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Sabato, 20 Aprile 2024
Politica Castel San Giovanni

«Castelsangiovanni, l’ospedale non deve morire»

Consiglio comunale aperto, con il direttore Asl Baldino che ha detto che il presidio si salva andando verso reparti specializzati. Ma i cittadini lo hanno attaccato e temono il depotenziamento

Un confronto franco e senza esclusione di colpi. L’ospedale di Castelsangiovanni rischia di morire e ai cittadini vengono dati sempre meno servizi anche se la sanità, pagata con le tasse, deve essere garantita dicono i critici. No, i piccoli ospedali non chiuderanno e si salvano solo se offriranno reparti sempre più specialistici, replica l’Asl. Al cinema Moderno, il 24 maggio a Castelsangiovanni, sul grande schermo non c’era un film ma il dibattito sul futuro dell’ospedale di castello e sullo stato di attuazione del Piano di riordino sanitario. Al centro del tavolo - la giunta aveva convocato il secondo Consiglio comunale aperto - il direttore dell’Asl, Luca Baldino. Al suo fianco il sindaco Lucia Fontana e i sindaci del territorio, da Bobbio a Caorso, consiglieri comunali dei paesi di tutte le vallate. E ancora tre parlamentari, Elena Murelli e Pietro Pisani della Lega e Tommaso Foti, di Fratelli d’Italia, insieme a qualche consigliere regionale e al presidente dell’Ordine dei medici, Augusto Pagani. E poi i medici, i primari di alcuni reparti. E infine il pubblico in sala, tanto.

L’ASL Baldino ha presentato i numeri della sanità piacentina e ha avvertito: «Mancano i medici e gli ospedali fanno a gara ad accaparrarsi i più bravi. Gli ospedali privati offrono incentivi economici più alti di quelli delle Asl. All’ultimo concorso per coprire sei posti di Ortopedia a Piacenza e due a Castello si è presentato solo un candidato.  Frutto di scelte sbagliate fatte 10 anni fa, ha sottolineato Baldino. Nei prossimi anni ne andranno in pensione 8mila - ha spiegato - ma dalle università ne usciranno solo 6mila. E la legge non consente l’impiego in ospedale se non sono specializzati. Un sistema che va cambiato. Al concorso per chirurghi prima si presentavano in 70, oggi uno». E gli infermieri: «Ce ne sono pochi, perché molti partecipano a concorsi in più Asl e poi scelgono, non bisogna farsi trarre in inganno dai 3.500 partecipanti all’ultimo concorso. E’ rimasto solo un terzo». Ora c’è stata un’assunzione straordinaria di 50 infermieri. La ricetta di Baldino è quella di puntare sulla specialistica. L’Asl può bloccare la mobilità di medici verso altre aziende, chiede di poter usare gli specializzandi, aumentare il numero dei concorsi e renderli più veloci, fare contratti con i professionisti per le guardie mediche notturne, aumentare gli infermieri e valorizzarli di più. «Non abbiate l’ansia della chiusura - ha sostenuto Baldino - perché non è confermata dai numeri. A Castello i dati sono costanti e sono aumentati gli interventi chirurgici ed è calata la mobilità passivo (chi va a farsi curare in altri ospedali, ndr), l’occupazione dei posti letto è soddisfacente, i codici bianchi al pronto soccorso - unica realtà in provincia - sono in calo, Cardiologia, con due nuovi ecografi, è diventata un punto di riferimento per l’alta specializzazione, gli operatori ci sono».

I MEDICI - Alcuni primari e medici hanno suggerito che la via è quella della specializzazione e che i professionisti lavorano con impegno, competenza e dedizione. «Bisogna cambiare mentalità o si chiude» ha sottolineato Giuseppe Leddi, primario di Ortopedia. Il reparto ha dovuto rinunciare alla Traumatologia - gli interventi si fanno a Piacenza - per gli alti costi e perché non era più in grado di dare risposte: «A Piacenza un femore rotto si opera in sei-12 ore, a Castello dopo due o tre giorni. Si deve centralizzare questo servizio, come avviene in Francia o Germania». Un altro problema è l’urgenza chirurgica ha affermato il primario di Piacenza, Patrizio Capelli: «Si potrebbero spostare alcuni interventi programmati, di media bassa complessità, da Piacenza a Castello. Si potrebbe incentivare la chirurgia plastica. Comunque è necessario mettere in rete i chirurghi».

IL COMITATO - L’attacco più forte è arrivato dal Comitato “I castlan disan no”, che ha subito ricordato come il Piano di riordino sia passato con solo un voto. «nel 2013 c’erano 50 letti - ha continuato un esponente del Comitato - in chirurgia e ortopedia, oggi sono 12. Nel 2016 proponemmo all’Asl il fast track per la chirurgia colon-proctologia. Non sappiamo più nulla». Le Case della salute non possono essere chiamate così «perché non hanno medici e gli infermieri svolgono compiti burocratici. Il ministero dell’Economia disse che non erano sostenibili per gli altri costi. Solo burocrazia. La situazione in provincia è drammatica: a Piacenza non ci sono primari, Fiorenzuala è stato abbattuto, Villanova chiuso e Castello depotenziato. A Piacenza vengono dati, dal servizio di farmacia, farmaci romeni senza neanche le spiegazioni in italiano E se ne è occupata la stampa». Poi il comitato ha attaccato i sindaci, incapaci di fare squadra. Si vuole portare una sola chirurgia di urgenza a Piacenza, cioè in un bacino di 300mila abitanti: «Come si sceglierà chi operare per prima?. Poi l’appello “col cuore in mano” a Baldino: «Riveda il piano e ci ridia chirurgia».

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