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Il Pd: «Piacenza acceleri la realizzazione del nuovo ospedale, sono troppi 10 anni»

Dopo le critiche del centrodestra per l’hub nazionale della terapia intensiva in altre quattro province (non Piacenza): «Qui o altrove poco cambia. Finita l’emergenza dovremo collaborare per realizzare il nuovo ospedale in tempi più brevi»

«C’è una certa politica che per un po’ ci prova a essere responsabile e a stento riesce a trattenersi da polemiche e accuse in un momento tragico come poche altre volte nella storia. Poi, alla prima occasione riprende i toni della consueta polemica contro gli avversari di sempre. L'occasione è oggi data dalla questione Hub nazionale per la terapia intensiva dei malati Covid-19 che non vede Piacenza tra le sedi previste». Così il Partito Democratico di Piacenza, per voce del segretario Silvio Bisotti, risponde al centrodestra, intervenuto in queste ore – Lega (i consiglieri regionali Matteo Rancan e Valentina Stragliati), Fratelli d’Italia (il deputato Tommaso Foti e il consigliere regionale Giancarlo Tagliaferri) e Forza Italia (il commissario provinciale Gabriele Girometta) –, intervenuto per contestare la scelta di Silvio Bisotti-19scegliere altri presidi ospedalieri emiliano-romagnoli per la realizzazione dell’hub nazionale di terapia intensiva da 145 posti.

«Occasione ottima per approfittarne – precisa la segreteria provinciale dem - con la Regione non indenne da critica, per aver preparato il terreno con una comunicazione improvvisa e troppo sintetica. Ciò nonostante, noi del Partito Democratico di Piacenza, cercando di mantenere un atteggiamento costruttivo e responsabile, pensiamo che in un territorio martoriato come il nostro, sarebbe oggettivamente difficile, in termini di posti, logistica, personale, chiedere ulteriori sforzi al nostro sistema sanitario. Pensiamo fondamentale, a rischio di essere impopolari, che in Emilia-Romagna ci sia sempre la possibilità di curare i malati, ogni volta che se ne presenta la necessità. Farlo qui o altrove sulla via Emilia, nel 2020, rasenta l’irrilevanza. Specie, purtroppo, per chi è affetto da Coronavirus, il cui isolamento totale include anche l’impossibilità di qualsiasi contatto con i familiari. Oggi Piacenza ha quasi triplicato i posti di terapia intensiva, da 15 a 46. Non è un dettaglio di poco conto. Domani, a emergenza conclusa, è già stato detto che questo potenziamento rimarrà sul nostro territorio e, di conseguenza, ci aspettiamo che sia sorretto da adeguata dotazione di professionisti: medici e tecnici».

«8-10 ANNI NON SONO UN TEMPO ACCETTABILE»

«Quello che riteniamo importantissimo – osserva la segreteria provinciale - alla luce di quanto sta accadendo, riguarda il nuovo ospedale. Partito Democratico Pd-3Gli 8/10 anni previsti per la sua realizzazione non sono più un tempo accettabile. Tocca al sindaco, al quale daremo la nostra collaborazione, ottenere da Bologna tempi più brevi, insieme a un di più di risorse per sostenere la ripresa dell’area più colpita, la nostra. Non dimentichiamo nemmeno l’attuale struttura ospedaliera, da riconvertire non appena sarà disponibile il nuovo nosocomio. In città abbiamo due università e una dote di esperienza maturata sul campo tale da non scartare l’idea di un centro di ricerca e prevenzione di portata nazionale».

«IL POST-COVID DEVE PARTIRE DA PIACENZA»

«Dobbiamo portare in via Taverna eccellenze utili ai piacentini e servizi che fungano anche da indotto per il tessuto commerciale ed Silvio Bisotti-17economico della zona. Il commissario Venturi ha detto che il post-Covid in Emilia Romagna partirà proprio da Piacenza. Noi vogliamo credergli e ci impegneremo perché sia così, sollecitando senza sosta tutti i soggetti - locali e regionali - che hanno il compito di tramutare in fatti queste parole. Tutto il resto è purtroppo polemica di parte, che non solo non aiuta, ma offende la memoria delle troppe vittime piacentine».

«SFIDA INEDITA E DRAMMATICA, BISOGNA RICOSTRUIRE»

«Sostengono – prosegue il segretario Bisotti - che solo il tempo dirà se saremo stati all’altezza di questa sfida inedita e drammatica. Ho però una certezza, come la ebbi ai tempi del tremendo terremoto che scosse parte della nostra regione circa otto anni fa: irrecuperabile sarà soltanto la presenza di chi ci ha lasciato. Oggi come allora. In primo luogo per i propri famigliari, i parenti, gli amici e la stessa comunità. Tutto il resto si può e si deve recuperare, ricostruire. Sarà una prova durissima, per i danni economici e sociali che accompagnano e accompagneranno l’emergenza sanitaria. E da soli non basteremo, serviranno anche una Europa che metta al bando gli egoismi e l’austerità, al servizio davvero dei popoli e dei territori, così come un governo nazionale all’altezza del compito. Ma serviremo anche noi, perché’ mi hanno insegnato che non si può solo chiedere agli altri, ma è necessario anche che ognuno faccia bene i compiti a casa propria. Parlando poco e provando a lavorare tanto».

«LA GENTE DI QUESTA TERRA NON MOLLA MAI»

«Ma io – precisa lo stesso segretario provinciale Silvio Bisotti - una cosa la so: potremo sempre contare sulla gente di questa terra, che non molla mai. Ce lo hanno insegnato i nostri nonni e i nostri padri, che dopo le macerie lasciate dal nazifascismo e dalla seconda guerra mondiale, seppero trasformare una terra allora poverissima (da qui si emigrava per sopravvivere) in una delle realtà con la qualità della vita tra le prime in Europa. In termini di reddito, occupazione e qualità dei servizi pubblici, ad esempio quelli sanitari o per l’infanzia. In Emilia sono sorti distretti manifatturieri che competono per qualità con i territori più avanzati del mondo (la meccanica, i motori, la ceramica, l’agroalimentare, il biomedicale, la moda), in Romagna oltre ad alcuni di quei distretti anche un industria turistica che, pur non disponendo del mar dei Caraibi, è diventata tra le prime al mondo. Gli emiliano-romagnoli sono così, anche di fronte ai problemi più grandi si lamentano poco e si rimboccano le maniche. E, appunto, non mollano mai. “Tin bota” ci dicevamo in dialetto dopo il sisma, serve dircelo ancora oggi. Sarà durissima, ma ce la faremo. E ce la faremo insieme, ancora una volta. Per i nostri figli, in primo luogo».

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