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Martedì, 3 Ottobre 2023
colture proteoleaginose

Soia, colza, girasole: crescita esponenziale degli ettari investiti nel Piacentino

In pochi anni sono quasi quadruplicati; nel 2021 erano 1600, quest’anno sono 1900. Nuove opportunità con la presenza a Fiorenzuola del gruppo Cereal Docks

In pochi anni sono quasi quadruplicati; lo scorso anno gli ettari investiti erano 1600, quest’anno sono 1900. Stiamo trattando, con l’aiuto del tecnico-agronomo Gianluca Dini, delle colture proteoleaginose (girasole, soia e colza) che, in un mercato dove le coltivazioni tradizionali registrano prezzi sempre meno redditizi per le imprese agricole, addirittura a volte sotto i costi di produzione, possono rappresentare un’interessante alternativa, visto le richieste di prodotto da filiere certificate sempre più pressanti che provengono da oleifici e molini. Attualmente il prezzo dei girasoli Alto oleici si attesta sui 600 euro a Ton, con rese dai 30 ai 50 q. ad ettaro. Questo in un momento in cui l’aumento dei costi sta avendo delle ricadute serie a valle della filiera, con l’industria di trasformazione delle materie prima agricole costretta ad affrontare aumenti anche del 400% per l’energia.

«Insomma, in una grave situazione di incertezza, queste colture - sottolinea Dini- rappresentano oggi una importante possibilità di diversificazione produttiva. Teniamo inoltre ben presente che per esempio il colza (coltivazione che presuppone professionalità nelle semine, è piccolo ed occorre attenzione) ha poche esigenze, è rustica, e grazie all’apparato fittonante (un apparato radicale che raggiunge profondità elevate nel terreno, consentendo a questa specie di sfruttare al meglio i nutrienti del terreno), rende il terreno molto soffice consentendo minime lavorazioni per colture in rotazione». «Un ulteriore opportunità è che - spiega Dini - sia il colza che il girasole, si adattano molto bene ad essere coltivate anche in areali marginali e collinari (in collina meglio il girasole); sono colture considerate “rustiche” che oggi possono contare anche su un supporto tecnico-varietale in linea con le esigenze sia industriali che delle aziende agricole produttrici».

Ed ora gli agricoltori piacentini hanno un punto di riferimento anche su “Cereal Docks”, un Gruppo industriale italiano attivo nella prima trasformazione agro-alimentare, per la produzione di ingredienti come farine, oli e lecitine, derivati dai semi oleosi (soia, girasole e colza) e cereali (mais, grano, orzo) destinati ad applicazioni nei settori alimentare, farmaceutico, cosmetico, nutrizione animale, tecnico ed energetico. Con 7 stabilimenti produttivi e 3 centri di stoccaggio, Cereal Docks lavora ogni anno oltre 2,7 milioni di tonnellate di cereali e semi oleosi, coinvolgendo in Italia più di 14.000 aziende agricole. Il quartier generale è a Camisano Vicentino (Vicenza), dove quasi quarant’anni fa Mauro e Paolo Fanin hanno fondato l’azienda, esempio di successo di family business.

«A Fiorenzuola - spiega Enrico Zavaglia Trading manager - Cereal Docks  ha acquistato nel 2009 uno stabilimento che era centro logistico di un’azienda mangimistica locale, con l’obiettivo di farne un hub commerciale strategico nel cuore della Pianura Padana. Il progetto di potenziamento della struttura è iniziato con l’implementazione dei magazzini, proseguendo poi con l’allungamento della linea ferroviaria interna e il rinnovamento degli uffici. Nei primi mesi del 2019 sono infine state costruite le nuove linee di scarico dei treni e la torre di pesatura e pulizia della materia prima. L’aumento della capacità di stoccaggio, salita a 38.500 tonnellate con 4 magazzini piani, 16 silos e 6 intercelle, ha garantito ai clienti una maggiore continuità ed efficienza nelle forniture. La linea ferroviaria interna consente collegamenti più veloci ed efficienti con i paesi dell’Est Europa da cui provengono le materie prime, in particolare cereali, che sono stoccati nello stabilimento in attesa di essere commercializzati sul territorio». «Questo aumento di efficienza - evidenzia Zavaglia - ha ripercussioni anche in termini di emissioni di CO2: un convoglio ferroviario produce circa 26,8 Kg di CO2 per chilometro, il 60% in meno rispetto ad un camion, trasportando molta più merce in un solo convoglio. Dal 2015 lo stabilimento di Fiorenzuola è certificato GTP (Good Trading Practice), sistema che garantisce la qualità e la sicurezza lungo tutta la catena alimentare: raccolta, trasporto, stoccaggio, trasformazione industriale, fino al consumatore finale. La tutela della sicurezza alimentare è una priorità per Cereal Docks: in tandem con il team di Group Lab, nuovo polo per il controllo qualità del Gruppo, il team di Cereal Docks effettua un’accurata campionatura dei prodotti nel flusso carico/scarico verificando l’assenza di agenti inquinanti e micotossine, per assicurare un prodotto sicuro e di qualità elevata. Fiorenzuola è oggi uno dei punti di riferimento per servire i clienti delle industrie food e feed della Pianura Padana grazie anche ad un nuovo sistema di gestione digitale delle prenotazioni per il carico e lo scarico delle merci, che permetterà di snellire le operazioni di registrazione, controllo e validazione dei mezzi in ingresso, velocizzando i flussi in entrata e in uscita dallo stabilimento».

«Ora siamo di fronte - sottolinea Zavaglia - ad una situazione di notevole incertezza: pensavamo che i mercati in reazione alle vicende dei dazi e della pandemia ci avessero già fatto vedere molto negli ultimi due anni, ed invece il conflitto Russia Ucraina ci ha portato in territori inesplorati. Esplosione dei prezzi, inflazione, (forse rallentamento e pausa di tanti progetti di sviluppo e di innovazione) ed un senso generale di ansia ed incertezza. Pensiamo ad esempio all’olio di girasole, uno dei quattro principali oli commestibili utilizzati a livello globale. In ordine palma, soia, colza, girasole. Le alternative al girasole già presentavano problemi di approvvigionamento. Quindi non solo l’olio da cucina ne ha risentito, ma anche i prodotti di una vasta gamma di categorie, dalle salse da cucina ai prodotti da forno e dolciumi, che includono l’olio come ingrediente». Per contestualizzare Zavaglia ha portato un esempio: «Il 20% dei prodotti alimentari e bevande lanciati nel 2021 contiene olio di girasole. E? utilizzato in tante categorie di cibi preparati precotti conservati surgelati. La mancanza di fornitura di olio di seme di girasole ha messo in tensione tutto il comparto degli olii specialmente quelli Non Gmo. L’Ucraina è il maggiore produttore al mondo di olio di semi di girasole e già ora, con i porti del Mar Nero chiusi, ne sono state bloccate 50 mila tonnellate; inoltre ben difficilmente quest’anno gli agricoltori di quel paese potranno pensare alla semine. Tuttavia, l’olio di girasole per l’industria agroalimentare è fondamentale perché sostituisce l’olio di palma che, come noto, è stato bandito. Dunque, sarebbe bene che gli agricoltori italiani delle nostre colline e delle aree con scarsa dotazione irrigua prendessero in considerazione al più presto di seminare girasole, anche perché, oltre ai probabili ottimi riscontri commerciali, è una coltura da rinnovo molto importante nella rotazione. Rotazione che, come è noto, è stata confermata anche per la prossima Pac 2023-2027 come obbligatoria sulle singole parcelle di terreno presenti nella domanda annuale di aiuti”.

«Il girasole - spiega Dini - restituisce, grazie ai residui colturali, una parte importante di azoto, fosforo e potassio assorbiti durante il ciclo vegetativo e con il suo apparato radicale contribuisce a migliorare la struttura del terreno. La preparazione del terreno può essere effettuata anche con una minima lavorazione usando erpici a dischi e ancore, con un risparmio notevole di gasolio e di ore di lavoro, rispetto alle lavorazioni tradizionali».

 «Ora - ribadisce Zamaglia - si pone di fronte alla filiera nazionale dei seminativi la necessità di autoprodurre di più (anche perché è stato di fatto bandito l’olio di palma) e di avere catene di approvvigionamento più corte e diversificate in modo da fare sistema e far fronte alle necessità delle nostre filiere agroalimentari con un percorso di tracciabilità che inizia con il coinvolgimento diretto del mondo agricolo sia in forma singola, e quindi direttamente con diverse migliaia di agricoltori, sia tramite varie forme di associazionismo, come consorzi agrari, cooperative o strutture private di raccolta presenti sul territorio italiano. L’approccio di filiera è win win: tutti i partecipanti ne traggono benefici. L’azienda si è dotata di un ufficio sostenibilità, a cui è affidata la gestione di un sistema di certificazioni garantito tramite audit interni e di enti terzi, rispondenti alle richieste dei clienti. Coinvolgendo in maniera trasversale gran parte delle funzioni aziendali, Cereal Docks- conclude Zamaglia- ha saputo interpretare i bisogni del mercato agroalimentare nazionale e internazionale, che richiede sempre più prodotti tracciati, sostenibili a 360° e di alta qualità. I produttori e i fornitori delle filiere certificate, che si impegnano al rispetto di precisi disciplinari di coltivazione, sono dislocati nelle regioni di Veneto, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Toscana e Marche. Nello stabilimento di Camisano avviene anche la lavorazione delle materie prime sia per il mercato feed che food. Sostenibilità ambientale, economica e sociale Cereal Docks ha sviluppato il marchio Sistema Green® per identificare il proprio sistema di filiere agroalimentari certificate di soia, girasole, mais bianco, colza e derivati». «Insomma- ribadisce Dini- certamente il prodotto italiano e quello dei sempre più numerosi agricoltori piacentini, e? più facilmente controllabile e sostenibile in termini di miglia percorse e il desiderio di puntare sull’impresa italiana e? comprensibile.

Ora la sfida è quello di incentivare sempre di più nella nostra provincia queste coltivazioni sempre più remunerative, come anche comunicare meglio per aiutare il consumatore finale a scegliere consapevolmente». «Il consumatore italiano - puntualizza Zamaglia - oggi guarda con grande attenzione all’origine del prodotto, al rispetto dell’ambiente e alla sostenibilità delle produzioni. Una tendenza che sembra sposare benissimo la filosofia dell’industria italiana degli oli da semi, che ha puntato da tempo su tracciabilità, seme certificato no-Ogm e sostenibilità. La filiera dei semi oleosi è un modello di economia circolare, che incrocia alimentazione e bioenergia, riducendo al minimo il consumo d’acqua».

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