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Economia

Sistema valutario internazionale: la sfida è mantenere e rafforzare la cooperazione

Dell’evoluzione del sistema valutario internazionale euro, dollaro,Yuan e valute digitali ha trattato all’Università Cattolica di Piacenza, il professore Giovanni Tria, già Ministro del Tesoro tra il 2018 ed il 2019

Oggi per affrontare le sfide economiche del post-Covid è necessario mantenere e rafforzare la cooperazione, anche se non sarà facile gestire le decisioni delle banche e ricomporre le filiere. Sono necessarie regole condivise sul commercio internazionale con norme coerenti, e stavolta, grazie alla tecnologia, c’è da sperare che prevalga la visione lungimirante di Keynes come completamento degli accordi di Bretton Woods. Certo era profeticamente ambiziosa, ma insieme platealmente in contrasto con la crescente sovranità del dollaro negli scambi internazionali. Dell’evoluzione del sistema valutario internazionale euro, dollaro,Yuan e valute digitali ha trattato all’Università Cattolica di Piacenza, il professore Giovanni Tria, già Ministro del Tesoro tra il 2018 ed il 2019. E' intervenuto in occasione della "Lezione Mario Arcelli 2020" organizzata dal Centro Studi di politica economica e monetaria “Mario Arcelli” in collaborazione con il Corso di laurea in Banking e Consulting e il Corso di laurea in Gestione d’Azienda.

Il seminario si aperto con i saluti di Anna Maria Fellegara, preside della Facoltà di Economia e Giurisprudenza e di Francesco Timpano, Direttore del CeSPEM “Mario Arcelli” che ha coordinato l’evento. Ha introdotto Maurizio Baussola, professore Ordinario di Politica economica e sono intervenuti con propri contributi Enrico Bellino, direttore del Dipartimento di Scienze economiche e sociali e Federico Arcelli Docente di Economic policy. «E’ utile - ha detto Tria - inquadrare la storia per capire il presente, partendo dal 1944 quando si cominciò a ricostruire un nuovo ordine mondiale con un sistema monetario con regole e scambi tra le nazioni, quando prevalse la tesi di White su quella di Keynes con gli accordi di Bretton Wood. Dal grande confronto che ebbe luogo a Washington negli anni Quaranta, scaturirono le massime istituzioni dell' ordine monetario del dopoguerra, il Fondo Monetario e la Banca Mondiale».

Per Keynes doveva essere una vera banca mondiale, autorizzata ad emettere moneta (il famoso bancor) e a concedere prestiti ben al di là del suo capitale sottoscritto. Per White, si trattava di un semplice Fondo di stabilizzazione che interveniva nelle valute dei paesi sottoscrittori e rigorosamente entro i limiti dei capitali sottoscritti. Insomma, Keynes voleva sottrarre il sistema alla supremazia del dollaro rendendolo veramente sovranazionale. White intendeva mantenerlo strettamente sotto il controllo degli Stati Uniti. «Da allora - ha ricordato Tria - nonostante un sistema divenuto quasi “anarchico” nelle monete nazionali, il dollaro è sempre rimasto il punto di riferimento con un ruolo esorbitante ma oggi, con il consolidarsi di nuove economie dell’Asia (in particolare la Cina), la guerra dei dazi si punta ad un nuovo accordo con regole condivise. Si sono verificate situazioni molto differenti rispetto al passato: fragilità ed iper- globalizzazione economica; la tecnologia ha cambiato i sistemi di pagamento con monete digitali  ed è mutato il quadro geo-politico e geo-economico».

Tria ha ricordato la critica di Jacques Rueff, uno dei principali esponenti della corrente neoliberale, che si oppone ad ogni intervento dello Stato inteso ad alterare il meccanismo del regime di concorrenza ed a limitare la libera iniziativa dei privati. Jacques Rueff, principale consigliere economico di De Gaulle nelle sue periodiche velleità di resistenza nazionalista all’egemonia americana, descriveva così la posizione degli Stati Uniti nel sistema di Bretton Woods: «Compro un costume al mio sarto, e gli do un soldo. Egli mi presta questo soldo, che io utilizzo per comprargli un nuovo costume, e cosi via all’infinito». Una posizione poi sostenuta anche dal belga Robert Triffin anche lui critico verso il sistema di tassi di cambio fissi di Bretton Woods. «Dal ’71 - ha ricordato Tria - si è stabilizzato un non sistema, alcuni Stati lasciano fluttuare, altri si ancorano ad una moneta, ovvero il dollaro.  Negli anni, con l’espansione economica cinese, la crisi espansiva del dollaro, nei paesi asiatici e poi in Brasile, con gran parte degli scambi ancora in dollari, i contrasti sono aumentati;oggi ci si trova di fronte al dopo Covid, alla guerra dei dazi Usa-Cina».

«Dobbiamo fare i conti - ha chiarito l’ex ministro del Tesoro - a tre fattori: crescita ulteriore della Cina e sua nuova posizione predominante, con l’Occidente che comincia a porre barriere alla penetrazione. Uso del dollaro come pagamento e il fattore tecnologico con nuovi sistemi di pagamento in criptovalute e monete globali sovranazionali. Nel luglio del 2019 al dibattito del G7 a Chantilly si è parlato di un lancio della libra, la criptovaluta e un sistema di pagamento mondiale creato da Facebook, ma moltissime sono state le critiche legate soprattutto ai rischi legati al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo internazionale».

C’è anche il progetto di Pechino per uno yuan digitale ed ora dopo “libra” anche molte altre Banche centrali - dalla Bce alla Fed alla Bank of Japan - hanno allo studio progetti simili. Tra i più avanzati c’è quella della Banca centrale svedese per una e-krona. La corsa di Pechino è stata poi accelerata anche dalle persistenti tensioni commerciali ed economiche con gli Stati Uniti di Donald Trump, che spingono la Cina a scrollarsi di dosso la dipendenza dal dollaro Usa e dal rischio di sanzioni che minacciano di eliminare le imprese cinesi dal sistema di pagamento internazionale. Non è un caso che anche recentemente il China Daily abbia accusato Washington di usare il dollaro come un'arma di politica estera. Il problema è poi quello di stabilizzare i cambi. «Il dollaro - ha detto Tria - ha ancora un ruolo predominante e a suo sostegno c’è il buon funzionamento del sistema americano, non altrettanto presente in Cina. Così oggi bisogna mantenere e rafforzare la cooperazione ed arrivare a regole condivise sul commercio internazionale in modo coerente».

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