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Alla Ricci Oddi si parla delle dimore e delle donne dei Farnese di Castro

L'intervento ha visto un'appassionata conversazione di Tiziana Dolfi, specializzata in restauro e Conservazione dei beni architettonici, e Valeria Costa, docente di materie letterarie classiche al liceo

Alla dinastia dei Farnese di Castro si legano, come noto, le vicende politiche che portarono alla costituzione del Ducato di Piacenza e Parma e la costruzione del nostro Palazzo Farnese. La bibliografia offre al proposito una vasta documentazione nell’ambito della quale mani esperte possono trarre argomenti capaci di appassionare anche una platea di non addetti ai lavori. Per farlo occorrono, però studiosi capaci di rendere di facile lettura argomenti che facili non sono.  E’ il caso dell’architettoTiziana Dolfi e della professoressa Valeria Costa. La prima specializzata in restauro e Conservazione dei beni architettonici, la seconda già docente di materie letterarie classiche al liceo e profonda scopritrice di particolari storici, letterari e di costumi antichi, hanno, su invito del dottor Roberto Laurenzano, presidente del comitato piacentino della Società Dante Alighieri, calamitato l’attenzione della platea dell’auditorio della Ricci Oddi, disquisendo di belle dimore e belle signore della dinastia dei Farnese di Castro.

«La famiglia Farnese - ha ricordato l’architetto Dolfi - inizia a emergere agli inizi del Quattrocento con Ranuccio il Vecchio, generale dell’esercito Pontificio sotto Eugenio IV. La dinastia acquisisce negli anni ricchezze e territori che si consolidano con Alessandro (1468 – 1549), che prima di diventare Papa Paolo III, aveva avuto tre  figli oltre a Pier Luigi, futuro duca di Castro e Ronciglione (1537) e duca di Piacenza e Parma (1545). La fortuna della famiglia s’accresce dall’essere composta da essere uomini d’Arme, ma anche con un’accorta politica matrimoniale. Testimonianze dei loro fasti e del loro potere nel viterbese sono Palazzo Farnese di Gradoli, di Caprarola, di Viterbo, gli appartamenti farnesiani di Castel S. Angelo, La Rocca di Carbognano, il Palazzo Farnese di Roma e il nostro Farnese "Il Palazzo rimasto incompiuto", del quale riprendiamo la scheda illustrata dalla Dolfi».

Nel 1558 avviene la posa della prima pietra su progetto di Francesco Paciotto. Che propose di utilizzare le vecchie fondamenta della Cittadella viscontea: un castello in parte tutt’oggi visibile, fatto costruire da Giangaleazzo Visconti nel 1352. La scoperta dell’impossibilità di utilizzare le antiche fondamenta perché troppo deboli suggerirono ai duchi di rivolgersi a Jacopo Barozzi, detto Vignola, architetto legato alla casata farnesiana e in particolare al cardinale Alessandro che già verso il 1556 gli aveva affidato il compito di completare la villa di Caprarola. Le misure sterminate del progetto imposero ai progettisti, Jacopo Barozzi da Vignola ed al figlio Giacinto, invenzioni funzionali e tipologie nuove. Il prospetto minore del palazzo, l’unico quasi completo, misura 94 metri di lunghezza, quasi il doppio del Palazzo Farnese di Roma e presenta ben due piani nobili rispetto all’unico, sia pur magnifico del Palazzo romano.

«L’ascesa dei Farnese si deve alla loro indubbia abilità - ha esordito la professoressa Costa - ma non meno importanti furono le loro donne. Colte, raffinate, attraenti, belle, brillanti nelle conversazioni tessero una rete di alleanze che fecero entrare i piccoli Signori della Tuscia viterbese nella storia dell’Europa del Rinascimento.  La professoressa Costa le ha presentate in rapida sequenza iniziando da Vittoria, sposata a Guidobaldo II della Rovere, duca di Urbino. Caterina, chiamata alla vita religiosa, Costanza, figlia di Alessandro Farnese prima della sua ascesa a Pontefice, che sposata a Bosio II Sforza diverrà Signora di Castellarquato. E ancora Margherita e la leggiadra Clelia, che, sposata prima a Giovan Giorgio Cesarini poi, per imposizione della famiglia, a Marco III Pio di Savoia, fu corteggiatissima da Federico de Medici il quale, nel suo studio, ne aveva fatto raffigurare le fattezze del viso sul corpo di Venere e  Clelia figlia del cardinale Alessandro Farnese. Ad Elisabetta Farnese, sposa a Filippo V di Spagna, si deve la spogliazione dei tesori del nostro Palazzo Farnese».

Giulia La Bella

«La donna dei Farnese che più contribuì all’ascesa della famiglia - ha affermato la professoressa Costa nella parte finale del suo intervento - fu Giulia (1475-1524). A 14 anni è amante di Rodrigo Borgia, Papa Alessandro VI, che di anni ne aveva 58 (pare ottimamente portati). La relazione si protrasse per dieci anni nel quali oltre che amante fu amica e forse consigliera, aprendo a lei e alla sua famiglia la via del potere e della ricchezza e portando per mano il fratello, Alessandro Farnese, dritto sul trono di Pietro come Papa Paolo III. Giulia aveva sposato Orsino Orsini, ma la relazione extra coniugale era certamente nota. Giulia seppe partecipare al grande gioco del potere, allora totalmente precluso alle donne, che però venivano sfruttate spesso e volentieri come strumento per il potere altrui. I benefici che la famiglia Farnese e, soprattutto, il fratello Alessandro trasse dalla condotta smaliziata di Giulia, sono stati consegnati alla storia. Dopo la sua morte all’età di cinquant’ anni, presso il palazzo cardinalizio del fratello a Roma, il futuro Papa Paolo III fece distruggere tutte le immagini che rappresentavano la sorella, probabilmente per far dimenticare l’inizio della sua carriera dovuto alle grazie della consanguinea e spianarsi la strada per il pontificato. Di Giulia quindi non c’è giunta alcuna immagine se non la fama della sua avvenenza, che le valse fra i contemporanei l'appellativo di Giulia La Bella».

Elisabetta Farnese-3

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