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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Greg Lake, la leggenda incanta il Municipale e cita Elvis e i Beatles

Tutto esaurito al teatro Municipale per il concerto piacentino di Greg Lake, famoso solista di King Crimson e Emerson Lake & Palmer: un evento attraverso il quale il leggendario artista britannico ha ripercorso la sua carriera

Da un po’ di tempo a questa parte Piacenza sta facendo, sempre più frequentemente, da teatro a eventi musicali di un certo spessore e subito vengono alla mente personaggi straordinari quali Keith Tippet o James Blashaw, Ian Anderson, solo per citarne alcuni. Tutte le cose infine hanno un apice, un vertice estremo oltre il quale è impossibile andare, e quell’apice si è sicuramente raggiunto al Teatro Municipale: Greg Lake, la leggendaria voce dei King Crimson e degli Emerson, Lake & Palmer. L’atmosfera preconcerto era decisamente frizzante, un connubio entusiasmante di persone di ogni età: dai nostalgici di quegli anni, quelli della psichedelia e della ribellione, vissuti di prima persona e anche di tanti giovani, attratti dall’incredibile opportunità di potersi godere una performance di un artista che, come Lake, è stato uno dei fautori di quella ribellione musicale e sociale ed uno dei più grandi e influenti musicisti della scena rock degli ultimi quarant’anni. Scontato quasi soffermarsi sulla bellezza scenica del nostro Teatro Municipale che ha incorniciato straordinariamente, con i suoi palchi raffinati e il soffitto settecentesco, un evento di questo calibro. Sono quasi le 21, la gente prende frettolosamente posto, presenti tra il pubblico anche il sindaco Paolo Dosi e l’assessore Katia Tarasconi.

Greg Lake, la leggenda in concerto ©Bisa/ilPiacenza

Poco dopo le luci cominciano a creare l’atmosfera e sbuffi di fumo iniziano a prendere forma sul palco creando suggestivamente un ambiente molto cupo di color cremisi. La scena rimane così qualche minuto, il silenzio veniva però ripetutamente dissolto dal pubblico che, fremente, invoca la comparsa del grande artista a suon di applausi. Ad un tratto un forte rombo di tuono spezza la monotonia, poi una sagoma prende forma in mezzo a quelle nubi di fumo rossastro: è Lake che, anticipando quasi la reazione del pubblico, intona con il suo basso lo straordinario riff di “21st Century Schizoid Man”, l’inno della rivoluzione “prog” della fine degli anni Sessanta. Tutti i musicisti e compositori attivi maggiormente in quell’epoca, che ricordiamo essere dalla fine degli anni Sessanta alla fine degli anni Settanta, hanno un tratto straordinario, un qualcosa di unico, e sicuramente quello di Greg Lake è la voce: quando inizia a cantare sembra che venga sfruttato tutto il potenziale acustico del teatro rendendolo una gigantesca cassa armonica, diventando anch’esso uno strumento musicale. Questa prima canzone, tratta dall’album “In the Court of The Crimson King”, viene fusa con un altro grande brano sempre di quell’album: “Epitaph”. Le due canzoni sono in netto contrasto tra loro: la prima graffiante, con un riff di basso talmente distorto da definirsi quasi infetto e la seconda, invece, lenta e malinconica, a tratti lirica; insieme incarnavano lo spirito rivoluzionario di quegli anni, galoppando su quei tempi dispari che verranno abusati nei decenni a venire da decine di altri artisti.

Dopo questo intro di tutto rispetto Greg saluta il pubblico e spiega come si svolgerà lo spettacolo che prende un nome insolito: “Songs of a Lifetime”. Lake comincia a spiegare che durante il lavoro di stesura della sua biografia, in Inghilterra, si trovava spesso a dover riascoltare i lavori compiuti con i Crimson e con gli ELP e che questo l’ha riportato indietro nel tempo e nei ricordi, facendo balenare in lui l’idea di creare un tour che potesse essere il più confidenziale possibile con il pubblico. Più che la mera esibizione voleva condividere vari spezzoni della sua vita indissolubilmente legati a quei brani. E’ così che il concerto inizia a prendere un senso più disinvolto, il pubblico si sentie sempre più a suo agio e l’atmosfera si fa più intima. Lake alterna piacevoli conversazioni sui fatti e le persone più interessanti della sua carriera a tutti i più grandi successi composti da lui e dalle sue band: “From the Beginning”, dove ancora una volta le sue straordinarie doti vocali trovano terreno più che fertile nella meravigliosa acustica del teatro, “Touch and Go”, brano decisamente rock dei tardi ’70, la splendida ballata di “I Talk to the Wind” decorata dal flauto sublime di Ian MacDonald. La grandezza di Greg Lake si accentua nel momento dei tributi: il primo a Elvis Presley, che nomina solo con il suo soprannome, “The King”, eseguendo un “Heartbreaker Hotel” che avrebbe strappato ben più di un applauso anche allo stesso Elvis, e il secondo alla band che lui, e non solo lui, considera la più grande band di sempre, i Beatles, eseguendo “You’ve got to hide your love away” riuscendo a far cantare tutta la platea insieme a lui.

Il tono colloquiale dello spettacolo entra nel vivo quando, dopo una breve pausa, Lake si concede ad un momento dedicato alle domande o ai saluti del pubblico, iniziativa decisamente gradita. Durante questo salotto teatrale emergono particolari piccanti sui famigerati party post concerto organizzati dagli ELP non del tutto smentiti da un divertito Greg Lake. Finite le domande, i regali del sindaco Dosi, i ringraziamenti a tutta la giunta comunale e a un formidabile Max Marchini, organizzatore e amico di Lake, ormai promotore consolidato di eventi musicali di elevato spessore, si torna a un progressive rock di altri tempi, un’altra doccia di musica pura e a tempesta piovono sul pubblico le note di “Touch and go”, seguite dal rock raffinatissimo di “Shakin’ all” over per poi andare ammorbidendosi sulle note di “C’est la vie”, capolavoro indiscusso di tutta una carriera. Lake spiega che l’idea di scrivere una canzone mezza in francese, o quasi, gli venne quando ascoltò una talentuosa cantante francese durante un soggiorno a Parigi: ha raccontato che la sua voce era così carica di passione che non poté fare altrimenti che scrivere seguendo le assonanze con la lingua francese, ed il risultato, specialmente live, è a dir poco divino. Si riprende poi con “Lucky Man”, altro brano molto potente dal punto di vista voce ma molto melodico, e passando per “I Believe in Father Christmas”, pezzo a detta di Lake scritto di protesta verso il consumismo, suonata interamente chitarra e voce senza basi, si arriva a fine concerto, riproponendo “Lucky Man”, stavolta cantata da tre artisti d’eccezione: la piacentina Anna Barbazza e due cantanti d’eccezione, molto legati alla carriera da produttore discografico di Lake, Aldo Tagliapietra e Bernardo Luzzetti.

Alla fine che siano il migliaio di persone qui a Piacenza o le decine di migliaia di Hyde Park di Londra nel ‘69 poco importa per lui, orgogliosamente e umilmente, come tutti i grandi, saluta il suo pubblico e ringrazia più volte per il calore e la partecipazione. Non ci sono più vocaboli adatti per poter esprimere pareri positivi su questa serata, su Greg Lake o sull’organizzazione. Possiamo soltanto aggiungere che Piacenza comincia a rivelarsi un terreno fertile sul quale lavorare per poter portare eventi di elevatissima qualità come questo. Infine un mio ringraziamento personale a Greg Lake, riprendendo il discorso durante la performance dove diceva che Elvis e i Beatles avevano il potere di elevare il pubblico a un livello superiore che vada oltre il sentimento quasi: bene caro Greg non credere che solo loro abbiano questo potere, perché la tua voce e la tua poesia ci hanno fatto rivivere il sogno, il delirio e la ribellione di quei tempi.  Grazie con tutto il cuore.
Giovanni Rosa

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