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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica

«Caruso arrestato un coltello piantato nel cuore, ma la ‘ndrangheta non è entrata in Comune»

Prima seduta consiliare dopo l’arresto dell’ex presidente. Il sindaco: «Sono lacerata, noi traditi e impotenti, ma l’inchiesta non coinvolge minimamente la politica, che non permetterà mai al malaffare di mettere le mani sulla città». Migli (Fd’I): «Non attribuite le colpe di Caruso a tutta la nostra comunità politica, basta strumentalizzazioni». Cappucciati (Lega): «Sulla vicenda ecco gli avvoltoi»

MIGLI (FD’I): «CONDANNATA ANCHE UNA COMUNITA’, COSI’ NON VA BENE»

Molto atteso anche l’intervento del capogruppo di Fratelli d’Italia Gian Carlo Migli, che dalla difesa è passato velocemente al Fratelli d'Italia Migli-3contropiede. «L’arresto di Caruso è drammatico per tutta la città, ma in particolare per chi lo ha frequentato di più, anche in questa aula, dopo 12 anni. Però i toni si sono alzati in questi giorni, si è solo cercato di dare una spallata politica a questa Amministrazione. Lo conoscevamo da circa vent’anni, però nel 2015 non ricopriva alcun incarico politico-amministrativo. Ci siamo scusati con la città, ma nessuno faccia un processo politico su di noi, con un Tribunale del popolo. Non siamo noi sul banco degli imputati». «Nessuno si è mai preoccupato – ha contestato Migli agli avversari - di attribuire colpe alle comunità politiche di provenienza per fatti accaduti in passato, dal 1945 in poi. Ci sono stati arresti anche ai tempi delle Amministrazioni del Pci. A Piacenza sono stati arrestati sindacalisti, industriali, dirigenti dello Stato, appartenenti alle forze dell’ordine e mai nessuno si è permesso di attribuire responsabilità alle associazioni o organizzazioni a cui i colpevoli erano legati. Quando hanno arrestato i sei poliziotti nessuno ha chiesto di sciogliere la questura o mandare via il questore. Nessuno ha fatto confusione dei ruoli e nei ruoli». «Riserviamo applausi alla Dia per l’indagine, con tristezza, non con gioia, perché consideravamo Caruso amico. Purtroppo è partita una campagna di strumentalizzazione politica, si dice che “c’è la mafia in Comune”. Noi non avevamo nessun sentore su di lui, sulle sue frequentazioni. La destra non può stare con questa gente, noi siamo per lo Stato, non con l’anti-Stato». Respinte le insinuazioni sugli altri componenti del gruppo consiliare. «In Fd’I ci sono professionisti specchiati di grande moralità. E Caruso era ancora in stato di fermo in questura quando la Meloni lo aveva espulso dal nostro partito. Mica solo noi, qua dentro, hanno bevuto un caffè o hanno giocato a calcio insieme a Caruso: se sapevate qualcosa contro di lui, perché non l’avete detto?».

IL DOLORE DI FRATELLI D’ITALIA

«I fatti avvenuti fanno male – ha espresso la neo consigliera Sara Soresi (Fd’I) -, ma hanno fatto più male a noi di Fd’I gli attacchi successivi. È una faccenda personale e non politica. Questi signori ne risponderanno». «Intanto per senso di responsabilità – ha rimarcato Gloria Zanardi (Fd’I) - abbiamo rinunciato, come partito, alla presidenza del Consiglio. C’è stato uno squallido tentativo di attribuire responsabilità alla nostra comunità, al partito, a noi consiglieri e soprattutto a Tommaso Foti. E la minoranza al momento dell’elezione di Caruso non disse nulla, si astenne e basta. Dire poi in aula che abbiamo portato la mafia qua dentro è strumentalizzazione». Nicola Domeneghetti (Fd’I), riflettendoci, non è parso convinto con la scelta del deputato Foti di scusarsi con la città. «Io non mi scuso, parlo a titolo personale, perché le squadre di calcio non si scusano per le intemperanze dei loro ultras. Vedere il mio nome legato indicato come “quello che sta nello stesso partito di Caruso” è diffamazione. Mio fratello, negli Stati Uniti per lavoro, mi ha telefonato per chiedere cosa stava succedendo in città, ci sono rimasto male. Per me basta la foto di Caruso a cena con i mafiosi, non aspetterò la sentenza per giudicare quello che è successo».

 

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