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Giorno del ricordo, Movimento studentesco padano: «Le scuole non dimentichino»

«Così come è doveroso ricordare i milioni di ebrei sterminati dal regime nazista, è altrettanto dovuto che negli istituti scolastici non ci si scordi degli oltre 10mila dalmati, istriani e giuliani uccisi dalla follia comunista per mano dei partigiani di Tito tra il 1943 e il 1945»

«Così come è doveroso ricordare i milioni di ebrei sterminati dal regime nazista, è altrettanto dovuto che negli istituti scolastici non ci si scordi degli oltre 10mila dalmati, istriani e giuliani uccisi dalla follia comunista per mano dei partigiani di Tito tra il 1943 e il 1945». Lo sostiene il coordinatore del Movimento Studentesco Padano dell’Emilia, il piacentino Marvin di Corcia, che lunedì 8 febbraio con alcuni militanti effettuerà un volantinaggio davanti all’Isii “Marconi” di Piacenza per chiedere che in occasione del 10 febbraio si rispetti un minuto di silenzio per le vittime delle foibe. «Siccome il Giorno del ricordo è giustamente riconosciuto e fatto osservare dalla Repubblica Italiana, ci aspettiamo – dichiara - che il ministero dell’Istruzione emani una circolare con la quale invitare i dirigenti scolastici ad osservare un attimo di raccoglimento». Sulla questione interviene anche Thomas Trenchi, coordinatore provinciale del Msp, che lamenta la mancata commemorazione del Giorno della memoria in alcune scuole cittadine lo scorso 27 gennaio.

«I morti – afferma - non si classificano in importanti o meno a seconda dell’ideologia di ciascuno, pertanto è dovere di tutti commemorare chiunque sia stato perseguitato da dittature criminali, com’è stata anche quella comunista. È infatti necessario che non si ripeta quanto ci è stato riferito in merito al ricordo della tragedia dell’Olocausto, trascurato vergognosamente in alcuni istituti scolastici nei giorni scorsi. Confidiamo dunque nel buonsenso dei dirigenti scolastici, nonché nel coraggio dei professori che vogliano parlare ai propri studenti di quanto accaduto sul confine nordorientale: il minuto di silenzio non deve essere un gesto fine a se stesso, ma stimolo di riflessioni affinché la storia sia d'insegnamento per evitare il ripetersi di certi errori».

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