«Velocità dei processi, prescrizione, criminalità: ecco le difficili sfide da vincere in vista del Pnrr»
Alla Cattolica dibattito sulla riforma della giustizia e del processo penale in vista del Recovery Plan
Velocità dei processi, prescrizione, criminalità che agisce tramite il web, potere del pubblico ministero: di riforma della giustizia penale e Pnrr si è trattato nel convegno che si è svolto presso la sala Piana dell’Università Cattolica di Piacenza, un argomento di straordinaria attualità considerato che la riforma della giustizia rappresenta una di quelle essenziali da realizzare per attivare i finanziamenti previsti dal Recovery Plan.
All’incontro presieduto da Francesco Centonze, Ordinario di Diritto penale dell’ Università Cattolica del Sacro Cuore, hanno preso parte Francesco Timpano, Ordinario di Politica economica, che ha trattato di sviluppo economico e sistema giudiziario nel contesto del Pnrr, Tullio Padovani, Accademico dei Lincei e già Ordinario di Diritto penale, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che ha esaminato la riforma del sistema della giustizia penale: uno sguardo dal punto di vista storico, epistemico e politico.
Di seguito Claudio Castelli, Presidente della Corte di Appello di Brescia, ha parlato della riforma del processo penale tra celerità e tutela dei soggetti, mentre Enrico Maria Mancuso, Ordinario di Diritto processuale penale della Cattolica, ha esaminato le prospettive di una ragionevole durata del processo penale. Alessandro Provera, ricercatore di Diritto penale della Cattolica, ha analizzato la tormentata disciplina della prescrizione, mentre Roberto Bichi, presidente del Tribunale di Milano, ha approfondito la qualità della giurisdizione ed erosione del principio di legalità.
Infatti due erano i temi perno della riforma: l’esigenza di celerità del processo penale e il rispetto delle garanzie dell’imputato, questione che molto ha a che fare con l’individuo e con la sua tutela, argomento è da sempre al centro della riflessione e degli studi dell’Università Cattolica.
In estrema sintesi ecco alcune delle misure della riforma: per la prescrizione viene confermata l’attuale disciplina, che prevede lo stop dopo la sentenza di primo grado (sia in caso di condanna sia in caso di assoluzione). Inoltre, si stabilisce una durata massima di due anni per i processi d’appello e di un anno per quelli di Cassazione. Per il deposito atti e notificazioni, si delega il Governo a rendere più efficiente e spedita la giustizia penale attraverso la digitalizzazione e le tecnologie informatiche. Si stabilisce che il pubblico ministero possa chiedere il rinvio a giudizio dell’indagato solo quando gli elementi acquisiti consentono una “ragionevole previsione di condanna”.
Si rimodulano i termini di durata massima delle indagini rispetto alla gravità del reato. Inoltre, alla scadenza del termine di durata massima delle indagini, fatte salve le esigenze specifiche di tutela del segreto investigativo, si prevede un meccanismo di discovery degli atti, a garanzia dell’indagato e della vittima, anche per evitare la prescrizione del reato associato a un intervento del giudice per le indagini per le indagini preliminari che in caso di stasi del procedimento.
Gli uffici del pubblico ministero, per garantire l’efficace e uniforme esercizio dell’azione penale, nell’ambito di criteri generali indicati con legge dal Parlamento, dovranno individuare priorità trasparenti e predeterminate, da indicare nei progetti organizzativi delle procure e da sottoporre all’approvazione del Consiglio Superiore della Magistratura. Si mira a razionalizzare e semplificare il procedimento di esecuzione delle pene pecuniarie; a rivedere, secondo criteri di equità, efficienza ed effettività, i meccanismi e la procedura di conversione della pena pecuniaria in caso di mancato pagamento per insolvenza o insolvibilità del condannato.
Negli interventi è emerso che le imprese in particolare hanno bisogno di risposte veloci e che le controversie vengano risolte in un tempo ragionevole. E’ vero che dopo il primo grado non è più possibile la prescrizione, ma non bisogna dimenticare che il 70% viene prescritto già prima del primo grado; anche la velocizzazione dei processi va bene, ma per accertare i fatti è necessario il tempo adeguato. Meglio inoltre agire sui riti alternativi già previsti, invece che sulla prescrizione.
Insomma non c’è molta fiducia che realmente si possa incidere sulla giustizia in Italia. Non a caso il suo cattivo funzionamento induce solo le imprese più attrezzate ad entrare nei mercati ed in particolare ciò avviene negli appalti pubblici. E negli investimenti, in condizioni di incertezza, le imprese tendono a ridurne il volume per il rischio di opportunismo post-contrattuale. C’è poi da prestare molta attenzione alla criminalità che passa dal web.
Insomma si è davanti, è stato evidenziato, ad un sistema di complessità quasi ingovernabile perché ogni riforma che incide su un punto, coinvolge poi l’intero sistema. E per riformare ci vuole collaborazione, ma sono ancora troppe le conflittualità e spaventa l’eccessivo potere attribuito ai pubblici ministeri che non è controbilanciato nei confronti della difesa. Quindi punti da rivedere sono ancora molti, ma per utilizzare i fondi previsti dal Pnrr, i tempi sono concentrati.
Al di là delle singole previsioni normative, e con uno sguardo di più ampio respiro, le Camere Penali criticano la mancanza di organicità del disegno di legge, che interviene su tanti istituti senza una vera e propria visione di riforma ed il perseguire obiettivi di efficienza del processo a forza di “tagli” dei diritti difensivi, quando invece sarebbe servito intervenire sull’apparato “con un massiccio intervento sugli organici della magistratura, del personale di cancelleria, su una adeguata distribuzione delle risorse e su una corretta ‘ristrutturazione’dell’edilizia giudiziaria.
Non poche anche le voci che sottolineano quanto sia necessaria anche una drastica riforma del Csm. Si chiede insomma una riforma organica e ben strutturata e non di fissarsi solo sulla contingenza.