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Redazione

«Contrastare la speculazione finanziaria? Basterebbe la Tobin Tax»

La piccola tassa sulle transazioni finanziarie, entrata in vigore in Francia dal 1 agosto, scoraggerebbe gli speculatori di professione che generano instabilità sui mercati e favorirebbe gli investitori di lungo respiro

Le misure annunciate dalla FED di Bernanke daranno un robusto sostegno all’economia americana, che pure, di questi tempi, viaggia in acque più tranquille e prospere di quelle europee. Gli effetti si sono visti anche nei primi giorni: insieme alla (buona) notizia della sentenza della corte costituzionale tedesca, che, di fatto, dà l’ok ad un maggior potere di intervento della BCE, gli annunci della FED hanno fatto finalmente risalire le borse europee.  Non solo per “l’effetto annuncio”, ben noto agli studiosi ed agli operatori dei mercati finanziari e non solo perché, grazie alla forte integrazione (e dunque reciproca influenza) tra le economie occidentali, un aumento della domanda USA è destinata a rivolgersi in parte anche a prodotti europei e, dunque, a generare un piccolo “effetto traino” sull’economia europea, ma anche perché gli annunci di questi giorni segnano un “cambio di regime” di politica monetaria a livello mondiale.

Gli USA e l’area euro insieme rappresentano una porzione molto alta dell’economia mondiale e quando le banche centrali e le politiche monetarie di queste due entità economiche agiscono all’unisono, gli effetti espansivi sull’economia mondiale non mancheranno. Questo significa anche che è stato tolto il terreno sotto ai piedi degli speculatori finanziari e alle loro scommesse su una crisi debitoria. Ora, a bocce ferme, possiamo permetterci qualche pacata riflessione sull’unico strumento concretamente applicabile per moderare l’instabilità finanziaria.

James Tobin, colui che ha dato il nome alla “Tobin tax” era un economista conservatore, di idee monetariste. Negli Anni ’60, quando scrisse di questi temi, esistevano forti vincoli alla mobilità internazionale dei capitali e Tobin fu tra coloro che proponevano l’apertura dei mercati finanziari internazionali, che avrebbe portato alla “globalizzazione”. Tuttavia, memore della grande crisi del ’29, era consapevole del fatto che esistono due tipi di investitori: gli investitori con un’ottica di lungo periodo (che guardano ai dati dell’economia reale, ai progetti industriali e ai bilanci delle imprese), che generano stabilità e gli speculatori di professione, che hanno un’ottica di breve periodo, compiono migliaia di operazioni alla settimana e generano instabilità sui mercati.

Tobin si limitò ad osservare che una piccola tassa sulle transazioni finanziarie avrebbe scoraggiato il secondo gruppo degli investitori, favorendo la stabilità dei mercati. Chiaramente questa posizione, pur essendo stata espressa da un grande studioso conservatore, è sempre stata contrastata dalle lobby finanziarie e dagli ambienti vicini a Wall Street. Costoro (e i mass media da loro controllati) hanno sempre pronosticato catastrofi e forti svantaggi finanziari per i governi che si fossero azzardati ad adottare la Tobin tax... Come ho scritto in un mio precedente intervento su questa rubrica, in Francia, la Tobin tax (introdotta dal governo di Holland e fissata allo 0,2%) è in vigore dal I agosto. Al momento in cui sto scrivendo (15 settembre), grazie ai dati disponibili su www.teleborsa.it si può verificare se l’andamento della borsa francese abbia effettivamente subito le catastrofi paventate dalle lobby vicine a Wall Street dagli ideologi ultra-liberisti. Lasciando da parte i dati dei Paesi che hanno subito (o che stanno tuttora subendo) gli alti e bassi delle crisi debitorie (Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, Irlanda) o dei Paesi che si sono avvantaggiati del fatto di avere una valuta e dei titoli considerati “beni rifugio” (la Germania) è interessante confrontare l’andamento della borsa francese nell’ultimo mese (immediatamente successivo all’entrata in vigore della Tobin Tax in Francia) con l’andamento delle borse di New York e Londra, le capitali della finanza mondiale, inserite in un contesto istituzionale fortemente contrario alla Tobin tax.

Ebbene, dall’entrata in vigore della Tobin tax, la borsa di Parigi, con il suo +3,81%, ha fatto meglio di quella di Londra (+0,87%) e di quella di New York (+3,20%).  Ovviamente si tratta solo di un dato temporaneo e molto parziale. Può benissimo accadere che nei prossimi mesi il CAC di Parigi vada peggio del FTSE di Londra o del Dow Jones di New York. Tuttavia questo dato, pur parziale, dimostra che la Tobin tax non ha assolutamente creato quelle catastrofi pronosticate da politici ed ideologi ultra-liberisti. Non solo la borsa di Parigi ha fatto meglio, ma, con le sue innumerevoli compravendite quotidiane, ha generato un forte flusso di entrate fiscali per le finanze pubbliche francesi. Entrate che, per la prima volta, non sono state ottenute “spremendo” pensionati, precari, lavoratori dipendenti... Inoltre è una tassa che scoraggia i comportamenti speculativi (chi fa migliaia di compravendite a settimana è costretto a pagare molti soldi) e incoraggia gli investitori con un’ottica di lungo periodo, che guardano all’economia reale, alla produzione, alle potenzialità vere delle imprese, ossia agli imprenditori veri. Un dato su cui riflettere... Perché questo si che sarebbe un cambiamento epocale per i mercati finanziari...

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