Cadeo, Ella Goda live (+ Sula Ventrebianco)
Potete prenderli come un'esortazione coniugata al congiuntivo. Oppure come il nome improbabile di una ragazza. O ancora come la semplice combinazione di due parole che suonano bene insieme. Ed è forse quest'ultima la soluzione più azzeccata per rappresentare il progetto di tre musicisti che, appunto, suonano bene insieme.
Sta di fatto che gli Ella Goda, dissertazioni sul loro nome a parte, sono il nuovo progetto di Brian Zaninoni, Sebastiano Pezzoli e Marco Towers. Tre musicisti con alle spalle esperienze e ascolti diversi, che si cimentano a modo loro con la difficile arte del power-pop, racchiusa dell'omonimo disco d'esordio che verrà presentato venerdì 2 giugno al Circolo Bikers di Roveleto in una delle due serate dell'Ending Season Party del locale, concerto che vedrà sul palco anche i Sula Ventrebianco (inizio ore 21, ingresso gratuito). "Ella Goda" è uscito lo scorso 10 aprile per l'etichetta Bulbart, anticipato da singolo "La cura Schopenhauer" il cui videoclip è stato presentato nelle scorse settimane in anteprima su MTV New Generation.
La band bergamasca scrive canzoni da manuale, con melodie semplici ed essenziali ispirate ai gruppi anni '60 che vengono combinate a riff di chitarra abbastanza potenti, mentre le strutture ritmiche sono veloci e dinamiche come il drumming del punk. A tutto questo gli Ella Goda aggiungono una dose sensibile di elettronica, ad impreziosire questo piccolo gioiellino a base di tracce popular electro-chitarristiche dal suono pieno, vero e dall'efficacia seriale, capaci di rimanere in testa al primo ascolto e non andarsene più.
Sanno assolutamente cosa vogliono fare gli Ella Goda e lo fanno benissimo (da soli, perché il disco se lo sono prodotti autonomamente). Partono dalle loro influenze, le più disparate e lontane possibili - che pescano dal cantautorato, dal funk, dal brit e dal punk - e portano un pezzo di America anni '90 nella Valseriana da cui provengono, mescolandolo un gusto pop tipicamente italiano con robuste accelerazioni rock. Per costruire strofe argute e ritornelli killer di deliziosa perizia architettonica, irrorati con quanto basta di elettronica vintage e qualche citazione funzionale (l'omonimo romanzo di Irvin Yalom in "La cura Schopenhauer", una poesia di Marco Ardemagni in "Uomo o cosa"). Infine lasciano che le parole s'appoggino e scorrano sulle strutture con la (finta) semplicità di chi conosce la fatica artigianale di scrivere canzoni non solamente belle, ma anche nostre. Nostre nella capacità di migliorare le giornate e instillare piccole grandi riflessioni sull'esistenza. Nostre nell'essere piacevoli e divertenti, ma anche accoglienti e importanti. Nostre nel fare sentire meno soli quando lo si è, e più felici quando la felicità non manca. Sta tutta qui, in fondo, la misura che distingue il pop sciatto ed evanescente da quello lucente e pensoso degli Ella Goda e delle loro canzoni che, molto semplicemente, fanno stare bene.