«Castelsangiovanni, l’ospedale non deve morire»
Consiglio comunale aperto, con il direttore Asl Baldino che ha detto che il presidio si salva andando verso reparti specializzati. Ma i cittadini lo hanno attaccato e temono il depotenziamento
Un confronto franco e senza esclusione di colpi. L’ospedale di Castelsangiovanni rischia di morire e ai cittadini vengono dati sempre meno servizi anche se la sanità, pagata con le tasse, deve essere garantita dicono i critici. No, i piccoli ospedali non chiuderanno e si salvano solo se offriranno reparti sempre più specialistici, replica l’Asl. Al cinema Moderno, il 24 maggio a Castelsangiovanni, sul grande schermo non c’era un film ma il dibattito sul futuro dell’ospedale di castello e sullo stato di attuazione del Piano di riordino sanitario. Al centro del tavolo - la giunta aveva convocato il secondo Consiglio comunale aperto - il direttore dell’Asl, Luca Baldino. Al suo fianco il sindaco Lucia Fontana e i sindaci del territorio, da Bobbio a Caorso, consiglieri comunali dei paesi di tutte le vallate. E ancora tre parlamentari, Elena Murelli e Pietro Pisani della Lega e Tommaso Foti, di Fratelli d’Italia, insieme a qualche consigliere regionale e al presidente dell’Ordine dei medici, Augusto Pagani. E poi i medici, i primari di alcuni reparti. E infine il pubblico in sala, tanto.
L’ASL Baldino ha presentato i numeri della sanità piacentina e ha avvertito: «Mancano i medici e gli ospedali fanno a gara ad accaparrarsi i più bravi. Gli ospedali privati offrono incentivi economici più alti di quelli delle Asl. All’ultimo concorso per coprire sei posti di Ortopedia a Piacenza e due a Castello si è presentato solo un candidato. Frutto di scelte sbagliate fatte 10 anni fa, ha sottolineato Baldino. Nei prossimi anni ne andranno in pensione 8mila - ha spiegato - ma dalle università ne usciranno solo 6mila. E la legge non consente l’impiego in ospedale se non sono specializzati. Un sistema che va cambiato. Al concorso per chirurghi prima si presentavano in 70, oggi uno». E gli infermieri: «Ce ne sono pochi, perché molti partecipano a concorsi in più Asl e poi scelgono, non bisogna farsi trarre in inganno dai 3.500 partecipanti all’ultimo concorso. E’ rimasto solo un terzo». Ora c’è stata un’assunzione straordinaria di 50 infermieri. La ricetta di Baldino è quella di puntare sulla specialistica. L’Asl può bloccare la mobilità di medici verso altre aziende, chiede di poter usare gli specializzandi, aumentare il numero dei concorsi e renderli più veloci, fare contratti con i professionisti per le guardie mediche notturne, aumentare gli infermieri e valorizzarli di più. «Non abbiate l’ansia della chiusura - ha sostenuto Baldino - perché non è confermata dai numeri. A Castello i dati sono costanti e sono aumentati gli interventi chirurgici ed è calata la mobilità passivo (chi va a farsi curare in altri ospedali, ndr), l’occupazione dei posti letto è soddisfacente, i codici bianchi al pronto soccorso - unica realtà in provincia - sono in calo, Cardiologia, con due nuovi ecografi, è diventata un punto di riferimento per l’alta specializzazione, gli operatori ci sono».
I MEDICI - Alcuni primari e medici hanno suggerito che la via è quella della specializzazione e che i professionisti lavorano con impegno, competenza e dedizione. «Bisogna cambiare mentalità o si chiude» ha sottolineato Giuseppe Leddi, primario di Ortopedia. Il reparto ha dovuto rinunciare alla Traumatologia - gli interventi si fanno a Piacenza - per gli alti costi e perché non era più in grado di dare risposte: «A Piacenza un femore rotto si opera in sei-12 ore, a Castello dopo due o tre giorni. Si deve centralizzare questo servizio, come avviene in Francia o Germania». Un altro problema è l’urgenza chirurgica ha affermato il primario di Piacenza, Patrizio Capelli: «Si potrebbero spostare alcuni interventi programmati, di media bassa complessità, da Piacenza a Castello. Si potrebbe incentivare la chirurgia plastica. Comunque è necessario mettere in rete i chirurghi».
IL COMITATO - L’attacco più forte è arrivato dal Comitato “I castlan disan no”, che ha subito ricordato come il Piano di riordino sia passato con solo un voto. «nel 2013 c’erano 50 letti - ha continuato un esponente del Comitato - in chirurgia e ortopedia, oggi sono 12. Nel 2016 proponemmo all’Asl il fast track per la chirurgia colon-proctologia. Non sappiamo più nulla». Le Case della salute non possono essere chiamate così «perché non hanno medici e gli infermieri svolgono compiti burocratici. Il ministero dell’Economia disse che non erano sostenibili per gli altri costi. Solo burocrazia. La situazione in provincia è drammatica: a Piacenza non ci sono primari, Fiorenzuala è stato abbattuto, Villanova chiuso e Castello depotenziato. A Piacenza vengono dati, dal servizio di farmacia, farmaci romeni senza neanche le spiegazioni in italiano E se ne è occupata la stampa». Poi il comitato ha attaccato i sindaci, incapaci di fare squadra. Si vuole portare una sola chirurgia di urgenza a Piacenza, cioè in un bacino di 300mila abitanti: «Come si sceglierà chi operare per prima?. Poi l’appello “col cuore in mano” a Baldino: «Riveda il piano e ci ridia chirurgia».