corretti messaggi ai consumatori, come a sostenere l’aumento dei costi. Bisogna arrivare al più presto ad un contratto per permettere agli agricoltori di compiere delle scelte, ricordando- ribadisco- che con queste difficoltà possono orientarsi verso altre produzioni; certo la trasformazione a sua volta subisce costi in crescita, ma è necessario ora il massimo realismo anche da parte della G.D se si vuole ottenere un giusto equilibrio di filiera».

«Quella appena conclusa - conclude Arata - è stata certamente una campagna molto positiva non solo in termini quantitativi, ma anche per l'eccellente qualità del pomodoro trasformato. È sotto gli occhi di tutti il fatto che i costi di produzione siano in costante aumento: dalle piantine da trapiantare, al gasolio, dai concimi ai fertilizzanti. I nostri ricavi si assottigliano nonostante il lavoro sia sempre stato fornito con impegno e costanza e raggiunga spesso i massimi livelli di qualità. Ora se vogliamo che questo sviluppo sia tutelato, se veramente si desidera che il sistema continui a progredire, se si vuole sfruttare il favorevole momento di mercato, il contratto va chiuso al più presto e con condizioni realistiche, pena uno scollamento di una filiera che il mondo ci invidia. I rischi di impresa vanno equamente condivisi»

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