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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia

Sforza Fogliani sul Corriere: «Vantaggio del localismo bancario, un patrimonio da difendere»

Sulle problematiche che caratterizzano il settore bancario e che da tempo occupano le pagine dei quotidiani, il Corriere della sera di venerdì 29 luglio, ha ospitato un articolo dell’avvocato Corrado Sforza Fogliani, presidente di Assopopolari, che proponiamo ai nostri letto nella sua interezza.  

L’intervento del prof. Mario Cera sul Corriere della Sera di ieri in merito al localismo bancario e all'economia italiana, necessita di opportune riflessioni, supportate, per quanto possibile, da riscontri sulle evidenze di fatto. L’articolo, in sintesi, prospetta la tesi che gran parte delle banche italiane in crisi abbia forti connotazioni localistiche ed ipotizza al riguardo che sussista un cortocircuito rischioso tra imprese e banche locali a causa di un “intreccio interessato” di rapporti basati sulla “reciproca convenienza”, come se non fosse proprio la reciproca convenienza a determinare la promozione di una qualsiasi attività economica. Per affrontare il tema del localismo bancario è necessario primariamente focalizzare l’attenzione sul modello economico e produttivo del nostro Paese. Secondo i più recenti dati Istat le PMI, ovvero le aziende con meno di 250 dipendenti, realizzano in Italia il 70% del valore aggiunto nazionale e rappresentano oltre l’80% degli occupati complessivi delle aziende italiane; in Francia, il peso delle PMI in termini di valore aggiunto è del 54%, in Germania del 53%, in Gran Bretagna del 51% e in Spagna, più simile a noi, del 66%. Un dato ancor più significativo al riguardo è riferito all’assoluta prevalenza delle imprese minori, con oltre il 95% di PMI che non supera i 9 addetti, mentre addirittura il 60% del totale ha solo un dipendente. Tali evidenze certificano come la struttura della nostra economia sia incentrata sulle imprese con rilevanza locale, che riescono a mantenere nel tempo livelli soddisfacenti di efficienza proprio attraverso quei circuiti virtuosi di relazioni intrattenuti con le altre imprese e con le banche del territorio. Tali relazioni hanno dato vita a quei sistemi economici e produttivi noti come “distretti”, che sono via via divenuti più complessi e articolati geograficamente. Le banche di territorio si sono sviluppate in linea con lo sviluppo dei sistemi serviti, espandendo la rete commerciale “a maglie strette”, con un ulteriore rafforzamento della “specializzazione territoriale”, ossia della capacità di servizio alle realtà produttive locali e alle famiglie. Ovunque, le banche locali – il cui modello operativo è connaturato ai sistemi economici serviti ed allo stesso modello economico nazionale – hanno assicurato, ed assicurano, la concorrenza, che il bonapartismo economico – invece – mira ad eliminare. Ed è di tutta evidenza che, in assenza dell’azione fattiva e costante delle banche del territorio, un numero molto superiore di imprese sarebbe uscito dal mercato negli ultimi anni, con effetti drammatici per le economie locali e per l’intero sistema Paese. Per converso, occorre ancora una volta ricordare (come sa bene il prof. Cera, stato amministratore e sindaco di più banche, anche territoriali) che sono le banche di importanza sistemica - ovvero  i grandi istituti che operano sui mercati finanziari a livello globale – ad essere state salvate dal 2007 ad oggi in Europa, tramite l’intervento diretto o indiretto degli stati e, quindi, della collettività. Basti ricordare il salvataggio della ABN Amro, che è costato ai cittadini olandesi oltre 30 miliardi di euro, o quello dei Gruppi Fortis e Dexia, con un onere di circa 10 miliardi di euro ciascuno e poi la svizzera UBS, che nel 2008 ha potuto continuare ad esistere grazie a 60 miliardi di euro messi a disposizione dalla Confederazione Elvetica ed infine la Royal Bank of Scotland e la Lloyds Banking Group, con un impatto di 66 miliardi di sterline per le casse pubbliche inglesi. Ma non basta. Agli aiuti appena elencati, senza i quali l’intero sistema bancario europeo sarebbe inevitabilmente andato in crisi, si aggiunge un comportamento a volte spregiudicato da parte di gruppi di grandi dimensioni, che ha portato anche al pagamento di multe consistenti. Anche in questo caso la lista è lunga. In questi anni, ad esempio, la Bank of America è stata multata per 17 miliardi di dollari, JP Morgan, l'altra grande banca di investimento USA, ha pagato un'analoga multa per 13 miliardi. In Europa, per lo scandalo del “Libor”, il colosso britannico Lloyds Banking Group ha versato alle autorità americane e britanniche oltre 370 milioni di dollari. L’elenco può continuare con la Deutsche Bank che, notizia di questi giorni, ha contabilizzato nei bilanci degli ultimi quattro anni, oltre 12 miliardi di euro di accantonamenti per cause legali che la vedono coinvolta. Pure in ambito italiano, peraltro, le crisi bancarie che hanno determinato maggior impatto hanno interessato istituti di rilevanza nazionale, come per i casi del Monte dei Paschi di Siena, della Banca Marche, ecc.. Come riportato da Patrick Jenkins sul Financial Times del 26 luglio scorso, “I prossimi stress test sulle banche europee corrono il rischio di evidenziare le debolezze del sistema, piuttosto che esaltarne la robustezza” e questo malgrado gli aumenti di capitale di volta in volta effettuati. Sempre secondo Jenkins “Il pericolo che si corre è che concentrandosi troppo sui problemi del sistema bancario italiano - un sistema che per la struttura economica e produttiva del Paese è prevalentemente un sistema creditizio di tipo tradizionale - si trascurino alla fine i veri malati in Europa, la Commerzbank e, soprattutto, la Deutsche Bank, quest’ultima definita dal Fondo Monetario Internazionale in un rapporto del mese scorso l’elemento che può contribuire maggiormente al rischio sistemico nel sistema bancario globale.” In questa situazione, le banche di territorio chiedono una cosa sola: che sia rispettato dall’UE il principio di proporzionalità e cioè uno dei principi fondanti dell’Unione. Al resto, provvederebbero le stesse banche. Ma basterebbe solo quanto si è detto a proposito della proporzionalità per sgravarle di inutili costi e fugare così ogni preoccupazione manifestata dal prof. Cera.

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