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«Covid, ripristinare l’uso dell’idrossiclorochina»

Interrogazione di Murelli (Lega) a Conte e Speranza: «A Piacenza ha dato buoni risultati, così come la terapia con il plasma. Uno studio che criticava il farmaco è stato ritirato in pochi giorni. Il medicinale è economico e non si capisce perché l’Aifa lo blocchi ancora»

Ripristino dell’uso dell’idrossiclorochina per la cura dei pazienti Covid-19, qual è lo stato di avanzamento dello studio Tsunami, quali sono i programmi in sperimentazione e che risultati sono stati raggiunti. Lo chiede, in una interrogazione al premier Giuseppe Conte e al ministro della Salute, Roberto Speranza, la deputata della Lega Elena Murelli che l’ha presentata il 17 ottobre.

«L’idrossiclorochina - afferma Murelli - è già stata sperimentata con successo all’ospedale di Piacenza. Un altro trattamento che ha dato risultati positivi è stato quello a base di plasma (lo studio Tsunami), sperimentato negli ospedali Poma di Mantova e San Matteo di Pavia. Purtroppo, come apparso sulla stampa, la burocrazia sta frenando i protocolli, senza che le autorità sanitarie intervengano».

L’Aifa (Agenzia del farmaco) ha sospeso l’uso dell’idrossiclorochina dalla fine di maggio sulla base di uno studio, pubblicato da Lancet, su presunti effetti negativi. «Peccato - incalza Murelli - che quello studio venisse ritirato pochi giorni dopo dalla stessa rivista a fronte delle segnalazioni inviate da centinaia di ricercatori di tutto il mondo che ne hanno contestato la validità». La parlamentare cita poi uno studio dello European journal of medicine «ove si conferma che l’utilizzo precoce di tale farmaco abbassa notevolmente i tassi di mortalità dal 16% circa al 9% circa». C’è poi un aspetto economico, sottolinea Murelli, non indifferente: «La terapia non prevede ricoveri e può durare una settimana, una confezione poi costa solo 4 euro. «Non si capisce perché impedire l’utilizzo di questo medicinale - conclude Murelli - impiegato da decenni per la cura delle malattie autoimmuni e perché l’Aifa sia stata celle nello bloccare il farmaco, ma non altrettanto per rettificare la decisione».

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